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Caos Libia: spari contro i profughi. Il video dell’attacco al centro di detenzione

Centinaia di profughi rinchiusi in un centro a sud di Tripoli sono stati attaccati da uomini armati. Persone indifese intrappolate nei combattimenti tra l’Esercito nazionale libico del generale Haftar e le milizie fedeli al governo di Fayez al Sarraj. Le organizzazioni umanitarie hanno rinnovato il loro appello per l’immediata evacuazione di tutti i profughi detenuti in Libia e che adesso si trovano sulla linea del fronte.
A cura di Mirko Bellis
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Uno dei profughi ferito da un colpo di arma da fuoco nel centro di detenzione a sud di Tripoli
Uno dei profughi ferito da un colpo di arma da fuoco nel centro di detenzione a sud di Tripoli

Spari. Urla di terrore. Feriti a terra. E’ la terribile sequenza di un video diffuso da Medici senza Frontiere sull'attacco ai profughi nel centro di detenzione di Qasr Bin Gashir, 24 chilometri a sud di Tripoli. Il raid è avvenuto martedì 23 aprile mentre i rifugiati, oltre 700 uomini, donne e bambini per lo più eritrei ed etiopi, erano riuniti in un hangar a pregare. Secondo alcune testimonianze, gli assalitori avrebbero intimato ai migranti di consegnare i telefoni cellulari. Di fronte al loro rifiuto sono partite le prime raffiche. “Ho visto feriti da arma da fuoco alla testa e al collo. Penso che, senza cure mediche immediate, quelle persone sarebbero morte”, è il racconto di un uomo che è riuscito a fuggire.

“Sentire la paura e la disperazione nelle urla delle donne riprese nei video spezza il cuore. Anche bambini piccoli, ragazzini e diverse donne incinte hanno subito questo evento traumatico”, ha affermato Hassiba Hadj-Sahraoui, consulente umanitaria di Medici senza Frontiere (MsF) per la Libia e il Mediterraneo. “Molte di queste persone hanno già subito la violenza dei centri, alcune diverse volte dopo essere state intercettate in mare e riportate in Libia. Questo attacco senza senso poteva essere evitato se gli appelli lanciati due settimane fa per evacuare i migranti dal Paese fossero stati ascoltati”. Per Amnesty International si è trattato di un “orribile attacco contro migranti e rifugiati”. L’organizzazione per i diritti umani sollecita un’indagine su quanto accaduto affinché siano individuati i responsabili. “Non può esservi alcuna giustificazione per colpire civili indifesi. Gli attacchi diretti contro i civili sono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e costituiscono crimini di guerra”, ha dichiarato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International.

Nel caos in cui è ripiombata la Libia dopo l’inizio dell’offensiva del generale Khalifa Haftar per la conquista di Tripoli, è difficile stabile chi siano gli autori dell’attacco ai profughi. Uno dei testimoni ha riferito ad Amnesty International di aver notato il logo dell’Esercito nazionale libico di Haftar su uno dei veicoli usati dagli uomini armati. Un altro detenuto, invece, ha detto di non essere certo dell’identità e l’appartenenza degli aggressori. “Sebbene non tutti i dettagli dell’incidente possano essere confermati – precisa Medici senza Frontiere – foto e video analizzati dal nostro personale confermano che le ferite sono compatibili con colpi di arma da fuoco”. Il Governo di accordo nazionale libico presieduto dal al Serraj ha condannato l’episodio accusando le forze leali a Haftar e ha dichiarato che sono in corso i preparativi per trasferire migranti e rifugiati in aree lontane dai combattimenti.

Oltre 3.600 profughi si trovano infatti in centri di detenzione lungo la linea del fronte che vede contrapposte le milizie fedeli al premier al Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, e l’esercito di Haftar, l’uomo forte di Bengasi che ha sferrato l’attacco alla capitale libica. Secondo le informazioni raccolte da Human Rights Watch, inoltre, gruppi armati starebbero costringendo i profughi a lavorare per riparare veicoli militari e per trasportare o pulire le armi. Un migrante ha raccontato all'organizzazione non governativa che i miliziani hanno immagazzinato armi e munizioni in prossimità del centro di Tariq al Sikka dove si trovano detenuti i profughi.

Di fronte all'emergenza umanitaria, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha provveduto all'evacuazione di 325 profughi. Anche Medici senza frontiere è impegnata nei trasferimenti di chi, suo malgrado, si trova intrappolato negli scontri violenti. “Sebbene non siano più in prossimità dei combattimenti – fa sapere l’organizzazione umanitaria – queste persone si trovano ancora in condizioni pericolose e degradanti, mentre le mutevoli dinamiche del conflitto continuano a rappresentare un rischio per tutte le persone bloccate nei centri di detenzione nell'area di Tripoli”.

Tutte le parti coinvolte nel conflitto libico devono proteggere i migranti e i rifugiati da ulteriori attacchi e assicurare che i feriti ricevano urgentemente cure mediche adeguate. Le autorità responsabili della loro detenzione devono consentire alle organizzazioni umanitarie l’accesso a questi centri, rilasciare i detenuti e trasferirli in luoghi sicuri”, ribadisce Amnesty International. Dello stesso avviso anche Medici senza Frontiere che è tornata a chiedere l’immediata evacuazione dalla Libia dei profughi. “La comunità internazionale non può che essere incolpata per la sua totale inazione verso le persone bloccate nei centri. Oggi Msf sta di nuovo implorando che queste persone vengano immediatamente evacuate dal Paese. Fino a quel momento – ha detto Karline Kleijer, responsabile di Msf per le emergenze – saranno in serio pericolo di subire un altro attacco o di finire nel fuoco incrociato”.

Per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), dal 4 aprile, quando l’Esercito nazionale libico ha lanciato la sua offensiva su Tripoli, vi sono state almeno 90 vittime civili, tra cui 21 morti. E più di 35.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case a causa delle violenze.

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