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Assalto delle destre al futuro governo Sanchez: cosa succede in Spagna e perché ci deve preoccupare

Mentre si va profilando l’accordo per investire Pedro Sánchez presidente di un nuovo governo di coalizione progressista, cresce la reazione della destra al provvedimento di amnistia concordato per depenalizzare il procés, che sboccò nella dichiarazione unilaterale d’indipendenza catalana della fine dell’ottobre 2017. Da alcune sere davanti alle sedi del partito socialista si registrano incidenti, cariche della polizia, feriti e fermi.
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Barcellona. Mentre si va profilando l’accordo tra il Psoe e Junts per Catalunya per investire Pedro Sánchez presidente di un nuovo governo di coalizione progressista, cresce la reazione della destra spagnola al provvedimento di amnistia concordato per depenalizzare il procés, che sboccò nella dichiarazione unilaterale d’indipendenza catalana della fine dell’ottobre 2017.

L’iniziativa di protesta più evidente è quella di piazza davanti alle sedi del partito socialista che, da alcune sere, si salda con incidenti, cariche della polizia, un certo numero di feriti e diversi fermi operati dalle forze dell’ordine.

Ma c’è un’opposizione più sottile, che prova a ripetere una consuetudine già applicata nel passato nei confronti dell’indipendentismo, operata dai vertici della giustizia spagnola, che si fa attore politico tra gli altri, interferendo col potere legislativo. L’obiettivo della protesta è confermare l’illegittimità del prossimo governo Sánchez rispetto al risultato delle elezioni del 23 luglio e quindi forzare una legislatura breve per tornare presto alle urne.

Così, il giudice dell’Audiencia Nacional, Manuel García Castellón, ha improvvisamente accelerato le conclusioni della causa aperta quattro anni fa contro Tsunami Democràtic, la risposta di movimento nata nel 2019 per la sentenza di condanna ai leader indipendentisti. Decidendo di indagare per terrorismo il leader di Junts Carles Puigdemont, ex presidente della Generalitat ai tempi dell’autunno catalano e Marta Rovira, segretaria di Esquerra Republicana de Catalunya.

E per evitare che i fatti ascritti a quel movimento possano rientrare nel provvedimento di amnistia, il giudice ha fatto riferimento alla “possibile relazione” della protesta, che culminò nell’aeroporto del Prat di Barcellona, con la morte per infarto di un francese, nonostante il decesso fosse avvenuto in un terminale distinto da quello interessato dalla mobilitazione e fosse perciò stata un’ipotesi scartata fin dal primo momento.

Immediatamente, la Procura generale si è attivata per ricorrere contro la sentenza di Castellón, considerando che il giudice ha introdotto artificiosamente l’ipotesi di terrorismo per trattenere la causa presso l’Audiencia Nacional piuttosto che rinviarla al tribunale catalano, giudice naturale per legge, dove verrebbe trattata come un reato di disordini pubblici.

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Di fronte all’accusa di terrorismo, Puigdemont, si è espresso senza troppi giri di parole, denunciando “il colpo di Stato permanente che tanto gli piace rivivere, sia con le sciabole che con le toghe”.

Inoltre, i conservatori del Consejo General del Poder Judicial, organo al vertice della magistratura che non viene rinnovato da anni per l’opposizione del Partido Popular, hanno approvato a maggioranza una dichiarazione istituzionale contro l’amnistia, senza conoscerne neppure il testo. Perché la sua approvazione supporrebbe, a loro dire, la “abolizione dello stato di diritto”, confliggendo con l’indipendenza dei tribunali.

Dallo scorso venerdì, ossia da quando è stato presentato l’altro accordo sull’amnistia tra Esquerra e i socialisti, sui social è corsa la convocazione a manifestare contro il provvedimento di depenalizzazione davanti alle sedi del Psoe, in particolare quella nazionale di Madrid, in Calle Ferraz.

L’iniziativa è stata subito raccolta e amplificata da Vox, dai dirigenti madrileni del Pp, dagli estremisti di Democracia Nacional e della Falange Spagnola, dai leader appartenenti ai movimenti della destra più estrema.

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Revuelta, associazione giovanile nata lo scorso 28 settembre e collegata con Vox, è a capo delle diverse manifestazioni contro le sedi socialiste in varie province spagnole. Quella organizzata martedì sera in Ferraz, che ha raccolto 7.000 persone e nella quale si sono sentiti slogan inneggianti al franchismo, è stata costellata da episodi di violenza da parte dei manifestanti che hanno lanciato pietre e bengala contro gli agenti. La polizia ha caricato e il risultato finale degli incidenti è stato di una quarantina di feriti e sette spagnoli fermati di età compresa tra i 17 e i 44 anni.

Ci sono voluti alcuni giorni perché il Pp decidesse di condannare gli atti di violenza davanti alle sedi socialiste, pur attribuendo il malessere manifestato in piazza alle scelte di Sánchez. La competizione per mobilitarsi contro l’amnistia è aperta tra il Pp e Vox: i popolari hanno convocato manifestazioni domenica prossima in tutte le capitali di provincia e promettono che la protesta non si fermerà.

Sánchez, dal canto suo, ha assicurato che “gli intolleranti non riusciranno a intimorire un partito con 144 anni di storia”.

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