Bombardamento in Libia: le guardie sparavano ai migranti che tentavano di fuggire
Le guardie del centro di detenzione per migranti di Tajoura, a est di Tripoli, hanno aperto il fuoco nei confronti dei profughi che tentavano di fuggire dai bombardamenti che hanno colpito la struttura nella notte tra martedì e mercoledì. Lo rivela l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari in una nota citando alcune testimonianze. Il raid aereo è stato condotto dall'aviazione controllata dal generale Haftar ed ha causato la morte di 53 migranti, sei dei quali erano minori. Altri ottanta sono stati feriti e non pochi versano in gravi condizioni negli ospedali libici.
Nel suo dossier l'OCHA (Office for Coordination of Humanitarian Affairs) delle Nazioni Unite ha chiarito che gli attacchi aerei condotti a Tajoura sono stati due: uno ha preso di mira un garage fortunatamente vuoto, mentre l'altro un hangar contenente circa 120 rifugiati e migranti, tutti uomini di nazionalità somala, eritrea e sudanese. Secondo quanto ricostruito dagli osservatori dell'Onu sul campo dopo il primo raid diversi migranti hanno tentato di mettersi in fuga, ma le guardie libiche all'interno e all'esterno del centro di detenzione non hanno esitato a sparare.
Il bilancio totale della strage è di 53 vittime, anche se potrebbe essere destinato ad aumentare nelle prossime ore viste le condizioni di molti feriti recuperati sotto alle maceria. Quello del centro di detenzione di Tajoura è ad oggi l'attacco più grave nei confronti di civili dall'inizio dell'offensiva condotta dal generale Khalifa Haftar per conquistare Tripoli, sede del governo riconosciuto da gran parte della comunità internazionale. Nel suo rapporto l'OCHA ha inoltre specificato che "il numero di vittime civili causate dal conflitto è quasi raddoppiato come risultato di questo singolo bombardamento".
Le Nazioni Unite hanno ripetutamente dichiarato – anche in precedenza del raid aereo di due notti fa – che la Libia non è da ritenere un porto sicuro per i migranti soccorsi nel Mediterraneo. Nonostante ciò, il Ministro degli Interni italiano Matteo Salvini ha ripetutamente invitato le ONG a riportare nel paese nordafricano i naufraghi salvati in mare.