Auroville, la città dei sogni dove non esistono i soldi, la politica e la religione
“Dovrebbe esserci in qualche angolo della Terra un luogo di cui nessuna nazione abbia il diritto di dire: ʽE' mio’. Un luogo dove ogni uomo di buona volontà, con una sincera aspirazione, possa liberamente vivere come cittadino del mondo obbedendo ad una sola autorità, quella della Verità Suprema”. Con questo sogno la francese Mirra Alfassa, conosciuta come La Madre, diede vita nel sud dell’India a Auroville, la “città dell’unità umana”. Un progetto utopistico ispirato agli scritti del filosofo indiano Sri Aurobindo, in cui uomini e donne di ogni nazione, credo o tendenza politica potessero vivere in pace e in armonia. Il 28 febbraio del 1968, in un altopiano lungo la costa dello Stato meridionale di Tamil Nadu, i rappresentanti di 124 nazioni depositarono una manciata della propria terra natale all'interno di un’urna di marmo bianco. Era nato il primo embrione della futura comunità universale, pensata per ospitare fino a 50.000 persone.
Cos'è dunque Auroville? E’ innanzitutto una città, in cui non mancano i servizi pubblici e le attività commerciali, tenute a contribuire con un terzo dei loro profitti allo sviluppo e all'autosufficienza finanziaria della comunità. Nel progetto originario, opera dell’architetto francese Roger Anger, Auroville era concepita come una “galassia”, al centro della quale si trova il Matrimandir, l’enorme sfera dorata destinata alla meditazione, da cui partono quattro “braccia”: la future zone industriali, culturali, residenziali e internazionali. Tutt'attorno rigogliose foreste. Nel corso degli anni, giovani visionari da ogni parte del mondo sono arrivati nel sud dell'India per realizzare questo ambizioso progetto, come l’architetto italiano Piero Cicionesi, che assieme alla moglie Gloria ha contribuito durante vent'anni alla realizzazione del Matrimandir. La zona di tre chilometri di diametro, completamente deserta a quei tempi, è stata riforestata con una vegetazione lussureggiante e Auroville ha ricevuto l’appoggio, anche finanziario, dell'Unesco “come progetto di basilare importanza per il futuro dell’umanità”.
I suoi 2.500 abitanti di 47 nazionalità diverse, tra cui oltre un centinaio di italiani, sono parte di una società alternativa, in cui il denaro non la fa da padrone. La proprietà è collettiva, tutto ciò che viene costruito non si può vendere o comprare. Gli aurovilliani, inoltre, non ricevono soldi per il loro lavoro; le loro attività sono basate sul volontariato. “Da ogni aurovilliano ci si aspetta che lavori per almeno 5 ore al giorno, incluse le domeniche, facendo qualcosa di utile per la comunità”, spiega Manohar, nome di battesimo Luigi, origini campane e da anni cittadino di Auroville. “Questo lavoro – continua – può essere svolto sia nel proprio campo di competenza ed esperienza, che in qualsiasi altro campo di propria preferenza”. “Questo significa che non esiste una divisione del lavoro specifica ma chiunque può diventare ciò che sente più vicino a sé stesso. Lo chiamiamo karma yoga – precisa Manohar – la ricerca spirituale individuale completata da un vero lavoro comunitario”.
Non c'è una vita spirituale organizzata ad Auroville e non esistono le religioni, considerate una fonte di divisione per i popoli. Sta ad ogni individuo seguire una sua propria spiritualità'. “Chiunque sia ancora strettamente attaccato ad una specifica religione, nel senso di volersi affidare ad essa e praticarla, si renderà conto che questo non è il luogo per lui”, avvertono gli aurovilliani. “Per quanto Auroville rispetti ogni religione e non abbia nulla contro la loro pratica, crede che le religioni dividano i popoli, mentre Auroville è interessata soltanto all'unità”. Per fronte alle necessità amministrative essenziali sono stati creati degli organismi, come l’Auroville Council e i Working Committee eletti ogni quattro anni tra i cittadini maggiorenni. Gran parte delle decisioni più importanti, in particolar modo quelle di natura controversa, vengono prese nel corso dall'Assemblea dei Residenti, in cui tutti possono esprimersi liberamente. Auroville si considera come un luogo di ricerca e di sperimentazione, non solamente nelle pratiche eco-sostenibili – come nel campo dell'agricoltura e della produzione energetica – ma ancor più nel cercare di stabilire per la prima volta sulla terra un'unità umana concreta, indipendentemente dalle influenze politiche, religiose, etniche o culturali. “Qui ci chiamiamo tutti solo per nome”, dice Manohar.
Diventare cittadini di Auroville, tuttavia, non è alla portata di tutti. Innanzitutto bisogna dimostrare di avere la giusta motivazione. Incaricato di esaminare l’aspirante aurovilliano sarà l'Entry Group. Se tutto va bene, dopo un periodo di volontariato nella comunità, si viene accettati per un anno di prova durante il quale è vietato lasciare l’India. Inoltre, si richiede ai nuovi cittadini di contribuire almeno alle proprie spese per il primo anno di permanenza ad Auroville. Insomma, un processo lungo, complesso e, per alcuni, anche costoso. Una selezione piuttosto rigida se la città pensata per 50.000 persone, ne ospita, a cinquantanni dalla sua fondazione, solo 2.500.
“Auroville vuole dimostrare al resto del pianeta che un diverso stile di vita è possibile, che l’evoluzione del genere umano non deve necessariamente andare verso la decadenza ed il progressivo sfruttamento ed impoverimento del pianeta terra, che si può vivere in armonia”, è convinto Manohar. “Questa è la nostra sfida quotidiana, e non è facile, non è più facile qui che in ogni altro posto, ma – conclude l’italiano diventato aurovilliano – la differenza consiste nel fatto che qui in Auroville un gruppo di persone, arrivate da tutte le parti del mondo, stanno tentando insieme un esperimento per il futuro del genere umano”.