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Bataclan, l’attentatore Salah Abdeslam in aula: “La mia professione è combattere per l’Islam”

“La mia professione è combattere per lo Stato Islamico. Allah è il mio unico giudice” ha dichiarato Salah Abdeslam durante il suo intervento in aula per il processo sulle stragi del Bataclan avvenute il 13 novembre 2015. “Le vittime in Siria e in Iraq non potranno parlare. Dite che c’è la presunzione di innocenza, ma siamo già condannati. Ci trattate come cani”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Sono sei anni che vengo trattato come un cane. In carcere ci maltrattano, ma io non mi sono mai lamentato. Dopo la morte resusciteremo e anche lei, giudice, sarà chiamato a rendere conto" ha dichiarato Salah Abdelsam nel box degli imputati durante il maxiprocesso per l'attentato al Bataclan del 2015.  A raccontare quanto successo in aula, l'inviato del Corriere della Sera Stefano Montefiori che ha presenziato all'udienza. L'uomo è il principale imputato per le stragi del 13 novembre 2015. Presenti anche i familiari delle vittime e coloro che si sono costituiti parte civile nel processo. Rumoreggia anche la folla di giornalisti presenti. "Bastava che non uccidessi 13o persone!" urla qualcuno in risposta dalla zona riservata agli uditori. A mantenere la calma in aula il presidente della Corte di assise Jean-Louis Periès. "Questo non è un tribunale ecclesiastico" ha solo detto prima di procedere con le domande di rito. Salah Abdeslam è chiamato a fornire le sue generalità. "Volevo dire prima di tutto che non c'è altro Dio se non Allah e che Maometto è il suo messaggero" ha dichiarato prima che il presidente lo interrompesse con la proverbiale calma. Al momento di dichiarare la propria professione, l'attentatore ha continuato con le provocazioni: "Ho abbandonato la mia professione per diventare un combattente dello Stato islamico". Di nuovo Periès lo ha interrotto e smentito. "A me risultava che fosse un lavoratore temporaneo" ha detto prima di tornare a leggere le proprie carte. Su quanto fatto quella notte di novembre di sei anni fa, Abdeslam non mostra alcun rimorso. "Le vittime in Siria e in Iraq potranno parlare? Dite che siamo presunti innocenti, ma siamo già condannati – continua l'imputato durante il suo intervento -. Non riconosco la vostra giustizia"

Adbeslam è l'unico terrorista sopravvissuto dopo le stragi del 13 novembre allo Stade de France e al Bataclan. L'uomo non ha innescato l'ordigno legato alla sua cintura esplosiva: forse non ha funzionato, oppure ha rinunciato al suicidio all'ultimo momento. Il fratello Brahim Adbeslam che faceva parte del commando, è morto proprio quella notte facendosi esplodere davanti al ristorante Comptoir Voltaire. L'attentato non provocò altre vittime. Salah Adbeslam ha invece gettato la sua cintura in un cestino della spazzatura a Montrouge ed è poi fuggito in Belgio. Qui è stato arrestato il 18 marzo del 2016.

Estradato in Francia, è entrato nella prigione di Fléury-Merogis. Nell'estate del 2018, Abdeslam ha contattato una giovane avvocata per organizzare la difesa. Olivia Ronen, oggi 31enne, si è recata in carcere per parlare con l'attentatore. "Abbiamo discusso molto e ho pensato che si potesse fare qualcosa. Amo le sfide e un avvocato non difende una causa, ma un individuo. A volte si ha la tentazione di escludere qualcuno dall'umanità, ma questa persona ne fa parte quanto noi" ha spiegato in un'intervista al Parisien.

Il timore, ora, è che le dichiarazioni di Abdeslam sul suo essere completamente devoto allo Stato islamico possano essere state un segnale lanciato all'esterno per fare proselitismo. Un modo per dire che la "battaglia continua", nonostante la sconfitta in Siria e in Iraq. Un rapporto dell'amministrazione carceraria sul comportamento in detenzione terroristica diffuso da Mediapart ha cercato di dimostrare che l'attentatore, nonostante si mostrasse muto durante gli interrogatori, era invece molto impegnato in carcere nel fare proselitismo, predicando l'Islam radicale agli altri detenuti. "Sfrutta la mediatizzazione – si legge nel report – per influenzare gli altri. Ha dato "lezioni di dottrina" anche parlando dalla finestra ad altri detenuti, indicando le "pratiche da seguire".

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