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Attentati in Daghestan, cosa è successo e qual è la situazione nella repubblica russa: l’analisi dell’ISPI

Il professor Aldo Ferrari, docente dell’Università Ca’ Foscari e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell’ISPI, ha spiegato a Fanpage.it la possibile matrice degli attacchi avvenuti nella repubblica russa del Daghestan. “La Russia ha seri problemi con il terrorismo islamico da decenni, almeno dai primi anni 2000”, ha osservato l’esperto.
Intervista a Aldo Ferrari
Storico, politologo, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.
A cura di Eleonora Panseri
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"È una situazione complessa. Gli attentati, che sono stati più d'uno, hanno colpito obiettivi chiaramente riconducibili sia alla Chiesa russa ortodossa che all'ebraismo, quindi presumibilmente la matrice dovrebbe essere islamico-radicale. Al di là di dietrologie molto difficili da sostenere, questa dovrebbe essere l'interpretazione più corretta e più semplice".

Così il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI, ha commentato a Fanpage.it gli attacchi avvenuti ieri, domenica 23 giugno, nella repubblica russa del Daghestan, un territorio estremamente vasto e multietnico, all'interno del quale convivono almeno 30 gruppi diversi e si parlano decine di lingue differenti.

Uomini armati hanno colpito due chiese ortodosse, una sinagoga e un posto di polizia a Derbent, sul Mar Caspio, e nella capitale Makhachkala, uccidendo almeno 19 persone, tra le quali molti agenti di polizia e un sacerdote, e ferendone almeno 25. Uccisi anche alcuni terroristi, riferiscono le autorità locali.

Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.
Il professor Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e responsabile del programma su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'ISPI.

Professor Ferrari, cosa c'è dietro questi attacchi? Qual è il pregresso?

Dietro questi attacchi c'è tanto. La Russia ha seri problemi con il terrorismo di matrice radicale islamica da decenni, a partire per lo meno dai primi anni 2000. In particolare, nel Caucaso che è l'epicentro di questi attentati. Prima era la Cecenia, poi, dopo la "pacificazione", è diventato il Daghestan, ma anche altre piccole repubbliche del Caucaso settentrionale, prevalentemente musulmane.

Il terrorismo islamico ha colpito più volte anche altre città russe, Mosca in particolare. C'è una tradizione piuttosto importante, grave e sanguinosa. Al tempo stesso la Russia ha ottimi rapporti con la maggioranza della popolazione musulmana al suo interno. Circa il 15% dei cittadini russi è di religione musulmana e i rapporti sono gestiti positivamente.

È chiaro però che quando si tratta di cellule radicalizzate questo non è possibile e si verificano attentati di questa portata e gravità. Tante altre considerazioni collegate alla situazione politica internazionale possono essere fatte ma non è detto che siano valide.

Perché la situazione è ancora molto in divenire…

Quando si tratta di terrorismo, non solo in Russia, si fa sempre fatica a ricostruire la verità, i mandanti. Si entra in una zona d'ombra che tende a rimanere tale anche dopo mesi, anni, decenni.

Detto questo, però, il dato reale è che la Russia, per l'ennesima volta e a poca distanza dal sanguinoso attentato di Mosca di pochi mesi fa (l'attacco terroristico al Crocus City Hall di Krasnogorsk, ndr), è vittima di un nuovo pesantissimo episodio che, tra le altre cose, mette in luce la difficoltà del governo di controllare queste piccole minoranze musulmane radicalizzate che colpiscono con una certa facilità in tanti punti del territorio nazionale.

Questi attacchi possono essere riconducibili all'attuale situazione in Medio Oriente?

Possiamo dire che sono indirettamente collegati. Quanto avviene tra israeliani e palestinesi può essere letto dai musulmani di tutto il mondo, e questo spesso avviene, come un attacco degli ebrei contro un popolo musulmano, con un sostegno più o meno aperto dell'Occidente.

Però, il fatto che la Russia sia Occidente è molto discutibile, come sappiamo. In più, Mosca non appoggia con particolare forza Israele. Quindi, tenderei a leggere questi attentati come derivanti dalla situazione interna russa. La Russia ha alle spalle una lunga lotta di contrapposizione nei confronti del radicalismo islamico, sono decenni che cerca di stroncarlo nel Caucaso settentrionale.

Ricordiamo anche l'apporto importante della Russia nel sostegno al governo siriano contro Isis e Daesh. Possiamo dire che i radicali islamici hanno quindi molte ragioni per voler colpire la Federazione, anche a prescindere da ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Gli attentati rimangono atti la cui origine e la cui ragione d'essere sono per tanti aspetti difficili da ricostruire e che possono essere influenzate da situazioni politiche e ideologiche.

Quali ripercussioni avranno questi fatti?

Sostanzialmente questi attentati, avvenuti anche in passato, non hanno prodotto mutamenti particolarmente significativi nella politica interna russa.

Secondo lei, qual è la difficoltà che ha il governo russo a gestire le cellule terroristiche?

Da un lato, ci può essere l'estrema vastità del territorio russo e l'impegno che la Russia negli ultimi due anni sta rivolgendo verso l'Ucraina. Questo ovviamente complica l'azione e le attività investigative. Dobbiamo ricordarci però che attentati devastanti avvengono in tutto il mondo perché contrastare il terrorismo non è così facile.

Soprattutto in situazioni in cui le popolazioni sono in movimento e non è facile controllare ogni formazione, ogni gruppo straniero che circoli in un Paese. Pensiamo anche che in Russia vivono decine di milioni di musulmani che non sono identificati come tali perché sono cittadini russi e possono circolare in maniera libera all'interno della Federazione. E, se vogliamo, questo può accrescere ancora di più le difficoltà di prevenzione e repressione di questi episodi.

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