Attacco a centrale nucleare, la testimonianza: “Abbiamo paura, Zaporizhzhya è un posto pericoloso”
L'oblast di Zaporizhzhya nel sud est dell'Ucraina è uno degli scenari più caldi della guerra in questo momento. Nella notte si è sviluppato un incendio nella centrale nucleare di Enerhodar a pochi chilometri dalla città che è divisa in due dal fiume Dnipro. L'esercito russo sta cingendo d'assedio la zona, l'esercito ucraino è all'interno della città impegnato a respingere l'offensiva delle truppe di Putin. Fanpage.it è riuscita a mettersi in contatto con alcuni nuclei familiari che vivono a Zaporizhzhya e stanno resistendo sotto i bombardamenti. Lo scenario che ci viene raccontato è davvero terribile.
"Abbiamo paura per la centrale e per il fiume"
Natalie ha vissuto e lavorato molti anni in Italia, è lei che ci risponde al telefono via whatsapp per raccontarci quel è lo scenario in cui stanno vivendo in questi giorni i cittadini di Zaporizhzhya. Lei si trova alla periferia della città. "Siamo 5-6 famiglie e stiamo vivendo tutti quanti insieme, gli uomini sono andati a combattere quindi siamo tutte donne con i bambini. Di notte scendiamo giù in cantina a dormire, oggi non hanno ancora bombardato ma ieri sono arrivati diversi missili che sono esplosi qui vicino". La guerra porta a vivere tutti uniti e a dividere tutto quello che si ha, le persone rimaste in città si stringono e si fanno forza. "Non sappiamo esattamente dove sono i russi in questo momento, ma ci sono i soldati ucraini adesso in città e ci sentiamo più confortati" ci dice Natalie. L'incendio nella notte alla centrale nucleare ha messo in ulteriore allarme la popolazione che sta già convivendo da giorni con i bombardamenti. "Se colpiscono Enerhodar e c'è un'esplosione moriamo tutti – dice Natalie – speriamo che i russi non la colpiscono, morirebbero anche loro. Poi c'è il fiume Dnpiro, abbiamo paura anche per quello perché potrebbero esserci incidenti. Per questo Zaporizhzya è un posto pericoloso, c'è sia la centrale che il fiume". Si tratta della centrale più grande d'Europa e un possibile incidente nella centrale di Enerhodar avrebbe conseguenze incalcolabili.
"Facciamo da mangiare per i bambini e per l'esercito"
La casa di Natalie è diventata un punto di riferimento per il vicinato. La cucina è diventata una cucina per tutti: "Stiamo friggendo le frittelle, per noi, per i bambini e per l'esercito, cuciniamo per tutti. Oggi mia figlia è andata a cercare qualcosa da mangiare". Dalle foto che ci invia possiamo vedere come l'intero vicinato si stia dando da fare, la cucina è diventata il centro delle attività per sfamare tutti. I bambini sono le principali vittime del conflitto, un trauma che difficilmente potranno mai dimenticare: "Abbiamo 15 bambini qui, la notte siamo in cantina, di giorno proviamo a tenerli tranquilli, a non spaventarli. Oggi c'è un bimbo che è davvero molto nervoso, sto provando a tenerlo calmo, altrimenti possiamo anche impazzire con la testa". Anche la paura in queste condizioni si misura con un metro diverso, come ci spiega Natalie: "I primi giorni avevamo molta paura, ma adesso dobbiamo essere forti, dobbiamo tranquillizzare i bambini. Poi ci sono i soldati che stanno anche peggio di noi, quindi dobbiamo essere forti. C'è la paura certo, ma dall'inizio della guerra ad oggi è paura diversa, essere forti è più importante". La cantina di Natalie è diventato il rifugio notturno, come ci mostra dalle foto. Ci sono i letti improvvisati, le coperte, ma anche tutto il cibo e l'acqua che si è riusciti a conservare. Si vedono tantissime patate, alimento principale in questo momento di guerra. "Non c'è molto cibo – spiega Natalie – qua non arriva molto, scarseggia tutto, mancano anche i pannolini per i bambini, per questo di giorno andiamo in giro a cercare cose da mangiare, mia figlia principalmente fa il giro, ora è fuori tornerà più tardi, speriamo con qualcosa. Noi prepariamo da mangiare per tutti quelli che non hanno niente da mangiare".
"Non abbiamo molte notizie, ci sentiamo abbandonati"
Una delle principali emozioni che chi sta vivendo l'assedio di Zaporizhzhya ci trasmette è quella dello smarrimento. Le informazioni sono scarsissime e fanno fatica a capire cosa succede al di là dell'isolato dove vivono. Anche per questo chi va in giro di giorno a cercare cibo cerca anche informazioni sull'andamento della guerra alle porte della città. "La nostra paura più grande forse è proprio questa, quella di non sapere tante cose – spiega Natalie – non sappiamo quali siano le verità, le voci si rincorrono, ci sentiamo smarriti, abbandonati, è una sensazione che fa paura". C'è difficoltà anche a rintracciare i parenti: "Quando si va in città si prova a vedere anche come stanno i parenti e a trovare notizie su quelli che sono fuori città, è il metodo più semplice per sapere dei nostri cari". Internet funziona ancora ed è sostanzialmente il solo mezzo di comunicazione, e anche grazie alla rete chi sta vivendo la guerra si rende conto della solidarietà che si sta muovendo anche nel nostro paese. "Attraverso voi voglio ringraziare tutti quelli che ci stanno aiutando – dice Natalie – grazie davvero, abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti". La speranza è che le ore diurne passino senza missili e bombe, poi di notte, come tutte le notti, si scenderà in cantina. Da quel momento bisognerà essere forti, coraggiosi e fortunati. È la guerra.