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Australia, da oggi via libera a funghi allucinogeni ed ecstasy a uso medico

Da oggi gli psichiatri in possesso di apposite autorizzazioni potranno prescrivere l’Mdma per la cura del disturbo post-traumatico da stress e la psilocibina per il trattamento della depressione resistente ad altre terapie.
A cura di Davide Falcioni
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A partire da oggi in Australia sarà consentito prescrivere Mdma (o ecstasy) e psilocibina, sostanza contenuta nei funghi allucinogeni, a scopo terapeutico. Dopo decenni di criminalizzazione nei mesi scorsi la Therapeutic Goods Administration (Tga) di Canberra aveva annunciato, a sorpresa, che dal primo luglio psichiatri in possesso di apposite autorizzazioni avrebbero potuto prescrivere l'Mdma per la cura del disturbo post-traumatico da stress e la psilocibina per il trattamento della depressione resistente ad altre terapie.

Da oggi, dunque, l'Australia è la prima nazione al mondo ad autorizzare l'impiego medico di due sostanze solitamente utilizzate come droghe ricreative: la decisone è arrivata dopo una lunga sperimentazione clinica. La prescrizione di Mdma e psilocibina sarà limitata ai soli scopi medici e il consumo continuerà ad essere vietato alla popolazione generale. Il dottor David Caldicott, docente di medicina d'urgenza presso l'Australian National University, nei mesi scorsi aveva parlato di un "passo molto gradito per allontanarsi da quelli che sono stati decenni di demonizzazione".

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La Therapeutic Goods Administration, ovvero l'ente pubblico che regola la disponibilità dei farmaci in Australia, è convinta che queste sostanze potranno portare a progressi decisivi nel trattamento di alcuni disturbi mentali. Mike Musker, ricercatore in salute mentale e prevenzione del suicidio presso l'Università del South Australia, ha dichiarato all'Agence France-Presse (AFP) che l'Mdma è in grado di dare ai pazienti "una sensazione di connessione" che consente loro di facilitare il contatto con il terapeuta e di discutere la loro esperienze traumatiche. L ‘"effetto psicospirituale" della psilocibina, "che non si ottiene con le droghe tradizionali (…), può cambiare la percezione di te stesso e con un po' di fortuna, può farti desiderare di vivere".

Lo scienziato inoltre si è detto dubbioso che questi farmaci saranno "ampiamente utilizzati" dai pazienti prima del 2024 e ha assicurato che il processo terapeutico non sarebbe costituito nel "prendere una pillola e sparire nel nulla". I terapisti, infatti, saranno tenuti a rimanere con i pazienti mentre sono sotto l'effetto delle droghe.

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