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Bill Emmott: “Vi spiego perché dopo partygate e Covid Boris Johnson potrebbe dimettersi”

Bill Emmott, direttore del settimanale britannico The Economist, dal 1993 al 2006, spiega a Fanpage.it perché nel Regno Unito il cosiddetto affare partygate che ha travolto il premier Johnson sia stato così choccante e perché entro l’estate potrebbe esserci un nuovo inquilino a Downing Street.
A cura di Ida Artiaco
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Non si placano nel Regno Unito le polemiche scoppiate dopo l'affare ribattezzato partygate, lo scandalo legato alle feste che si sono tenute nel giardino della residenza di Downing Street a Londra quando nel Paese era in vigore il primo lockdown per limitare la diffusione dei contagi Covid-19 e alla presenza del premier Boris Johnson. Il quale si è scusato pubblicamente per quanto successo, confessando di non conoscere la natura di quegli eventi e soprattutto che "fossero contro le regole".

La vicenda ha indignato la popolazione: ministri e politici che avevano ordinato ai cittadini di restare chiusi in casa non perdevano occasione di stappare bottiglie per festeggiare senza mascherine. Il che è stato confermato anche dal rapporto redatto dell’alta funzionaria Sue Gray che ha criticato la ripetuta violazione delle regole del lockdown da parte di Johnson e della sua squadra di governo. Cosa succederà adesso oltremanica? Fanpage.it lo ha chiesto a Bill Emmott, direttore del settimanale britannico The Economist dal 1993 al 2006, il quale non esclude un possibile cambio al vertice dell'Esecutivo britannico già prima dell'estate.

Bill Emmott (Wikimedia).
Bill Emmott (Wikimedia).

Come spiegherebbe la vicenda partygate ai lettori di Fanpage.it?

"Si tratta di una serie di scandali che riguardano l'atteggiamento del primo ministro inglese nei confronti delle regole e che ha messo sotto i riflettori la sua mancanza di integrità. Come in tutti i Paesi europei, anche nel Regno Unito la pandemia è stata un momento in cui il Governo ha imposto restrizioni senza precedenti su ciò che la gente comune poteva fare, dove poteva andare e chi poteva incontrare, restrizioni che avevano potere di statuto e la cui osservanza era controllata dalla polizia pena multe piuttosto severe. Negli ultimi mesi è emerso che il Premier e il suo staff di Downing Street hanno infranto quelle stesse regole che erano state imposte agli altri, non una o due volte, ma ripetutamente e per un lungo periodo di tempo. In una crisi durante la quale nemmeno la Regina ha potuto sedere con la sua famiglia al funerale di suo marito, questo ha fatto profondamente arrabbiare molti membri del pubblico, rompendo il loro senso di fiducia nel governo e nel Primo Ministro stesso. Chiamarlo "affare partygate" lo fa sembrare banale. Ma la popolazione non lo ha sentito come tale, perché quelle restrizioni erano veramente draconiane, quindi sono arrabbiati nello scoprire che proprio Johnson, che le ha imposte intervenendo quotidianamente affinché tutti le rispettassero, sembrava ritenere che non si applicassero a lui".

Boris Johnson si è ripetutamente scusato per quanto successo. Quale è il sentimento dei cittadini rispetto a questa situazione?

"Gli ultimi sondaggi suggeriscono che la maggior parte dei cittadini vorrebbe le dimissioni di Johnson. Molti non credono che le sue scuse siano sincere, dato che ha solo dichiarato di essere dispiaciuto per quello che è successo, continuando tuttavia a ribadire di non aver fatto nulla di male. Quindi non si è davvero scusato, né in Parlamento né con i cittadini. Per questo non sorprende che gli indici di gradimento del Premier siano scesi al minimo storico e che il suo partito, quello conservatore, sia rimasto molto indietro rispetto all'opposizione laburista nei sondaggi. Quest'ultimi suggeriscono che se domani si andasse ad elezioni, i conservatori perderebbero pesantemente e verrebbero sostituiti da un governo laburista a maggioranza assoluta. Ma per legge non ci sarà alcuna votazione fino al 2024".

