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Al Sisi: “Se l’Italia interviene in Libia rischia un’altra Somalia”

Il Presidente egiziano avverte sui pericoli di un possibile intervento armato nel Paese nordafricano da pare dell’Italia e delle altre potenze occidentali.
A cura di Antonio Palma
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Quando si parla di intervento militare diretto in Libia "bisogna tenere a mente due lezioni: quella dell'Afghanistan e della Somalia. Lì ci sono stati interventi stranieri più di trent'anni fa e quali progressi sono stati raggiunti da allora? I risultati sono sotto gli occhi di tutti: la storia parla chiaro". Così il Presidente egiziano Abdel al-Fattah Al Sisi mette in guardia l'Italia e gli altri Paesi occidentali sull'ipotesi di una missione militare nel Paese nordafricano ormai diviso tra fazioni dopo la caduta di Gheddafi. "Voglio essere molto sincero, perché l'Italia è un paese amico dell'Egitto ed entrambi siamo molto interessati alla sicurezza nel Mediterraneo. Prima di tutto bisogna chiedersi: qual è la exit strategy?" ha spiegato il leader egiziano nella seconda parte di un'intervista a Repubblica, sottolineando: "In ogni caso è molto importante che ogni iniziativa italiana, europea o internazionale avvenga su richiesta libica e sotto il mandato delle Nazioni Unite e della Lega Araba".

"Noi facciamo pressioni su Tobruk e abbiamo compiuto tutte le azioni perché quel parlamento approvi il governo unitario" ha assicurato Al Sisi confermando l'impegno del suo Paese per risolvere la situazione libica per via diplomatica pur ribadendo la disponibilità dell'Egitto a contribuire a eventuali iniziative militari internazionali. L'idea principale egiziana però sembra un'altra: quella di sostenere l'Esercito nazionale libico di Tobruk. "Ci sono risultati positivi che si possono raggiungere sostenendo l'Esercito nazionale libico. E questi risultati si possono ottenere prima che noi ci assumiamo la responsabilità di un intervento" ha ricordato infatti Al Sisi, aggiungendo: "Se le istituzioni vengono distrutte, per ricostruirle occorre molto tempo e sforzi significativi" , mentre "se forniamo armi e supporto all'Esercito nazionale libico, può fare il lavoro molto meglio di chiunque altro, meglio di ogni intervento esterno che rischia invece di portarci in una situazione che può sfuggire di mano e provocare sviluppi incontrollabili".

Secondo Al Sisi però i problema libico va visto in un'ottica più ampia perché "ci vuole una strategia globale che non riguardi solo la Libia ma affronti i problemi presenti in tutta la regione che poi possono trasformarsi in minacce alla sicurezza pure in Europa". Del resto "gli europei guardano alla Libia come se l'Isis fosse l'unica minaccia", ma per Al Sisi "è un errore grave concentrare l'attenzione solo su questa formazione" perché "bisogna essere consapevoli del fatto che abbiamo davanti sigle differenti con la stessa ideologia: cosa dire delle reti qaediste come Ansar al Islam, come gli Shabab somali fino a Boko Haram in Africa?".

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