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Arabia Saudita: multe per le donne che violano codice di abbigliamento sul lavoro

Ha scatenato un acceso dibattito la decisione del Ministero del Lavoro di infliggere ammende alle lavoratrici che violano il codice di abbigliamento sul posto di lavoro. C’è ad esempio chi fa notare che il governo di Riad dovrebbe concentrarsi più sul problema della disoccupazione femminile (+34% nel 2013).
A cura di B. C.
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Le donne che in Arabia Saudita si presentano sul luogo di lavoro con un abbigliamento “non consono e decoroso” vanno multate per l'equivalente di 233 euro. Hanno innescato non poche polemiche le ultime decisioni del ministero del Lavoro di Riad, che – secondo la stampa locale – "insiste" sulla necessità di far rispettare il codice di abbigliamento in Arabia Saudita. Una misura che vale tanto per le dipendenti quanto per i datori di lavoro. In particolare, per coloro che non provvedono a definire delle precise regole in riferimento all’abbigliamento per le proprie subalterne si parla di sanzioni di oltre mille euro, che dovrebbero raddoppiarsi nel caso gli imprenditori non provvedano a distinguere nelle società le zone in cui lavorano le donne da quelle in cui sono impiegati gli uomini.

In realtà sui social network c’è chi fa notare che queste leggi sono già in vigore da tempo in Arabia Saudita. Sarah, citata dalla Saudi Gazette, sottolinea come "l'unica novità siano le multe". Noura Fuad, impiegata in un'azienda privata, non esita a manifestare i suoi dubbi per la decisione del ministero del Lavoro: "L'abbigliamento è una scelta personale, è anche una questione tra la donna e Dio e la donna deve essere libera di scegliere". Per Afnan Kokandi, 20enne impiegata nel settore privato, si tratta invece di una "scelta politica giusta perché andare a lavorare non è andare a una sfilata di moda" e "neanche a un matrimonio".

Alcuni utenti dei social media hanno suggerito che il governo di Riad invece di imporre ammende simili, dovrebbe introdurre leggi che impediscono la violenze sulle donne, mentre per altri dovrebbe esserci più attenzione nel risolvere il problema della disoccupazione femminile. Secondo dati ufficiali, nel 2013 era al 34%

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