Alfie morirà come Charlie Gard: i giudici confermano l’ok per staccare la spina
Nessun ripensamento per la sorte di Alfie Evans: i giudici hanno, infatti, appena confermato la decisione, già resa nota con un verdetto lo scorso 20 febbraio, di staccare la spina al bambino, respingendo il ricorso dei genitori che volevano tentare tutto il possibile pur di salvare il loro piccolo. Alfie, 21 mesi di vita, è ricoverato dalla sua nascita in stato semi-vegetativo all'Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool per un morbo neurologico degenerativo. La sua malattia, in realtà, non è stata diagnosticata con esattezza, ma i medici che lo hanno in cura valutano le sue condizioni ormai "come irrimediabili". Vive con il sostegno assistito delle macchine che lo aiutano a respirare e alimentarsi. Di qui la richiesta ai tribunali di autorizzarli a staccare la spina. Un epilogo a cui i giovanissimi genitori, Tom Evans e Kate James, entrambi poco più che ventenni, si sono finora opposti, ma che il giudice dell'Alta Corte di Londra incaricato di redigere la sentenza sul caso il mese scorso, Anthony Hayden, ha ritenuto "nel miglior interesse del bambino", considerando ogni ulteriore tentativo come un accanimento "inclemente, ingiusto e inumano".
Resta da vedere se gli Evans vorranno provare ora la strada di un estremo ricorso a Strasburgo, dal momento che per il sistema britannico, si tratta dell'ultimo possibile grado di giudizio. La conclusione è arrivata senza sorprese, tenuto conto della consuetudine procedurale e dei precedenti recenti di casi come quello di Charlie Gard, conclusosi con la morte del piccolo dopo un dibattito che aveva acceso il Paese e l'opinione pubblica internazionale, e di Isaiah Haastrup. I genitori di Alfie sostengono che il bambino risponde ancora ai loro richiami e gesti e che quindi vadano portati avanti i tentativi di curarlo. La loro ultima speranza di salvare il piccolo Alfie quella di un ricovero lampo all'ospedale Bambino Gesù di Roma, ma non sono stati autorizzati a portare il bambino lontano da Liverpool. E per lui potrebbe, forse, essere troppo tardi.