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Attacco in Siria, 5 cose da sapere sui bombardamenti di ieri notte

Navi, aerei e missili cruise contro Assad, ma l’obiettivo, secondo gli Alleati, è solo scoraggiare l’esercito siriano dall’uso delle armi chimiche. O, come dice la Russia, punire una Siria vincente.
A cura di Redazione
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L’aveva detto e l’ha fatto. Il Presidente degli Stati Uniti, in debito di credibilità dopo le tensioni con Pyongyang, ha bombardato la Siria insieme all’alleato di sempre, il Regno Unito, e alla Francia, lo stato dell’Europa continentale geopoliticamente più attivo. L’attacco, preannunciato da Trump intorno alle 22 (alle 3 a.m., ora italiana), è stato definito da più parti uno show. Non che manchino distruzioni, ma la scelta degli obiettivi degli strike è commisurata alle accuse mosse al governo di Assad e al messaggio implicito consegnatogli.

La scelta degli obiettivi

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Le tensioni tra le potenze atlantiche e il regime di Assad, sostenuto da Russia e Iran, non risalgono certo al 7 aprile, ma è questo il giorno in cui un attacco chimico contro la città di Douma, alle porte di Damasco, ha causato oltre 70 morti, tra cui anche bambini immortalati nell'agonia. La responsabilità dell'aggressione è stata assegnata dagli Stati Uniti ad Assad, il quale ha rigettato le accuse. La scelta degli obiettivi odierni evidenzia la "colpa" attribuita al governo siriano ed evidenziata proprio da Trump poco prima dei bombardamenti: "Lo scopo delle nostre azioni è stabilire un forte deterrente contro la produzione, la diffusione e l'uso di armi chimiche".  Secondo il generale Usa Joseph Dunford i raid hanno colpito u

  • una struttura di ricerca scientifica a Damasco, presumibilmente collegata alla produzione di armi chimiche e biologiche,
  • Un deposito di armi chimiche ad ovest di Homs e
  • Un sito di stoccaggio di armi chimiche e un importante posto di comando, anch'esso vicino a Homs.

Missili e aerei

Gli Stati Uniti hanno usato i missili Tomahawk, impiegati già altre volte nel conflitto siriano. Si tratta di missili da crociera (cruise), capaci di colpire con estrema precisione un obiettivo e di volare a bassa quota per aggirare le difese radar, e che nel caso specifico dovrebbero essere stati lanciati dai jet dell'Air Force.

La Gran Bretagna ha usato gli Storm Shadow, anch'essi missili da crociera attivati da quattro Tornado, partiti da una base posta a circa 24 chilometri a ovest di Homs.

La Francia ha agito soprattutto dal mare. Secondo quanto riferito da Florence Parly, ministro della Difesa francese, le forze d'Oltralpe hanno schierato navi da guerra e fatto decollare un jet. Secondo l'agenzia stampa Reuters, invece, si sono levati in cielo almeno due tipi di caccia, il Mirage e il Rafale, mentre la marina coinvolta sarebbe stata costituita da quattro fregate da guerra.

L'esito dell'operazione

Secondo fonti russe non ci sono state vittime. I media di stato siriano, interessati a ridurre la portata dell'attacco, riferiscono che solo la struttura di ricerca di Damasco sarebbe stata danneggiata. Contrariamente a quanto dichiarato dal Pentagono, i russi hanno riferito che i raid di Usa, Gran Bretagna e Francia avrebbero preso di mira anche quattro aerodromi delle Forze armate siriane (Dyuwali, Al-Dumayr, Blei e Shayrat), ma che tutti i missili lanciati sono stati abbattuti.

Sono stati più di cento i missili diretti sul territorio siriano, liberati dagli aerei o lanciati dal mare. Sono stati gli stessi funzionari del Pentagono a quantificare i missili lanciati, non specificando quanti, però, abbiano raggiunto l'obiettivo. La valutazione sul successo o meno dell'operazione la si lascia dunque alla controparte: secondo i russi i sistemi di difesa siriani hanno abbattuto 71 dei 103 missili lanciati da Usa e alleati. Secondo la televisione di stato siriana, le forze governative hanno abbattuto più di una dozzina di missili.

Cosa dicono i russi

I russi hanno sempre sostenuto, sebbene non sempre in maniera coerente, che l'attacco chimico di Douma non sia stata un'operazione del governo siriano. Quando non negato, l'attacco chimico è stato attribuito ai ribelli, con l'intento di dare un pretesto agli Usa per attaccare il regime di Assad. La linea difensiva sui fatti di Douma è stata prolungata agli strike di oggi: Sergey Rudskoy, capo di stato maggiore russo, ha detto che "l'aggressione americana dimostra he gli USA non sono interessati a condurre un'indagine obiettiva, desidera interrompere il processo di risoluzione pacifica in Siria e destabilizzare la situazione nella regione e non ha nulla a che fare con gli obiettivi precedentemente dichiarati di combattere il terrorismo internazionale". Secondo questa lettura, gli attacchi di quest'oggi non sarebbero una rappresaglia per i fatti di Douma, ma per il successo dell'esercito siriano nella sua lotta al terrorismo jihadista.

Un attacco simbolico

Quale che sia la lettura, ciò su cui il consenso pare ampio è che quello di stamane sia stato un attacco simbolico. Per gli Alleati non è una rappresaglia per il successo di Assad contro i terroristi, ma un'operazione punitiva per l'attacco di Douma. Per l'amministrazione Trump si tratta del resto del secondo attacco volto a scoraggiare l'uso di armi chimiche: un anno fa i raid interessarono ancora una volta Homs, a seguito del gas sarin usato a Khan Sheikhoun. Mentre negli States c'è chi si chiede se quindi questo attacco possa fare la differenza, altrove si osserva che in Siria bisogna agire con estrema delicatezza. Intorno a questa guerra ci sono gli interessi di Usa, Russia, Iran, Israele, Turchia. Sullo sfondo l'Isis. Sarebbe stato il Segretario della Difesa Usa James Mattis a ridimensionare l'interventismo di Trump, suggerendo un approccio più misurato volto a distruggere solo i luoghi in cui si sarebbero costruite le armi illegali. Al limite, un attacco simbolico.

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