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Bombe di Boston, l’attentatore diventa idolo: donazioni e gruppi Facebook per lui

“Dzhokhar Tsarnaev è sexy e innocente” scrivono sui social network le ragazzine americane. Per lui, accusato di aver piazzato gli esplosivi che hanno fatto 3 morti durante la maratona, è già stato aperto un conto in banca da mille euro. E così il fascino perverso del crimine colpisce ancora.
A cura di Biagio Chiariello
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Il fascino perverso del crimine colpisce ancora. Secondo quanto scrivono i media americani, Dzhokhar Tsarnaev, il minore dei due fratelli di origine cecena accusati di aver compiuto l'attentato alla maratona di Boston, starebbe ricevendo donazioni in denaro e qualcuno avrebbe addirittura aperto un conto in banca per lui. E' stato lui stesso a dichiararlo a sua madre, Zubeidat, in una telefonata la settimana scorsa. La donna ha infatti dichiarato: "Stavo per chiedergli se potevamo mandargli qualcosa, quando mi ha bloccato e ha detto: ‘Mamma, non ti preoccupare, qualcuno ha aperto un conto per me e ho già i soldi' ". Grazie alle donazioni, Dzhokhar avrebbe già accumulato qualcosa come mille dollari, scrive CBS Boston. Il ragazzo avrebbe inoltre ammesso ai suoi genitori che le autorità in carcere lo stanno trattando con riguardo: "Mi stanno dando riso e pollo ora, è tutto a posto ".

E di qualche giorno fa, invece, la notizia che Dzhokhar è diventato il nuovo idolo delle teenager americane. La sua pagina di Facebook è stata invasa dalle ragazze statunitensi che lo definiscono "bello e affascinante". E su Twitter le giovanissime ne invocano la libertà e l’innocenza. Ma il fascino della cronaca nera non è poi cosa nuova. I modi con cui omicidi e stragi vengono propinati, a detta degli specialisti, sono del tutto riconducibili alla nostra società: quella fondata sulla cultura dell'immagine, televisiva soprattutto, ovvero il mass media più diffuso e pervasivo, in grado di influenzare con forza l'attenzione dell'opinione pubblica. Ne è un esempio in Italia il caso della Banda della Magliana, portato prima in libreria, poi sul "grande schermo", quindi in tv da "Romanzo Criminale" e criticato per il pericolo emulazione e banalizzazione del "male".

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