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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Bombe, povertà e Covid: cos’è la Striscia di Gaza e perché Israele vuole invaderla

Si intensificano giorno dopo giorno i bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Ma cos’è questo territorio abitato da palestinesi? Si tratta di un fazzoletto di terra di 40 chilometri per 10 in cui vivono almeno 1,8 milioni di persone: la Striscia di Gaza è una delle aree più densamente abitate del pianeta ed è schiacciata dall’embargo imposto da Israele, da una disoccupazione record e dalle frequenti operazioni militari di uno degli eserciti più potenti del pianeta. E infine, come se non bastasse, c’è il Covid-19…
A cura di Davide Falcioni
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Quaranta chilometri di lunghezza, 10 di larghezza e una popolazione di almeno 1,8 milioni di persone. La Striscia di Gaza è una delle aree più densamente abitate del mondo, un fazzoletto di terra i cui confini – oltre che dal mare – sono sigillati da chilometri di barriere e filo spinato, sorvegliati giorno e notte dall'esercito israeliano (e da quello egiziano, dal lato occidentale). Dalla Striscia di Gaza è praticamente impossibile andarsene. Basterebbero questi elementi, per lo più geografici, a descrivere il rischio che corre la popolazione palestinese residente in questo piccolo pezzo di terra, bersaglio da giorni (anzi, a fasi alterne da decenni) dei raid aerei di una delle principali potenze militari del mondo, Israele. Il bilancio dell'ultima offensiva parla di almeno 115 morti, molti dei quali civili, e oltre 600 feriti. Se a ciò si aggiungono però la povertà, la carenza di strutture sanitarie e beni di prima necessità, le conseguenze economiche dell'embargo israeliano e la pandemia di coronavirus si comprende bene quanto possa essere esplosiva la situazione.

Ma cos'è la Striscia di Gaza?

La Striscia di Gaza è un’area separata dal resto della Cisgiordania. Prima che venisse occupata da Israele, il territorio era sotto il controllo egiziano, paese con cui confina a ovest e che oggi applica un rigido controllo militare. Israele conquistò Gaza durante la guerra con l’Egitto del 1967 occupandola per quasi 40 anni, fino al 2005, anno in cui il primo ministro Sharon decise unilateralmente di smobilitare colonie e insediamenti e ritirare i militari. Tutt'oggi formalmente Israele è paese occupante e detiene il controllo di mare, cielo e terra. Ciò nonostante sono i palestinesi ad amministrare la Striscia, che è oggi una delle zone più densamente popolate del mondo con circa 5mila abitanti per chilometro quadrato: per questa ragione in seguito ai raid israeliani si contano spesso molte vittime civili e una diffusissima distruzione di case, negozi e non di rado scuole. Dopo essere stata a lungo governata da Fatah, nel 2007 a vincere le elezioni fu Hamas, organizzazione islamica dotata di una frangia armata che tutt'oggi controlla la Striscia autonomamente e che Israele vuole abbattere.

Infografica di Statista su dati ONU
Infografica di Statista su dati ONU

Bombe ed embargo: a Gaza trionfa la povertà

Dal 2007 Israele impone agli 1,7 milioni di abitanti della Striscia di Gaza un embargo molto duro: tutti i principali beni di consumo, anche quelli alimentari, medici ed edili, sono sottoposti a rigidissimi controlli. Il governo di Tel Aviv può quindi aprire e chiudere i "rubinetti" anche di beni di prima necessità nella convinzione – finora rivelatasi del tutto errata – che povertà, fame e disoccupazione possano convincere la popolazione locale ad abbandonare Hamas e a fare affidamento su forze politiche più moderate. Questa strategia tuttavia non ha funzionato in questi 14 anni e si è rivelata solo causa di sofferenze per i civili: la disoccupazione è a livelli altissimi e circa 8 persone su 10 sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari consegnati nella Striscia.

Per i ragazzi palestinesi di Gaza nessuna prospettiva futura. Lo dice l'Onu

Pierre Krähenbühl, Commissario generale dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (UNRWA) fino al 2019, spiegò così le conseguenze delle politiche israeliane sulla Striscia di Gaza: "Non si può creare stabilità o sicurezza dove ci sono il 65% di giovani disoccupati". Quello che si crea "è solo altra frustrazione e altro scontento". I giovani gazawi che escono dalle scuole "sono qualificati e motivati ma non troveranno un lavoro". La percentuale di disoccupazione giovanile nella Striscia "è una delle più alte del mondo e si stenta a credere che questi parametri possano essere giustificati da questioni di sicurezza, legittime o meno". Durante un'audizione alla commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo, Krähenbühl spiegò che a Gaza "la fabbrica sociale è stata fatta a pezzi, e "le persone non hanno prospettive". Nel 2019 "il 90% dei 250mila ragazzi che frequentano le nostre scuole non ha mai lasciato la Striscia" e nel 2015, su un milione e 800mila abitanti, solo a 10mila persone venne permesso di uscire da Gaza: questo "significa che in media una persona può aspettarsi di uscire ogni 180 anni".

Tra Israele e palestinesi netta sproporzione di forze

A questo quadro drammatico composto da povertà, disoccupazione e pressoché totale assenza di prospettive future si somma la guerra. Anzi, le guerre: negli ultimi dieci anni sono state diverse le operazioni militari israeliane condotte nella Striscia di Gaza con bombardamenti dall'aviazione e dalla marina, ma anche con invasioni terrestri. Le principali risalgono al 2008-2009 (Piombo Fuso) e 2014 (Margine di Protezione). In entrambe le circostanze la forza israeliana si è rivelata soverchiante rispetto a quella della resistenza palestinese, con una nettissima differenza di vittime tra le due parti: alcune decine, tra militari e civili, tra gli israeliani; migliaia, invece, tra i palestinesi.

Perché Israele vuole invadere la Striscia di Gaza

Né i bombardamenti di Israele a Gaza degli ultimi dieci anni, né tanto meno la riduzione in povertà dei gazawi, si sono rivelati efficaci contro il potere di Hamas: anche per questo ieri le autorità militari di Tel Aviv hanno annunciato l'ipotesi di un'invasione via terra della Striscia, un'operazione che però comporterebbe altissimi rischi per migliaia di soldati. Per questo il portavoce militare israeliano Jonathan Conricus ha fatto una parziale retromarcia parlando di "errore di comunicazione" e confermando che per ora si continuerà coi raid aerei. Ciò nonostante il ministro israeliano della Difesa Benny Gantz ha deciso il richiamo di altri 9.000 riservisti. Lo scrive Haaretz, sottolineando che così il totale dei richiamati arriva a 16mila, molti dei quali sono stati ammassati al confine. Secondo valutazioni del Wall Street Journal sarebbero tra i 3 e 4 mila, troppo pochi per un'invasione.

E infine c'è il Covid…

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Ad aggravare la situazione c'è poi il Covid, che naturalmente non ha risparmiato i palestinesi. Mentre in Israele si è tornati a una sostanziale "normalità con gran parte della popolazione ormai vaccinata la situazione nei territori occupati e soprattutto nella Striscia di Gaza è drammatica. A fine aprile, secondo un recente report di Medici Senza Frontiere, solo il 5% dei palestinesi era stato vaccinato e l'epidemia era in espansione: "Questa seconda ondata – spiega MSF – ha già superato la prima per gravità e numero di pazienti e gli ospedali faticano ad affrontare la situazione. Il blocco economico di lunga data imposto da Israele ha danneggiato gravemente il sistema sanitario di Gaza, privandolo di risorse necessarie per affrontare il diffondersi di una qualsiasi malattia, ancor di più una pandemia globale".

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