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Anche lo Yemen vicino al collasso: miliziani attaccano il palazzo presidenziale

Scontri nella Capitale Sana’a. I ribelli shiiti si sono impossessati della Tv di stato Saba. Siglato il cessate il fuoco, ma gli scontri proseguono.
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Yemen ancora nel caos. Questa mattina la Capitale Sana'a è stata teatro di violenti scontri tra le forze guerrigliere shiite Houthi e l'esercito regolare. Il teatro dei combattimenti, a quanto riportano fonti locali e agenzie di stampa internazionali, ha avuto come epicentro la zona del Palazzo Presidenziale dove, al momento degli scontri, non era presente il Capo dello Stato yemenita Abed Rabbo Mansour Hadi. Al momento non è ancora chiaro chi abbia aperto per primo il fuoco. Secondo le ufficiali dell'esercito nazionale, le milizie indipendentiste avrebbero aperto il fuoco a sorpresa attaccando dei check point presenti nella Capitale. Secondo, invece, le fonti dei miliziani – che subito dopo l'avvio delle operazioni militari hanno preso d'assalto e conquistato la sede della televisione di Stato e dell'agenzia di stampa nazionale Saba –, gli scontri sarebbero stati provocati dall'attacco a sorpresa di alcune unità dell'esercito contro postazioni sciite dando il via ai combattimenti.

La situazione, secondo quanto si apprende, è estremamente tesa e molte decine di centinaia di persone avrebbero già abbandonato la Capitale sita nella Penisola araba per cercare rifugio dai combattimenti e dalle violenze. Nadia Sakkaf, ministro delle Comunicazioni, ha affermato alla Associated Press: “Questo [attacco, ndr] è un passo verso il colpo di Stato e sta mettendo a repentaglio la legittimità del governo”.

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La situazione yemenita è vicina al collasso da tempo e, ad oggi, né le trattative con l'Onu né l'interessamento di altre nazioni alla caotica situazione politica e militare del paese hanno potuto far niente per imprimere un cambiamento di tendenza. Lo Yemen è considerato a tutt'oggi e dalla metà degli anni '70, uno dei territori con il più alto tasso di presenza terroristica internazionale. Lì, tra le varie organizzazioni presenti, ci sono i campi di addestramento di al-Qaeda e i due terroristi che hanno rivendicato la strage al quotidiani satirico francese Charlie Hebdo hanno comunicato, prima di essere uccisi dalle forze di sicurezza transalpine, di essere stati addestrati e formati per l'attacco proprio in Yemen.

I ribelli, appartenenti alla parte settentrionale del paese e che chiedono tra le altre cose la separazione del nord dal Sud dello Yemen, hanno conquistato l'anno scorso il comando della Capitale cedendolo solo grazie all'intervento dell'Onu che ha fatto siglare un accordo di pace tra i guerriglieri sciiti e le forze regolari. L'intesa prevedeva il ritiro delle truppe separatiste da Sana'a e la creazione di un governo di unità nazionale che potesse far placare le violenze e condurre ad un percorso di pacificazione tra le due fazioni in lotta. Le violenze di queste ore, purtroppo, hanno messo in evidenza come questi sforzi per mettere a tacere le armi siano stati fino ad ora vani. A quanto si apprende attraverso il canale satellitare sciita al-Maseera, i militanti Houthi avrebbero riaperto il fuoco – come detto sopra non è chiaro se abbiano attaccato per primi o meno – per contrastare la nuova bozza della Costituzione yemenita che sarebbe considerata poco equilibrata nei confronti della minoranza sciita (secondo i dati ufficiali in Yemen il 60 per cento della popolazione è di fede musulmana sunnita, mentre il restante quaranta è di fede musulmana sciita).

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Gli Houthis, che appartengono ad un credo chiamato Zaydismo, hanno organizzato nel paese rivolte costanti sin dal 2004, nel tentativo di conquistare maggiore autonomia amministrativa per la provincia settentrionale di Saada, dove rappresentano la maggioranza della popolazione. Secondo alcuni osservatori internazionali, l'obiettivo dei separatisti yemeniti sarebbe quello di ricostituire lo stato islamico Zaydi che ha governato la provincia di Saada per circa mille anni fino al 1962 (anno del colpo di Stato). Gli stessi miliziani, nel 2012, hanno rafforzato la loro presenza nel Nord del Paese attraverso numerose vittorie militari che hanno determinato la cacciata del Presidente Ali Abdullah Saleh (in carica ininterrottamente dal 1992 al 2012), generando così ulteriore caos in Yemen. Proprio pochi minuti fa il ministro dell'Informazione Sakkaf ha reso noto che è stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco, ma che al momento i combattimenti sono ancora in corso.

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