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Attentato a Kabul, 12 morti tra cui 3 contractor americani

Un’autobomba è esplosa nelle vicinanze di un ospedale nella capitale afghana, causando 12 morti e oltre 60 feriti. Tre delle vittime sono contractor americani della Nato. I Talebani, però, smentiscono la paternità dell’attacco.
A cura di Valeria Morini
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L'ennesimo attentato si aggiunge alla lunghissima lista con cui l'Afghanistan deve fare i conti ormai da anni. L'atto terroristico si è compiuto oggi a Kabul, colpita da un’autobomba kamikaze che ha provocato la morte di 12 persone. Tre di loro sono contractor della Nato, come ha confermato il portavoce dell’Alleanza Atlantica nel Paese. La CNN informa inoltre che tutti i tre sarebbero di nazionalità americana.

L'esplosione, che ha portato anche al ferimento di una sessantina di persone, è avvenuta nei pressi di un ospedale nel quartiere diplomatico della capitale afghana. Secondo il ministero della Salute , il bersaglio dell’attacco era proprio un mezzo che trasportava stranieri. L'ambasciata americana a Kabul ha fermamente condannato il gesto in un comunicato: "Gli Stati Uniti confermano l'impegno ad assistere i nostri partner afghani nei loro sforzi per assicurare un futuro di pace per l'Afghanistan".

Si tratta dell’ultimo di una serie di attacchi ravvicinati che hanno colpito la martoriata città da quando è stata confermata ufficialmente  la morte del mullah Omar, numero uno dei Talebani, avvenuta nel 2013, con conseguente nomina del suo successore Akhtar Mohammad Mansour. Zabiullah Mujahid, un portavoce dell'organizzazione terrorista che ha guidato il Paese durante il regime oscurantista dal 1996 al 2001, ha tuttavia smentito che l'attacco sia opera dei Talebani.

La Nato è ancora attiva in Afghanistan con una missione che comprende tredicimila uomini, incaricati principalmente dell'addestramento dei militari afghani. Benché bersaglio degli attentati organizzati dai talebani sia soprattutto la presenza straniera nella nazione, è una vera propria strage di civili quella che continua a svolgersi sotto gli occhi dell'autorità locale e dei governi occidentali: secondo i calcoli dell'Onu, sarebbero quasi 1600 quelli rimasti uccisi soltanto nella prima metà del 2015.

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