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Elezioni USA 2024

Alan Friedman: “Voto in bilico tra Kamala Harris e Donald Trump, ma ormai l’impero USA è vicino alla sua fine”

L’intervista di Fanpage.it a Alan Friedman, giornalista statunitense esperto di economia: “Chi vince le elezioni USA tra Kamala Harris e Donald Trump? Difficile dirlo, il testa a testa è serrato. Ma qualunque sarà il risultato l’impero americano è sulla via del declino, spaccato dai propri conflitti interni”.
A cura di Ida Artiaco
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"Il risultato del voto delle prossime elezioni presidenziali Usa è in bilico ma se vincesse Kamala Harris la democrazia americana sarebbe più al sicuro. Ciò che è certo è che, chiunque arriverà alla Casa Bianca, è in atto un processo inesorabile in cui il potere degli Stati Uniti non sarà in grado di reggere un mondo più complesso e quasi senza più alcun ordine".

A parlare è Alan Friedman, giornalista statunitense esperto di economia, che in una intervista a Fanpage.it ha spiegato quale potrebbe essere il risultato delle prossime elezioni Usa, in programma il 5 novembre, quando si sfideranno Kamala Harris e Donald Trump per diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti. E tutto tenendo presente che, come ha scritto nel suo ultimo libro intitolato "La fine dell'Impero Americano" , edito da La Nave di Teseo, si va verso un nuovo disordine mondiale in cui a farla da padroni saranno dittatori conclamati e nuovi leader dispotici.

Alan Friedman
Alan Friedman

Dott. Friedman, perché nel suo libro parla di fine dell'Impero Americano?

"L'impero americano – anche se noi americani non amiamo usare questa parola – cominciato nel 1945 per caso, nel senso che gli Usa erano l'unico paese dopo la Seconda Guerra Mondiale con una supremazia politica, economica e militare nel mondo, si sta avvicinando al suo crepuscolo. La mala gestione dello stesso da parte di diversi presidenti, da Kennedy a Clinton passando per Obama, si incontra con un mondo in cambiamento in cui la Cina è in ascesa, i dittatori sfidano le democrazie, Putin ha dichiarato guerra alla democrazia occidentale e non all'Ucraina, e tutto questo insieme ci porta a un periodo in cui la leadership e il potere americano non sono più quelli di una volta. Come dice William Burns, capo della Cia che ho intervistato per il mio libro, l'America oggi non è più grado di plasmare l'ordine mondiale, oggi non è più in grado di dettare le regole del sistema mondiale".

Come si inseriscono le elezioni americane del 5 novembre in questo contesto?

"Il risultato del voto è in bilico, c'è un testa a testa troppo serrato per dire chi vincerà. Nel breve termine, se vincesse la Harris almeno – e non è poco – l'istituzione della democrazia americana sarebbe più al sicuro perché Trump vuole smantellare un sacco di riti civili e elementi della democrazia americana avendo una visione più autocratica. La vittoria di Harris aiuterebbe l'America a tenersi in piedi come democrazia, ma che vinca Harris o vinca Trump non cambia la tesi del mio libro, e cioè che c'è un lungo arco della storia, un processo inesorabile in cui il potere americano non sarà in grado di reggere un mondo più complesso e quasi senza ordine nei prossimi dieci anni. Un mondo che sarà governato dalle regole della giungla geopolitica più che da un ordine predeterminato. L'ordine mondiale governato dalla pax americana sta finendo perché gli USA sono distratti dai propri conflitti interni, un po' come è successo con la fine dell'impero romano quando Roma fu indebolita dai suoi conflitti interni. Gli Usa sono paese spaccato in due, in cui la coesione sociale non c'è più. Questo sta inevitabilmente accelerando il declino del potere americano".

C'è qualcosa che potrebbe cambiare il destino dell'uno o dell'altro candidato? Ad esempio la guerra in Medio Oriente…

"La maggior parte degli americani non è interessata alla politica estera. Importa loro solo dell'economia, ma secondo me il 99% degli americani ha già deciso per chi votare o chi non votare. Consideriamo poi che qui l'affluenza alle urne è più bassa che in Italia, siamo circa al 60%, quindi il partito degli indecisi in America e di quelli che non votano rimane quasi il 40%. Non vedo nulla che possa cambiare le sorti del voto".

Chi raccoglierà l'eredità dell'impero americano se è davvero avviato al declino?

"Non sarà Pechino da solo. In questo libro non parlo di un mondo bipolare o multipolare, ma di un mondo in cui l'istituzione della pax americana è arrugginita e in cui l'Onu e le altre istituzioni che dovevano salvaguardare la visione di un mondo liberale ormai sono o malfunzionanti o non vengono rispettate dalla maggior parte dei paesi. E ciò ci porta ad una situazione in cui stanno emergendo nuovi poteri a livello regionale come Arabia Saudita, Turchia, Iran, Brasile, Sudafrica, India. Fra Cina e India c'è una gara per chi potrebbe guidare il sud globale, per il resto tutti questi poteri che alla fine rappresentano la maggior parte del mondo non vogliono avere un rapporto monogamo con l'America, non vogliono essere pupazzi o alleati ma vogliono essere battitori liberi. Non è un caso che proprio India, Brasile e Sudafrica oggi appoggino Putin. Tutto questo ci dice che non ci sarà un nuovo ordine ma disordine mondiale. Cosa viene dopo? Gli Stati Uniti manterranno il loro potere a livello miliare ma altrove attenzione ai partiti anti Nato e pro Putin che anche in Europa stanno prendendo piede".

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