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Attentati Parigi, la cameriera che ha rischiato la vita per confortare chi stava morendo

Durante gli attacchi del 13 novembre, Jasmine El Yousfi, una cameriera di 20 anni, è corsa fuori dal ristorante dove lavora a Parigi per soccorrere le vittime. O anche solo per stringere la mano a chi stava per morire.
A cura di C. T.
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Cameriera parigi

Quando è iniziata la sparatoria del 13 novembre a Parigi, Jasmine El Yousfi, 20 anni, si trovava nel locale dove lavora come cameriera. "Iniziamente pensavo che fuori ci fossero dei bambini che giocavano con pistole giocattolo. Poi ho sentito un altro rumore, ma stavolta la finestra è esplosa. A quel punto sono stati esplosi un sacco di colpi", ha raccontato la ragazza. "Tutto ciò che so è che mi sono abbassata e ho cercato di nascondermi – ha aggiunto – Per tutto il tempo ho pregato che finisse. Credo che il tutto sia durato dieci o venti secondi, ma per noi è stato come se fossero minuti".

Jasmine ha rischiato la sua vita per aiutare una donna ferita nel ristorante dove lavora. Coraggiosamente è uscita fuori per cercare di dare una mano a coloro che erano rimasti coinvolti nella sparatoria. "Avrei preferito morire, piuttosto che farli morire. So cosa significa essere soli e non sarei riuscita a convivere con il fatto di non aver nemmeno provato ad aiutarli. Non volevo che pensassero di essere stati abbandonati", ha raccontato.

In un filmato girato dalle telecamere del locale e diffuso dal Daily Mail si vede Jasmine che si nasconde sotto il bancone del bar e abbraccia una vittima sanguinante mentre un uomo armato, solo pochi metri più in là, spara ad altre persone. La cameriera e un suo collega, Samir, erano al lavoro quando il ventiseienne belga Salah Abdeslam ha aperto il fuoco. La ragazza ha quindi spinto la testa del suo collega sotto il bancone – ma lui riesce a fuggire giù per le scale in cantina. Qualce secondo dopo, una donna ferita irrompe nella pizzeria e si getta dietro il bancone, dove Jasmine inizia subito a confortarla cingendole la testa. "Mio cugino è corso giù in cantina. E ho visto una donna ferita, Lucille, correre verso di me – ha raccontato – Volevo proteggerla. Aveva un buco nel braccio, piangeva e diceva che il suo ragazzo era ancora lì fuori, pensava fosse morto. Sapevo che era spaventata e ferita, sanguinava moltissimo, non avrei mai potuto lasciarla lì e scappare. Quando l'ho portata al piano di sotto mi ha detto che non sentiva più la mano".

Dopo aver portato la donna ferita e altri clienti in cantina al sicuro, Jasmine è andata di nuovo fuori, per vedere se poteva aiutare qualcuna delle vittime. "Sono uscita ma era troppo tardi – ha spiegato – Una donna stava morendo e tre persone erano già decedute. La ragazza che stava per morire mi ha guardata. Le ho tenuto la mano per qualche secondo, poi è spirata. Mi sono girata e ho visto un ragazzo a terra. Ho pensato fosse ferito, poi mi sono accorta che stava morendo, non riusciva neanche a respirare. Non riuscirò a dimenticare i loro sguardi, erano vuoti". Jasmine ha provato a dare una mano, si è avvicinata a un ragazzo per aiutarlo, ma era già morto. "Vedo le loro facce quando mi sveglio al mattino e prima di andare a letto – ha ammesso – Penso a come quella ragazza mi guardava. E non sapevo neanche il suo nome". Un fioraio ha detto che Jasmine è stata la prima persona a precipitarsi sulla scena della sparatoria: "È stata molto coraggiosa, è stata la prima a correre fuori dal ristorante, attraversare la strada e andare a dare una mano alle vittime, o anche solo a confortarle finché non hanno esalato l'ultimo respiro".

La ragazza è nata a Parigi da genitori provenienti dal Marocco e dall'Algeria: "Sono cresciuta in una famiglia marocchina, ma sono parigina. Questa è la cosa peggiore che mi è successa, che è successa alla Francia e non mi sono mai sentita così legata a questo paese come adesso. Quelle persone sono morte perché volevano vivere: ascoltare musica, bere una birra con gli amici, o anche solo passeggiare nella strada sbagliata".

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