Cari Civati, Fassina, Fratoianni (e gli altri): una nuova sinistra passa dalla Grecia
Cari Civati, Fassina, Fratoianni, (ma potremmo scrivere cari tutti quelli che nelle sigle di partito o nei manifesti politici ci hanno detto che da Tsipras avrebbe dovuto passare il processo di un'Europa diversa) dove siete?
In queste ore l'Europa sta preparando l'uscita di una Grecia già cotta a fuoco lento in questi ultimi mesi, usurata chirurgicamente con un'informazione (questa sì unità nel servilismo europeo) che ha sapientemente tirato le leve della paura. Il riflesso dell'Europa è tutto nel documento corretto e stropicciato (lo trovate qui) che detta le regole del compromesso: ancora una volta sotto le mentite spoglie dell'economia europea (che traveste una finanza cannibale) si chiede la demolizione dello stato sociale vincolando i bisogni ai numeri, le persone a cifre, le debolezze ai costi e la politica ad uno sostanziale pareggio di bilancio. Eppure la partita è tutta politica e sta nella capacità di imporre un diverso modello di sviluppo che consideri il benessere sociale come elemento fondante del prodotto interno lordo: la felicità prima della produttività, l'uguaglianza come metro della democrazia di una nazione.
Ebbene, cari voi che ci prospettate da mesi una nuova "sinistra", stupisce che di fronte a questa sfida tra la Grecia-Davide e questa Europa-Golia, non si colga una ribellione, una netta ostilità e soprattutto una profusione di energie per raccontare #Grexit da un punto di vista davvero nuovo, non allineato e magari davvero comprensibile a tutti. Perché forse sarebbe il caso di interrogarsi su come il Movimento 5 Stelle e addirittura la Lega Nord stiano riuscendo comunque (nei loro modi e con i loro contenuti) a condannare questa Europa al guinzaglio della Merkel e delle banche mentre a sinistra s'ode solo qualche timido sussurro.
La ricostruzione di questo Paese (scrivere "della sinistra" mi fa sentire troppo nostalgico) oggi passa dalla rivolta (democratica, certo) in difesa della Grecia, dalla "spiegazione semplice" di quelle condizioni corrette e sottolineate come una maestrina stizzita che dettano l'agenda politica di tutti gli Stati dell'Unione. Se vogliamo davvero un'Europa dei popoli piuttosto che un'Europa delle economie e dei confini questo è il momento di smettere di litigare sulle sigle, sui loghi e sulle diverse masturbatorie declinazioni di "sinistra" e di stare insieme, compatti, senza tentennamenti. Perché come ha già annunciato dal leader greco Alexis Tsipras in caso di sconfitta al referendum (pensa te, decidere con un referendum, che cosa incredibile in questo Paese dove votare è un fastidio) lui sarà pronto a farsi da parte (anche questa, che stranezza per noi italiani) ma gli sconfitti sarete anche voi. E noi, in fondo: chi crede che la politica sia espressione di una volontà popolare piuttosto che nelle agendine in pelle dell'oligarchia finanziari.
Oggi una nuova sinistra passa solo dalla Grecia.
Buona fortuna. E anche a noi.