Andrea Riccardi: “La guerra in Ucraina sta diventando eterna. Il Papa lavori a un cessate il fuoco”
La soluzione alla guerra in Ucraina può essere solo militare? E quale dovrebbe essere invece lo sforzo delle diplomazie? A un anno dall'inizio del conflitto la situazione sul campo di battaglia è di un sostanziale equilibrio: la Russia, attraverso una strategia di "attrito", sta giorno dopo giorno logorando la resistenza ucraina. Quest'ultima tuttavia continua a combattere forte non solo degli imponenti aiuti occidentali, ma anche e soprattutto della volontà di non cedere a un esercito invasore.
La pace sembra oggi più che mai un miraggio e la prospettiva più realistica è quella di un conflitto "perenne" alle porte dell'Europa, una situazione simile a quella siriana con anni di combattimenti, centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati e un Paese distrutto. Proprio per questo è necessario oggi più che mai ridare vigore al ruolo delle diplomazie, provando a ritessere quei fili tranciati il 24 febbraio dai carri armati russi.
Tra le figure che in Italia sono maggiormente titolate a parlare di diplomazia vi è Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ex Ministro della Cooperazione Internazionale e animatore di negoziati di pace in Paesi in guerra come Mozambico, Guatemala, Uganda, Guinea, Repubblica Centraficana e molti altri. Per questo la Comunità di Sant'Egidio è anche soprannominata "ONU di Trastevere". Fanpage.it l'ha intervistato nel tentativo di comprendere se ci siano ancora margini per una fine delle ostilità anche tra Russia e Ucraina. Un ruolo determinante, a questo punto, potrebbe rivestirlo Papa Francesco.
A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina qual è il bilancio del conflitto. Andiamo verso una guerra senza fine, sul modello di quella siriana, alle porte dell’Europa?
Stiamo andando verso una guerra senza fine, un conflitto che si eternizza o "perennizza": c'è un tale bilanciamento di forze sul terreno che sì, possiamo paragonare quella ucraina alla guerra siriana, seppur in "salsa" diversa. Da un lato c'è l'ammirevole resistenza ucraina, che è stata una grande sorpresa anche per i russi. D'altro lato abbiamo un fatto di cui tenere conto, ovvero che questa guerra si svolge tutta in Ucraina e il suo prezzo è pagato dal popolo ucraino: 7/8 milioni di profughi, il Paese più povero d'Europa con un'economia crollata del 30%, ospedali e scuole colpiti dalle bombe, gente affamata, milioni di uomini, donne e bambini in fuga. La situazione è drammatica: più la guerra dura, più l'Ucraina soffre.
Esiste una soluzione militare al conflitto in Ucraina?
Io non sono un esperto di cose militari, ma ricordo che il Capo di Stato Maggiore americano Mark Milley ha ripetutamente dichiarato che gli ucraini non riusciranno a vincere la guerra, e che non riusciranno a farlo neanche i russi. La soluzione militare quindi non esiste, ma contraddittoriamente si insiste solo su quella.
Tre giorni fa il presidente Biden si è recato a Kiev per una visita a sorpresa annunciando altri 500 milioni di dollari di aiuti militari. Intanto il diplomatico cinese Wang Yi è andato a Mosca ed ha dichiarato che presto la Cina presenterà una proposta di pace. Cosa ci dicono queste due missioni diplomatiche?
Il presidente Biden, dopo lo sforzo profuso dagli Stati Uniti e dall'Occidente, aveva il dovere di andare nella capitale ucraina. Quanto a Wang Yi sembra abbia presentato un piano di pace a Mosca, ma non ha ancora parlato con Kiev. Penso che l'ingresso sulla scena della Cina sia molto, molto importante, anche se i rapporti tra Pechino e Washington non sono oggi dei migliori e non sappiamo ancora come USA e Cina potrebbero intervenire in maniera "dialoghista" nel conflitto. Tuttavia il movimento diplomatico è migliore del solo scontro armato. Ripeto quanto detto mesi fa: occorre investire di più sulla diplomazia perché oggi c'è un netto squilibrio tra impegno militare e impegno diplomatico. Aggiungo poi che occorre anche un forte investimento umanitario: la mia sensazione è che gli aiuti all'Ucraina siano diminuiti e che le stesse popolazioni occidentali dopo un anno siano comprensibilmente meno sensibili a un impegno umanitario verso un paese che, invece, ne ha più bisogno.
Nel suo discorso alla nazione due giorni fa Putin ha parlato di guerra "esistenziale" per la Russia ed annunciato la sospensione del trattato nucleare New Start con gli Stati Uniti. Quella atomica è una minaccia reale o fantomatica?
