“Cannibali, assassini e stupratori”: tutti gli orrori della Wagner, la brigata russa della morte
Almeno 40 carcerati russi arruolati nel gruppo Wagner per combattere in Ucraina sono stati “liquidati” dai commilitoni, presumibilmente nel modo brutale in cui è stato ucciso il loro ex compagno d’armi Yevgeny Nuzhin, massacrato a colpi di maglio perché ritenuto un traditore.
A rivelarlo è Olga Romanova, responsabile di Rus’ Sidyashchaya, o “Russia dietro le sbarre”, organizzazione per i diritti umani che aiuta i reclusi e le loro famiglie nel Paese di Vladimir Putin. “Le famiglie hanno ricevuto sms con la notizia che i loro cari sono stati giustiziati e a volte una richiesta di denaro per avere indietro i cadaveri”, racconta Romanova a Fanpage.it.
“Si tratta di esecuzioni sommarie senza alcun tipo di processo, nemmeno informale”. Le accuse? “Diserzione, e tentativo di resa, soprattutto. Ma anche saccheggio, abuso di alcol e droghe o rapporti sessuali ritenuti impropri”.
In ogni campo militare Wagner c’è un container dove vengono portati e torturati i soldati da punire, hanno raccontato alcuni “wagneriti” ai loro parenti e a “Russia dietro le sbarre”. Non è raro che la “lezione” finisca con la morte dei malcapitati.
Tutti liberi, cannibali compresi
L’organizzazione di Olga Romanova stima che siano oltre 30mila — pari a un terzo degli effettivi dell’esercito italiano — i detenuti arruolati nell’esercito privato che fa capo a Yevgeny Prigozhin, il businessman noto come “il cuoco di Putin” per la sua amicizia con il presidente russo e per i suoi affari nel settore del catering e della ristorazione.
Tra i reclutati, “assassini, stupratori e maniaci” — spiega Romanova. “C’è anche un uomo condannato per cannibalismo, prelevato da una colonia penale della regione di Saratov”.
A tutti è stato promesso il condono della pena, se sopravviveranno sei mesi al fronte. Cosa piuttosto difficile, visto che vengono utilizzati come carne da cannone per frenare le controffensive ucraine.
Ma se avranno fortuna, qualsiasi siano stati i loro crimini dovrebbero tornare a vivere nella società come normali cittadini. Compreso il cannibale. Intanto gli si prospetta “una paga mensile di oltre 100mila rubli”, ci conferma la moglie di uno di loro.
Significa circa 1.600 euro, più del doppio del salario medio russo. In caso di morte in azione, la famiglia in teoria riceve l’equivalente di 80mila euro. Non sempre succede. Di molti caduti semplicemente non si sa più niente.
“Di sicuro chi viene informato con un sms che il marito, il fratello o il figlio è stato “liquidato” perché ha tentato di arrendersi non può aspettarsi nulla”. È come dire: non ti lamentare e non cercarlo. Oppure paga e ti ridò il corpo. Ma non sono solo i “traditori” veri o presunti a sparire.
Niente di nuovo sulla sorte di Ilya Fomin
Vilena Fomina da due mesi e mezzo non ha notizie del marito Ilya, 32 anni come lei, arruolato da Prigozhin in persona il 1° settembre scorso nella prigione IK-6 di Melekhovo — la stessa dove è detenuto l’oppositore di Putin Alexey Navalny.
Ilya scontava una condanna a 19 anni per omicidio. Finito in galera giovanissimo per aver ucciso insieme al padre — che ha avuto l’ergastolo — sei persone in una rissa tra ubriachi, doveva passarci ancora più di un lustro.
Melekhovo è un carcere di massima sicurezza. È noto come “la prigione delle torture”. “Mi ha detto che si arruolava con Wagner perché è un patriota, ma so che lo ha fatto soltanto per uscire da quel posto: lo ha fatto per l’amnistia. Nemmeno per i soldi”, dice Vilena al telefono dalla sua casa di Murom, nella regione di Vladimir.
Si sente nel sottofondo la voce di una bimba piccola, concepita in uno degli incontri matrimoniali concessi dall’amministrazione carceraria. “Il fatto è che non c’è alcuna garanzia di amnistia, non abbiamo nessun documento in merito. Ho paura che anche se mio marito vivrà lo accuseranno di evasione o di qualche altro reato e dovrà tornare dentro”.
Una settimana dopo l’arruolamento ha telefonato. Da Luhansk. Zona di guerra. “Mi ha detto che andava tutto bene, di stare tranquilla. Ma ho sentito che non era da solo, qualcuno ascoltava. Era l’8 settembre. Da allora, nessuna chiamata, niente di niente”.
Vilena non sa più a chi rivolgersi. L’amministrazione carceraria dice che Ilya è stato semplicemente “trasferito”. Con Wagner è impossibile parlare. I loro soldi non li ha mai visti.
