Bulgaria e Romania verso le elezioni europee 2024, tra partiti filorussi e basi Nato
Le maggioranze bulgare, quelle del 98% di consensi a un solo candidato, non esistono più. Non in Bulgaria, almeno, dove la scena politica è incredibilmente frammentata: i cittadini bulgari sono recentemente tornati a votare per la sesta volta in appena tre anni. L’appuntamento è per il prossimo 9 giugno, quando si vota per le elezioni europee.
La crisi di governo, l’ennesima, è arrivata in primavera, quando i due principali partiti nel Paese non hanno rispettato gli accordi di governo che avevano sottoscritto. Dopo nove mesi il primo ministro Nikolay Denkov si è dimesso per lasciare il posto a Mariya Gabriel, che avrebbe dovuto succedergli come stabilito. Apriamo una parentesi: Denkov è esponente di una coalizione europeista, chiamata PP-DB, formata dal partito Continuiamo con il Cambiamento e da Bulgaria democratica, nonché un convinto sostenitore dell’ex premier Kiril Petkov. Gabriel, invece, fa parte di uno schieramento che si chiama GERB, Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria, il partito di un altro ex premier, un personaggio politico controverso: Boyko Borisov. Tornando alla crisi, una volta arrivato il suo turno, Gabriel si è ritirata, affermando che non si potesse andare avanti in quelle condizioni.
Il governo, infatti, avrebbe dovuto fare una serie di importanti riforme contro la corruzione dilagante nel Paese, richieste insistentemente anche da Bruxelles. Lo stesso Borisov, durante la sua lunga carriera politica, ha ricevuto diverse accuse di corruzione e collegamenti con la criminalità organizzata e nel 2020 è stato costretto a dimettersi dal governo proprio a causa delle mega proteste contro la corruzione scoppiate nel Paese.
Da quel momento la frammentazione e l’instabilità politica hanno regnato nel Paese. Un contesto che porta con sé non poche opportunità per le forze filorusse nel Paese, che puntano a imporre i propri temi nell’agenda politica. Il tema delle interferenze russe sarà uno dei principali in questa campagna elettorale: la Bulgaria, del resto, è uno dei Paesi più vicini a Mosca nell’Unione europea e si affaccia al Mar Nero, uno dei fronti più importanti per la guerra in Ucraina.
La frontiera marittima con la Russia è condivisa anche con la Romania, un altro Paese dove il 2024 sarà un anno importante dal punto di vista elettorale. E dove, i rapporti con Mosca e con Kiev sono altrettanto protagonisti della corsa al voto.
Il Podcast di Fanpage.it che racconta l'Ue al voto
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La questione dei rapporti con Mosca in Bulgaria
Il presidente della Bulgaria, Rumen Radev, è stato spesso accusato dai suoi oppositori di essere filorusso. A parole, ha condannato l’aggressione dell’Ucraina, ma si è rifiutato di sostenere materialmente Kiev. Ora, in questa situazione precaria, c’è chi teme che i simpatizzanti del Cremlino possano approfittarne.
L’ex premier Denkov ha già avvertito contro i rischi di interferenze, puntando il dito contro i legami tra la corruzione e le intrusioni da parte di Mosca. Del resto, il partito Rinascita, di ispirazione filorussa e allo stesso tempo euroscettica, è in crescita nei sondaggi, ad appena un punto di distanza da DPS- Movimento per i diritti e le libertà. Ma le prime due prime forze politiche, in vista del voto, rimangono GERB e la coalizione PP-DB.
A livello di famiglie europee, Gerb fa parte del PPE, il Partito popolare europeo, DPS di Renew, mentre sia la coalizione che Rinascita non hanno ancora un gruppo di appartenenza. La Bulgaria elegge 17 eurodeputati: in questo momento 7 sono iscritti al gruppo dei Popolari, 5 a quello dei socialisti, 3 a Renew e 2 ai Conservatori e Riformisti di ECR.
Rinascita – guidata da Kostantdin Kostadinov, un ultranazionalista di estrema destra – potrebbe iscriversi a Identità e Democrazia, sia per la vicinanza di alcune posizioni politiche espresse, ma anche per i rapporti con altri partiti del gruppo, come Alternative fur Deutschland.
Kostadinov ha spesso avallato teorie cospirazioniste sulla pandemia, così come sul cambiamento climatico, ha sostenuto politiche discriminatorie nei confronti delle minoranze – che fossero le donne, i migranti o la comunità Lgbt, e ha criticato l’Unione europea, così come la Nato e l’intero blocco occidentale.
La base Nato in Romania
Se fosse nato nel Paese confinante, la Romania, di certo oggi non approverebbe i lavori dell’Alleanza Atlantica a Costanza, sul Mar Nero, dove si sta ampliando una base Nato per renderla la più grande in Europa. Ospiterà fino a 10 mila soldati: il loro compito? Pattugliare il fronte caldo con la Russia.
Il Mar Nero è un territorio geopoliticamente caldo e la Romania, per ovvie ragioni geografiche, punta a rafforzare il lavoro di squadra con la Nato e con gli Stati Uniti. “Siamo un’ancora del fianco orientale della Nato e dell’Ue”, ha detto il primo ministro romeno Marcel Ciolacu in un’intervista. Insomma, visto tutto quello che è successo nella regione negli ultimi dieci anni – dall’annessione della Crimea fino allo scoppio della guerra in Ucraina – la Romania ha bisogno di maggiori garanzie di sicurezza. E la nuova base Nato ha esattamente quell’obiettivo.
Il progetto inizia in un anno denso di elezioni per la Romania. Non solo ci sono quelle europee del 9 giugno, ma nel corso dell’anno si terranno anche quelle amministrative, quelle parlamentari e infine quelle presidenziali.
Gli ultimi sondaggi danno il PSD, il Partito social democratico che in Europa fa parte di S&D, in netto vantaggio su tutte le altre forze politiche. Al secondo posto troviamo il Partito nazional-liberale (affiliato al PPE) e l’Alleanza per l’Unione dei romeni, abbreviato in AUR, che in romeno significa oro: è un partito di estrema destra, anti sistema e ultranazionalista. In Europa fa parte dei Conservatori di ECR.
Non è l’unico partito estremista e di rottura che sta prendendo piede nel Paese. Tanto che PSD e PNL, i socialisti e i liberali, hanno deciso di presentare una lista unica alle europee, auto-acclamandosi come l’unico argine in grado di fermare le forze populiste e radicali. Che, da parte loro, stanno cavalcando temi come le proteste degli agricoltori contro il piano di transizione green dell’Ue. Per ora, secondo i sondaggi, la partita è ancora apertissima.