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“Bambino, tre chili, 2000 dollari”, così si vendono i neonati su Facebook

Un’inchiesta giornalistica di Al Jazeera ha scoperto in Malesia una rete criminale dedita alla vendita di neonati. Ne fanno parte funzionari statali e poliziotti corrotti, madri vulnerabili, medici e cliniche private. Un orribile commercio dove gli acquirenti sono in grado di scegliere i bambini sui social network in base al sesso, al colore della pelle e la nazionalità.
A cura di Mirko Bellis
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Una delle pagine Facebook coinvolte nella vendita di neonati in Malesia
Una delle pagine Facebook coinvolte nella vendita di neonati in Malesia

Il lavoro investigativo del giornalista Chan Tau Chou e del team di 101 East – un programma d’inchiesta di Al Jazeera – ha svelato in Malesia un commercio illegale in cui bambini sono venduti al miglior offerente come fossero un prodotto qualsiasi. Durante quattro mesi i reporter, fingendosi dei potenziali acquirenti, sono riusciti ad entrare in contatto con diversi soggetti coinvolti in questo sordido mercato nero dell’infanzia. Nel Paese del sud-est asiatico i procedimenti per ottenere l’adozione sono lunghi e costosi e così molte coppie scelgono la via più veloce, quella di comprare i piccoli. La vendita dei bambini si muove anche su internet dove i trafficanti usano i social media per offrire i neonati catalogati secondo la nazionalità, il colore della pelle, il sesso, il peso, ecc. come in un normale supermercato. Criminali, poliziotti e funzionari statali corrotti, madri poco più che adolescenti, medici e cliniche private sono coinvolti nel racket.

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E’ impossibile sapere quanti bambini sono stati venduti in Malesia ma, come hanno dimostrato i giornalisti di Al Jazeera, trovare un neonato in vendita è stato veramente semplice. Gli autori del reportage dal titolo Malaysia: Babies for Sale (Malesia: bambini vendita) hanno scoperto su Facebook decine di pagine dedicate a questo orribile commercio. Alcune propongono l’adozione dei piccoli, mentre altre offrono informazioni ben più esplicite sulle donne che vogliono abbandonare il loro neonato. E’ possibile sapere così la condizione di salute della madre, lo stato di gestazione e il prezzo per il nascituro (anche se i trafficanti usano l’eufemismo “compenso di consolazione”). A determinare il costo finale è il sesso, l’origine etnica e il colore delle pelle: se è bianca sarà più caro acquistare il bambino, mentre se è scura sarà più economico.

Agendo in incognito, il team di Al Jazeera si è messo sulle tracce di una donna che su Facebook si faceva chiamare Bonda (madre in malese). Dopo alcuni contatti telefonici e aver pagato un prezzo “di prenotazione”, i giornalisti sono andati a visitarla armati di una telecamera occulta nella costa occidentale della Malesia. La loro prima scoperta? La rete di trafficanti preferisce le donne provenienti dalla vicina Indonesia. Il motivo: sono più affidabili. Le malesi – spiega la trafficante – troppo spesso cambiano idea e rivogliono il bambino anche dopo essere state pagate dai 1800 ai 2500 dollari. Mentre le indonesiane “una volta venduti i neonati, non fanno più nessuna domanda sulla loro sorte”. Bonda racconta di avere a disposizione 78 madri e di aver già trattato oltre mille vendite. Quanto vale un bambino? Il prezzo iniziale è di 2500 dollari, compresi i documenti di nascita. Dopo tre settimane, un nuovo incontro. Questa volta all'appuntamento ci sono anche tre giovani madri, due delle quali appena adolescenti. I finti acquirenti chiedono come sia possibile far apparire la vendita di un neonato come un’adozione legale e la risposta della trafficante è disarmante: corrompendo la polizia. Sì, perché i poliziotti malesi saranno i testimoni dell’accordo di cessione del piccolo. Una vera e propria rete criminale.

L’inchiesta prosegue con un gruppo di giovani filippine che per 2000 dollari offrono il bambino che una di loro porta in grembo. In questo caso, i giornalisti accompagnano la madre ad una visita ginecologica per verificare le condizioni del feto. Un medico, osservando l’ecografia, rassicura sullo stato di salute del bambino.  Con la complicità dei dottori, è possibile sostituire nell'atto di nascita il nome della vera madre con quello dell’acquirente e rendere in questo modo tutta l’operazione apparentemente legale. Nessuno potrà provare che il bambino è stato comprato. Ma non sono solo i medici. Il lavoro investigativo ha messo in luce anche il coinvolgimento di alcune cliniche private nella vendita dei neonati. Una lunga serie di corruzioni rende questo mercato ben oliato e collaudato tanto che un medico ammette: “In Malesia con i soldi puoi fare quello che vuoi”.

Un sistema che coinvolge anche le prostitute. Nei postriboli di Kuala Lampur – la capitale della Malesia – quando una donna rimane incinta, gli sfruttatori si occupano di "far sparire" il bambino, vendendolo. E come se non bastasse, l’inchiesta giornalistica ha dimostrato che è possibile comprare direttamente una prostituta filippina, indonesiana o malese incinta. A seguito dell’emissione del reportage, il ministero della Salute malese ha avviato un'inchiesta. “A seconda del risultato delle indagini – ha affermato il ministro – saranno prese delle azioni disciplinari contro i medici e le strutture sanitarie che appaiono nel filmato”. Come riconoscono gli stessi giornalisti, alcuni di questi bambini saranno fortunati e finiranno in una famiglia perbene, ma per molti altri, invece, il futuro potrebbe essere quello di essere sfruttati da altre reti di criminali, in un ciclo infinito di orrori.

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