Nessuno le comunica niente. “Vorrei solo che Ilya tornasse, anche senza un braccio o senza una gamba. Anche se dovesse stare ancora in prigione. Abbiamo aspettato tanto. Gli mancavano solo cinque anni”. Difficile che sia ancora vivo.
Uno che di galere se ne intende
Le pessime condizioni carcerarie della Russia sono probabilmente il motivo principale per cui Ilya e tanti altri come lui sono diventati mercenari della Wagner.
“Il 70% dei detenuti subisce violenze e abusi”, dice Romanova. “L’umiliazione è ovunque, manca l’assistenza medica e in alcuni casi il riscaldamento, per non parlare delle condizioni sanitarie”. Tubercolosi e Hiv imperversano.
Le stesse pareti del carcere sono un ricettacolo di insetti, sporcizia e agenti patogeni: sono rivestite di un cemento poroso che sembra lava solidificata. Lo chiamano shuba (“pelliccia”), nel gergo della galera. È abrasivo, a spuntoni irregolari. Ed è “impossibile da sanificare”, sottolinea Olga Romanova.
Ma oltre a tutto questo, a convincere i detenuti ad arruolarsi è l’efficacia della campagna lanciata da Prigozhin. Che di galeotti se ne intende.
Se non altro perché, prima di metter su una catena di vendita di hot dog, poi un casinò e poi un ristorante a San Pietroburgo, prima di incontrare Putin, farselo amico e diventare improvvisamente miliardario fornendo catering alle scuole e le caserme del più grande Paese del mondo, Prigozhin si è fatto nove anni dietro le sbarre.
Per rapina violenta, frode e induzione alla prostituzione minorile. Sa come parlare ai carcerati. “Venga con noi solo chi è convinto, chi vuole combattere perché gli piace e ha bisogno di farlo”, tuona nel video di un suo sermone nel cortile di una colonia penale.
“Chi accetta non potrà poi fare marcia indietro, ma non tornerà mai in galera”. Il fondatore della Wagner arriva su un elicottero con le stelle rosse per insegna, indossa una divisa tattica tintinnante di medaglie e non ha remore a dire che sta reclutando soldati nella sua armata personale perché il ministero della Difesa e l’esercito regolare non sono in grado di condurre la guerra.
Ora, l’uccisione a martellate di Yevgeny Nizhin, commentata da Prigozhin con le parole “un cane merita di morire come un cane”, le rivelazioni dell’Ong di Olga Romanova e le testimonianze dei familiari dei soldati di Wagner aprono un nuovo squarcio sull’orrore — già visto in Siria e altrove — della brigata della morte impegnata nelle guerre di Putin.
Le aspirazioni di Prigozhin
Il Consiglio della federazione, il Senato russo, sta preparando una legge che consentirà anche alle forze armate regolari di arruolare soldati tra i carcerati.
“Shoigu (il ministro della Difesa, ndr) è arrivato tardi, Prigozhin sta già reclutando tutti i reclutabili”, nota Romanova. In questi giorni è volato a far man bassa nelle colonie penali della Siberia orientale. La sua campagna non si ferma.
“È in corso una vera e propria gara fra Prigozhin e Shoigu, per far vedere al presidente chi è più bravo a portare combattenti in Ucraina”. Per ora vince il “cuoco di Putin”. Di parecchie lunghezze.
La mobilitazione parziale di Shoigu è stata all’insegna della disorganizzazione e degli errori. In Ucraina le aree presidiate da Wagner sono quelle dove i combattimenti vanno meglio, per i russi.
Prigozhin, attore un tempo considerato marginale nella politica russa, è diventato sempre più loquace nelle sue critiche al ministro e alla condotta della guerra. Non solo.
Ha chiesto “repressioni di tipo staliniano” nei confronti di chi nella élite non è sufficientemente in favore del conflitto. Ha attaccato il potente governatore di San Pietroburgo.
Sta alimentando una spaccatura nell’establishment tra i guerrafondai intransigenti e chi vorrebbe che la situazione tornasse il prima possibile alla normalità.
La sua attività è diventata spasmodica e sempre più plateale. È impegnato a creare milizie nelle regioni russe confinanti con l’Ucraina.
Dopo che per anni ha negato ogni legame con Wagner — che tra l’altro non dovrebbe esistere perche in Russia i gruppi militari privati sono proibiti per legge —, ha dichiarato di esserne il fondatore e ha inaugurato un “Centro Wagner” in un grattacielo pietroburghese.
Si vanta pubblicamente dell’attività della sua galassia di siti internet che “hanno interferito, interferiscono e interferiranno” — parole sue — con le elezioni americane e con la politica degli Stati “ostili” alla Russia.
Molti osservatori, a Mosca e in Occidente, ritengono che potrebbe in futuro riuscire a competere per il potere. Non finché c’è Putin, ma dopo. Un ex galeotto con un esercito privato di assassini come prospettiva per il Paese che diede i natali al pacifista Lev Tolstoy, maestro del Mahatma Gandhi. La Russia si merita di meglio.