Assolto dopo 56 anni nel braccio della morte in Giappone: risarcimento milionario per Iwao Hakamada

A settembre 2024 Iwao Hakamada era stato scagionato dall'accusa di un quadruplice omicidio dopo 56 anni di carcere, gran parte dei quali trascorsi nel braccio della morte.
Oggi all'ex pugile 89enne sono stati riconosciuti 12.500 yen (pari a 77 euro) per ogni giorno trascorso in detenzione. L'uomo, che era il detenuto a morte più longevo al mondo, è stato scagionato dall'accusa dopo un'instancabile campagna da parte di sua sorella e di altre persone a lui vicine.
Come riporta Il Guardian, che cita le autorità locali, ha ricevuto circa 1,3 milioni di euro di risarcimento. La Corte distrettuale di Shizuoka, in una decisione, ha affermato che "al richiedente saranno concessi 217.362.500.000 yen", ha detto un portavoce della corte all'Afp.
A settembre la stessa Corte ha stabilito, disponendo un nuovo processo, che Hakamada non era colpevole e che era stata la polizia ad aver manomesso le prove.
L'uomo, secondo i magistrati, aveva subito "interrogatori disumani volti a costringerlo a rilasciare una confessione" che in seguito aveva ritrattato. Il team legale di Hakamada ha affermato che il denaro è insufficiente per il dolore che ha sofferto.
Decenni di detenzione, con la minaccia di esecuzione incombente, hanno avuto un impatto notevole sulla salute mentale di Hakamada, hanno affermato i suoi avvocati.
Anche nel 2014 un tribunale aveva sollevato dubbi sulla colpevolezza dell'ex pugile, dopo che da alcune analisi era emerso che il Dna trovato su dei vestiti non era il suo. Hakamada era stato dunque scarcerato, ma sono poi trascorsi molti anni prima di ottenere il nuovo processo.
Nel 2018 l’Alta Corte di Tokyo aveva dichiarato che il test del Dna non era ammissibile e il caso era arrivato alla Corte Suprema del Giappone che nel 2020 aveva ancora rimandando il caso all’Alta Corte, invitandola a valutare se la condanna alla pena di morte dovesse essere considerata valida o se celebrare un nuovo processo.
L'uomo è stato il quinto condannato a morte a cui è stato concesso un nuovo processo nella storia del Giappone del dopoguerra. Anche negli altri quattro casi gli accusati sono stati scagionati.