Attacco turco in Siria, l’urlo delle organizzazioni umanitarie: “No ad un altro massacro”
L’offensiva militare della Turchia sul nord-est della Siria ha suscitato la netta opposizione delle principali organizzazioni umanitarie. Amnesty international, Save the Children e altre 14 agenzie internazionali hanno fatto sentire la loro voce di fronte ad un altro possibile massacro nel Paese mediorientale, dopo oltre otto anni e mezzo di guerra. “Come in altre parti della Siria – afferma Lynn Maalouf, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente – la popolazione civile nel nord-est del Paese ha già subito le conseguenze di varie offensive militari, che hanno prodotto sfollamenti a ripetizione e dato luogo a condizioni di vita durissime”. “La Turchia è obbligata, ai sensi del diritto internazionale umanitario, a prendere tutte le misure possibili per proteggere i civili e assicurare il passaggio degli aiuti umanitari. Ai civili che vogliano allontanarsi dalle zone di conflitto devono essere assicurati percorsi sicuri”.
Guerra in Siria, 9mila bambini in pericolo e più di 600mila sfollati
Per Save the Children, sono 9mila i bambini in grave pericolo. “Chiediamo a gran voce a tutte le parti coinvolte di fermare l’escalation delle violenze e di assicurare in ogni modo possibile la protezione e la sicurezza delle migliaia di bambini, e delle loro famiglie, già sfiniti da una guerra che dura ormai da più di otto anni e la cui vita da oggi è ulteriormente a rischio”, dichiara Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children. “Nella zona teatro dell’offensiva – sottolinea Save the Children – 1,65 milioni di persone hanno già bisogno di assistenza umanitaria, tra cui più di 650.000 sfollati”. In grave pericolo, inoltre, più di 9mila minori, di oltre 40 nazionalità diverse, che attualmente vivono in condizioni già precarie in tre campi sfollati presenti nell'area e che rischiano di perdere la vita se le operazioni belliche dovessero portare a un'interruzione degli aiuti umanitari.
Molte persone nella regione a maggioranza curda del Rojava sono state sfollate da precedenti ondate di combattimenti, con milioni di civili che vivono in cattive condizioni in insediamenti di fortuna che spesso mancano di acqua pulita o servizi igienici. Anche l'accesso ai servizi alimentari e medici è limitato. Per questo International Rescue Committee (Irc), un'altra importante organizzazione umanitaria, avverte che l’offensiva potrebbe provocare almeno 300mila sfollati. “Siamo profondamente preoccupati per l'impatto di questa escalation sui civili, compresi i membri del nostro personale e le loro famiglie, e l'effetto destabilizzante su una popolazione che ha già sopportato il peso del conflitto di otto anni in Siria”, è l'allarme lanciato da Misty Buswell, direttore di Irc per il Medio Oriente.
Le città della Siria già devastate dalla guerra contro l'Isis
Di fronte ai raid dell’aviazione turca sulle città lungo il confine siriano, almeno 60mila persone sono già scappate, con tutti i mezzi a loro disposizione. “Abbiamo notizie – prosegue Buswell – di civili in fuga senza nulla a parte i loro vestiti. Molti probabilmente sono diretti a Raqqa, una città devastata dalla battaglia contro l'Isis”. In quella che una volta era la “capitale” del sedicente Stato islamico, gli alloggi sono scarsi, l'elettricità limitata e le strade disseminate di mine inesplose. Non va certo meglio nei campi profughi delle aree circostanti, già oltre il limite delle loro capacità, in cui l'arrivo di nuove famiglie di sfollati aggraverà ulteriormente la situazione umanitaria. “Molte di queste persone sono già state sradicate più volte – aggiunge il direttore di Irc – hanno sofferto sotto il brutale governo dell'Isis e adesso devono fronteggiare anche quest'ennesima crisi”.
L'appello: "Basta bagni di sangue in Siria"
Negli ultimi due interventi militari turchi in territorio siriano (“Ramoscello d'Ulivo” nel gennaio 2018 e “Scudo dell’Eufrate” del 2017), si sono verificate gravi violenze contro i civili. E’ per questo che le agenzie umanitarie mettono in guardia sul pericolo che anche questa operazione militare finisca in un ennesimo bagno di sangue. "E’ fondamentale che tutte le parti coinvolte – è il monito di Amnesty international– rispettino il diritto internazionale umanitario, evitando tra l’altro di compiere attacchi indiscriminati e sproporzionati e violenze contro civili. Ciò non deve accadere ulteriormente. Per evitare che in Siria si sviluppi un’ulteriore catastrofe umanitaria – conclude Maalouf – la comunità internazionale deve prendere tutte le misure per assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario da parte delle autorità turche, dei gruppi armati filo-turchi e delle forze curde”.
“Ogni guerra è una guerra sui bambini – è ancora la posizione di Save the Children – e le conseguenze di queste operazioni sulla loro vita potrebbero essere devastanti. I bambini che vivono nei campi, nella loro vita, non hanno conosciuto altro che violenze e distruzione. Bisogna pertanto agire immediatamente, prima che sia troppo tardi: la protezione dei civili deve essere una priorità per le parti coinvolte e ci appelliamo ai governi stranieri affinché mettano in campo tutti gli sforzi necessari per mettere in salvo i bambini e le donne nei campi, al fine di rimpatriarli prima che l'accesso diventi ancora più complicato”.
“È necessario un intervento urgente della comunità internazionale – è l’appello firmato da 14 Ong internazionali – per garantire che la situazione umanitaria nel nord-est della Siria non peggiori ulteriormente, con conseguenze potenzialmente disastrose per famiglie e bambini che si ritrovano nuovamente coinvolti in una violenza mortale”.