Attacchi Houthi a navi nel Mar Rosso, Assarmatori: “Con escalation in Yemen porti italiani rischiano”
Da settimane si susseguono attacchi contro navi mercantili nel Mar Rosso da parte dei miliziani Houthi in Yemen. Dopo una prima azione militare di difesa con navi inviate in zona, forze armate Usa e britanniche hanno attaccato le basi Houthi in Yemen col rischio di una nuova escalation nell’area che potenzialmente potrebbe mettere a rischio il trasporto marittimo e il traffico commerciale verso l'Italia. Fanpage.it ne ha parlato con Presidente di Assarmatori Stefano Messina.
Alla luce dei bombardamenti statunitensi sullo Yemen in risposta agli attacchi Houti contro le navi mercantili nel Mar Rosso, quali sono le vostre previsioni sul traffico nell’area? Quali sono le riduzioni percentuali del traffico registrate finora da e per l'Italia e quali potrebbero essere nel prossimo futuro?
Prima considerazione: il 90% dell’interscambio merci nel mondo, avviene via mare; il trasporto marittimo è quindi insostituibile ma anche flessibile. Non vogliamo certo evocare fantasmi del passato, ma le navi riuscirono persino a compensare con la loro efficienza la chiusura per 8 anni del Canale di Suez dal 1967 al 1975. Sia chiaro, oggi siamo distanti da questa eventualità perché è interesse comune dell’Occidente e di gran parte dei Paesi del Medio Oriente e del Golfo Arabico tenere aperta ed efficiente questa rotta. Ad oggi tuttavia navighiamo a vista e l’emergenza rende impossibile qualsiasi previsione anche sul breve termine. Al momento non si registrano tuttavia cali di traffico da e per l’Italia. Il trasporto marittimo, come si è dimostrato anche durante la recente pandemia, è un’infrastruttura flessibile ed estremamente resiliente: sa adattarsi in modo veloce ai cambiamenti in corso per continuare ad offrire un servizio regolare ed efficiente; è così anche in questa circostanza. Per il futuro, anche prossimo, occorre come detto valutare giorno per giorno a seconda dell’evolversi della situazione.
L’Italia sembra uno dei Paesi che sta subendo maggiormente questo problema. Questo quali costi comporterà? Avrà ripercussioni sui nostri porti e sulle merci in arrivo?
È prematuro per registrare questo fatto: un aggravamento della crisi potrebbe incidere sul nostro più che su altri Paesi, ma oggi non è così. La posizione geografica dell’Italia, proprio al centro del Mediterraneo, porta con sé grandi benefici ma anche criticità collegate alle tensioni geopolitiche. Allo stato attuale l’impatto economico dell’escalation della tensione nel Mar Rosso e ora anche nello Stretto di Hormuz ha prodotto per il sistema-Italia effetti al momento contenuti: i prezzi del petrolio e del gas sono stabili, e la stessa considerazione vale per le materie prime e per i noli, sia quelli relativi ai carichi secchi sia per i trasporti di carichi liquidi. Si segnalano incrementi delle rate di nolo per il trasporto containerizzato nelle ultime settimane, imputabili alla necessità di recupero dei maggiori costi per rotte più lunghe (la circumnavigazione dell’Africa), rotte scelte per garantire frequenza, regolarità e tempestività nei servizi di consegna delle merci; per le compagnie che continuano comunque a far transitare le loro navi attraverso lo stretto di Bab al-Mandab e quindi il Canale di Suez, forti incrementi dei costi sono conseguenti all’aumento delle misure di sicurezza e specialmente alle polizze assicurative extra war risk che, in pochi giorni, sono lievitati di oltre il 500%.
Si parla sempre più di deviazioni verso sud delle navi per il rischio di essere colpite, questo rischia di tagliare fuori il Mediterraneo e i nostri porti dagli scambi commerciali?
Come abbiamo visto sarebbe sbagliato fare previsioni a lungo termine con la pretesa di essere affidabili: la situazione è in costante evoluzione e siamo chiamati a ragionare giorno per giorno. Al momento il Mediterraneo non ha subito contraccolpi di rilievo da quello che sta accadendo, ma di certo se la circumnavigazione dell’Africa diventasse una realtà consolidata questa non sarebbe una buona notizia neppure per i porti italiani. Resto tuttavia convinto che il Mediterraneo manterrà il suo ruolo centrale per le grandi rotte transoceaniche.
Per ora l’Italia si è limitata a schierare una Fregata nel Mar Rosso in chiave difensiva. Nel caso di escalation, come annunciato dagli Houti, ritenete che l’Italia debba valutare un intervento più attivo ad esempio con azioni offensive con gli Usa?
Si tratta di una scelta geostrategica con forti implicazioni, e non possiamo essere noi operatori a fornire un’indicazione del genere. Quello che posso dire è che la presenza della Marina Militare italiana in questa zona è, per l’armamento italiano, di estrema importanza per il presidio dell’area. Nel corso degli anni abbiamo svolto svariate esercitazioni anti pirateria e anti terrorismo nelle acque più ‘calde’ del pianeta in collaborazione con i nostri militari, un patrimonio di esperienze che adesso mostra tutto il suo valore nella protezione degli interessi nazionali in mare.