Crede che la decisione di Johnson di allentare le misure anti Covid in Uk sia stata presa per calmare gli animi dei suoi concittadini?

"A livello di tempistica credo di sì, ma non penso che sarebbe stato molto diverso altrimenti. Vediamo ad esempio la Danimarca, che ha un alto tasso di vaccinazione con terza dose proprio come il Regno Unito e che nei giorni scorsi ha rimosso tutte le restrizioni nonostante l'alto numero di nuovi casi. Quindi il Regno Unito non è solo in questo tipo di decisioni, per le quali il primo ministro avrebbe subito pressioni dal suo partito, anche se non fosse arrivato il partygate. Ma ora che lo scandalo è scoppiato, mantenere ulteriormente quelle misure che il suo Governo non ha chiaramente rispettato avrebbe rafforzato la sua immagine di ipocrisia".

Cosa abbiamo imparato dal report di Sue Gray? Quale passaggio dell'inchiesta l'ha colpita e perché?

"Abbiamo appreso che ci sono stati molti più eventi in cui non sono rispettate le leggi di quelli che avremmo mai immaginato, e abbiamo anche appreso che la Polizia Metropolitana considera 12 dei 16 eventi che Sue Gray cita nel suo rapporto come degni di un'indagine penale. Questo mostra quanto sia diventato serio questo problema. Quello che abbiamo imparato dal rapporto è che c'è una grande quantità di prove, comprese fotografie, e che alcuni funzionari dicono di aver avuto l'impressione che quelle feste non avrebbero dovuto aver luogo ma che si sarebbero sentiti incapaci di parlare. Infine, la stessa Sue Gray crede che ci sia stato "un fallimento di leadership" a Downing Street, e che alcuni raduni rappresentano "un serio mancato rispetto non solo degli standard elevati che ci si aspetta da coloro che lavorano nel Governo ma anche degli standard dell'intera popolazione britannica dell'epoca". In altre parole, non ha dubbi sul fatto che le leggi siano state infrante e che la responsabilità di quello che è successo deve essere attribuita a chi è al comando. Per me è un verdetto choccante".

Johnson sta trovando opposizione anche all'interno del suo partito. Abbiamo sentito tutti cosa ha detto Theresa May in parlamento l'altro giorno….

"Ogni giorno ci sono parlamentari Tory che ritirano pubblicamente il proprio sostegno a Johnson. Non solo Theresa May, ma anche David Davis, l'ex ministro della Brexit, Andrew Mitchell,
ex ministro ai tempi di Cameron, e Tobias Ellwood, presidente del Comitato di difesa dei Comuni. Se 54 parlamentari conservatori lo richiedono, allora potrebbe tenersi un voto di sfiducia a Johnson. Ma non sappiamo ancora se tale soglia sia stata raggiunta".

Cosa succede ora? Johnson potrebbe dimettersi?

"È quasi certo che Johnson non si dimetterà a meno che non sia costretto da un suo voto di sfiducia dei parlamentari. Spera che col passare del tempo l'amarezza rispetto a questa questione possa svanire. Tuttavia, l'indagine della polizia metropolitana probabilmente porterà nuova attenzione sul caso e nuovi imbarazzi, nelle prossime settimane. Inoltre, un altro appuntamento importante da tenere sott'occhio sono le elezioni dei consigli comunali che si terranno a inizio maggio: se il partito conservatore dovesse uscirne molto male si potrebbe arrivare al punto in cui gli stessi parlamentari potrebbero costringere Johnson ad andare via. È tutto abbastanza imprevedibile e molto dannoso sia per il partito che per la nazione. Ma molto probabilmente il Regno Unito avrà un nuovo primo ministro prima dell'estate".

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