Tutte le minacce sono ipotetiche finché non si realizzano. Pensiamo alla guerra nell’Ucraina stessa: gli Stati Uniti insistevano che la Russia avrebbe invaso l'Ucraina e molti sostenevano che non sarebbe mai accaduto. Poi, come un ladro nella notte, la guerra è arrivata davvero. Quanto alla minaccia nucleare non sapremo mai se sia reale o si tratti di un bluff finché la lancetta dell'"orologio dell'apocalisse" non arriverà a mezzanotte. Oggi gli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists, che gestiscono il "Doomsday Clock", ci dicono che alla mezzanotte mancano solo 90 secondi. L'annuncio di Putin di sospensione del trattato nucleare New Start con gli USA deve farci molto riflettere. Angela Merkel, che in Occidente è la miglior conoscitrice del leader russo, dice: "Putin dice quello che fa e fa quello che dice". Bisogna ricordare che la Russia è una potenza nucleare e che nelle sue riserve ha migliaia di bombe atomiche: se le sue minacce si concretizzassero l'umanità sarebbe al tracollo.
Finora l’Europa non ha condotto nessuna iniziativa diplomatica credibile per giungere almeno a un cessate il fuoco. Perché? E cosa, invece, potrebbe fare concretamente?
L'Europa potrebbe giocare un ruolo maggiore, ma ha deciso di non farlo e credo anche che non stia aiutando gli Stati Uniti e non stia sostenendo come potrebbe quei valori occidentali che invece Putin combatte radicalmente. Perché? Perché le sensibilità dei singoli Paesi europei sono diverse e, ad esempio, Francia e Polonia la pensano in modo differente su diverse questioni. Un'azione diplomatica invece ha bisogno di massima fiducia e delega. L’Europa è assente, perché ogni Stato vuol fare la sua un'azione diplomatica, ma ciascuno di essi è troppo piccolo per essere efficace. In un mondo globale, complesso e conflittuale c'è bisogno però di uno strumento flessibile come la diplomazia. L'Europa ha rinunciato ad utilizzarlo dimostrandosi una potenza economica, ma non una potenza politica.
Papa Francesco è rimasto l’unico leader mondiale a parlare di pace. Perché una parola così importante sembra essere diventata un segno di debolezza?
La Chiesa, nonostante sentimenti nazional-cattolici di taluni segmenti, è in realtà una grande "internazionale". La guerra è lacerante per una Chiesa che vive in mezzo a tanti popoli, come ha insegnato il ‘900, secolo che ha fatto dei Papi sentinelle della pace. Pio XII diceva che "nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra", mentre oggi Francesco propone addirittura l'abolizione della guerra e da tempo parla di Terza Guerra Mondiale a pezzi. Credo che negli ultimi anni in Europa sia andato in frantumi anche il dialogo interreligioso che era stato faticosamente costruito, tanto che oggi sono gli ortodossi a combattersi tra loro in una guerra fratricida. So che i nostri amici ucraini non amano questa parola, ma la verità è che essere fratelli è un dato storico/biologico, non una scelta per vocazione come sostiene la propaganda russa. Questa guerra quindi è anche un grande dramma cristiano.
È possibile un futuro ruolo del Papa per arrivare se non alla pace almeno a una tregua?
Io lo auspicherei. Purtroppo sulla tregua di Natale questo ruolo del Vaticano non è decollato: speravo che in quel pugno di giorni tra il Natale cattolico e quello ortodosso si potesse arrivare a un cessate il fuoco, seppur breve, che avrebbe fatto gustare alla popolazione civile finalmente il sapore della pace. Sarebbe stato fondamentale. "La guerra – diceva Simone Weil – trasforma anche l'uomo di buona volontà in un mercenario con le sue logiche e violenze". Quella tregua natalizia è saltata. A questo punto credo che la Santa Sede per la sua “debolezza” (perché non ha nessun interesse diretto) ma anche per la sua forza morale potrebbe avere un ruolo diplomatico. Papa Francesco è un'autorità in occidente ed è molto popolare; Putin si rifà ai valori tradizionali religiosi, sebbene la Chiesa Ortodossa abbia una visione della pace e della guerra diversa da quella Cattolica. Quindi sì, credo che Bergoglio abbia l'autorevolezza e la capacità di lavorare almeno per un cessate il fuoco. In questo quadro Sant'Egidio continuerà ad esserci con il suo impegno umanitario, e continuando a tenere legami con le popolazioni russe e ucraine.
Ci stiamo rassegnando a un futuro di guerre in Europa, dopo quasi 80 anni di pace?
Farei un passo indietro. Credo che noi paghiamo le distrazioni nei confronti delle altre guerre, ad esempio quella in Siria, che ha rappresentato il campo di sperimentazione del conflitto in Ucraina: lo stesso modo di combattere dei russi, le stesse interferenze internazionali, lo stesso impiego di armi pesanti. Siamo stati distratti, ma la guerra nel mondo globale si deve comunicare e in questo senso credo che se non fermiamo la guerra in Ucraina il rischio di un "travaso" negli altri Paesi è dietro l'angolo. Se avverrà, sarà ormai troppo tardi.