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Carneficina di civili in Siria: 40 morti in due giorni, la metà erano bambini

Nella Siria nord-occidentale continua il massacro di civili. Negli ultimi giorni, ad Idlib e Aleppo, sono morte almeno 40 persone, la metà bambini. Sono le vittime dell’offensiva delle forze governative e russe per riconquistare le principali città e aree rurali in mano agli insorti. I siriani in fuga dalla violenza sono quasi 700mila e per molti degli sfollati non c’è nessun posto dove andare. Una catastrofe umanitaria a cui nessuno è in grado di porre fine.
A cura di Mirko Bellis
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Tre bambini feriti nell'ultimo bombardamento ad Idlib, nel nord-ovest della Siria (Gettyimages)
Tre bambini feriti nell'ultimo bombardamento ad Idlib, nel nord-ovest della Siria (Gettyimages)

Nella Siria nord-occidentale non passa giorno senza che arrivino notizie di civili uccisi nei bombardamenti aerei dei caccia russi e governativi. In sole 48 ore, nelle campagne di Idlib e Aleppo sono morte almeno 40 persone, la metà minori. È l’ultimo drammatico bilancio dell’offensiva scatenata dall’esercito siriano, con l’appoggio dell’aviazione della Russia sua alleata, per riconquistare le aree ancora in mano agli insorti. Secondo la Rete siriana per i diritti umani (Syrian Network for Human Rights), il 10 febbraio le vittime sono state 22. Altra strage il giorno dopo, quando a perdere la vita sono state 18 persone, tra cui 10 bambini.

Sotto le bombe anche la città di Idlib, capoluogo dell’omonima provincia del nord-ovest della Siria. Le immagini delle telecamere montate sui caschi dei soccorritori dimostrano ancora una volta i brutali effetti dei raid aerei su aree civili densamente popolate: tre bambini, ricoperti di polvere e sangue, prelevati dalle macerie di una casa distrutta dall’esplosione. L’ennesima sofferenza inflitta a chi non è potuto scappare in tempo dalla violenza.

“Non sappiamo dove andare”, il dramma dei 700mila siriani sfollati dalla guerra

Migliaia di sfollati siriani stanno vivendo nelle campagne vicine al confine con la Turchia (Gettyimages)
Migliaia di sfollati siriani stanno vivendo nelle campagne vicine al confine con la Turchia (Gettyimages)

Mentre nelle province di Aleppo e Idlib il fronte avanza sempre di più, ai siriani non resta altra soluzione che scappare verso il confine con la Turchia. Ariha, contava circa 80mila abitanti ma, dopo la campagna di incessanti bombardamenti delle ultime settimane, è ormai ridotta ad una città fantasma. Secondo le Nazioni Unite, dal primo di dicembre sono quasi 700mila gli sfollati: 20.000 solo nelle ultime 24 ore.

“Grazie a Dio i miei figli ed io siamo riusciti a metterci al riparo in una cantina – ha detto Ahmad, un padre siriano – molte persone che hanno dovuto abbandonare le loro case non hanno neppure una tenda dove stare”. “Ho visto famiglie intere passare la notte nelle proprie auto per poi continuare il loro viaggio la mattina seguente in cerca di un posto sicuro. In tanti vivono in mezzo alla campagna tra gli alberi”. Non va molto meglio neppure ai pochi fortunati che un tetto in qualche modo ce l’hanno. “La situazione peggiorava sempre di più e così siamo scappati – ha affermato Hadil, esule di Maarat al Numan – prendendo solo ciò che era necessario. Ci siamo lasciati alle spalle tutti nostri averi, la mia unica preoccupazione è che i miei figli fossero al sicuro”. “Adesso viviamo da un nostro cugino in un palazzo ancora in costruzione – ha aggiunto l’uomo – e dobbiamo divere lo spazio con altre 12 famiglie e non sempre la convivenza è facile, la tensione è altissima”.

Molte famiglie non hanno alcun posto dove andare perché ormai gli improvvisati campi profughi sono al collasso. “La situazione delle donne è devastante”, ha detto in un video Ahlam Rachid, un’attivista siriana. “Ce n’era una che stava dando alla luce in macchina” prosegue mentre fa vedere un’anziana in lacrime. “Quando gli ho chiesto dove stessero andando nessuno ha saputo rispondermi”.

Bimbi tra il fango in un improvvisato campo profughi a nord di Idlib (Gettyimages)
Bimbi tra il fango in un improvvisato campo profughi a nord di Idlib (Gettyimages)

Ad aggravare la già tremenda crisi umanitaria, sui campi profughi al confine con la Turchia è caduta un’abbondante nevicata rendendo ancora più difficili le condizioni di vita di migliaia di donne e bambini.

Nazioni Unite: “Siamo inorriditi di fronte agli attacchi ai civili”

Alcune delle vittime del bombardamento sulla zona industriale di Idlib avvenuto l'11 febbraio (White Helmets)
Alcune delle vittime del bombardamento sulla zona industriale di Idlib avvenuto l'11 febbraio (White Helmets)

“Siamo scioccati e inorriditi di fronte ai continui attacchi militari sulla popolazione civile – ha dichiarato Mark Cutts, vice coordinatore Onu per la crisi siriana. “Il diritto internazionale umanitario deve essere applicato anche se si sta combattendo il terrorismo o una qualsiasi guerra – ha proseguito Cutts – mentre assistiamo ad una totale impunità”. “Questi sono civili intrappolati in una zona di guerra, la maggior parte sono donne, bambini e anziani. Fino a pochi giorni fa, per molti bambini a sud di Idlib ‘sentirsi al sicuro’ significava poter giocare nel fango fuori dalla tenda in cui sono costretti a vivere. Adesso sono dovuti fuggire di nuovo”.

Anche le principali agenzie e organizzazioni umanitarie hanno fatto sentire la loro voce davanti alla carneficina che si sta consumando nel nord-ovest della Siria. International Rescue Committee, Save the Children e Norwegian Refugee Council, sono tra le otto Ong internazionali che hanno chiesto un immediato cessate il fuoco per fermare la catastrofe umanitaria in corso.  “I bambini nel nord-ovest della Siria sono terrorizzati – la denuncia di Inger Ashing, direttrice esecutiva di Save the Children – vedono bombe e granate cadere ogni giorno sulle loro teste. Tutte le parti coinvolte nel conflitto devono rispettare il diritto internazionale e le leggi sui diritti umani”.

“Idlib è un gigantesco campo profughi – ha scritto Jan Egeland, segretario generale del Norwegian Refugee Council – negli ultimi 8 anni le famiglie sono fuggite da e all'interno la regione. Non ci può essere una guerra indiscriminata in un campo profughi. Russia, Turchia, Iran e gli Stati del Golfo possono stabilire un altro cessate il fuoco prima di assistere ad un bagno di sangue tra gli sfollati”.

“La catastrofe ad Idlib – è la posizione di Mark Lowcock, sottosegretario generale Onu per gli affari umanitari – potrà essere evitata solo se i membri del Consiglio di sicurezza, e quelli con influenza, saranno in grado di anteporre l’umanità ai loro propri interessi”. “Quando finirà questa carneficina?”, è la domanda di Lowlock che, per ora, non trova alcuna risposta.

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