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“Aiutatemi, mia figlia è malata”, ma era lei che l’avvelenava per aumentare i follower: arrestata influencer

Una influencer australiana di 34 anni è stata arrestata con l’accusa di tortura e sfruttamento minorile dopo aver avvelenato per mesi la sua bambina con l’obiettivo di gonfiare il numero di follower e ottenere donazioni per curare “la sua malattia”.
A cura di Ida Artiaco
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Foto da Queensland Police.
Foto da Queensland Police.

Avvelenava la sua bambina per gonfiare il numero di follower sui social network e ottenere da loro donazioni in denaro. Per questo una influencer 34enne australiana è finita nei guai: è stata arrestata con le accuse di tortura, somministrazione di veleno, produzione di materiale per lo sfruttamento minorile e frode. La storia è stata raccontata dalla BBC.

Sui social la donna raccontava di come la figlia stesse affrontando una malattia terminale. Ma gli inquirenti sono convinti che fosse stata lei ad avvelenarla per mesi. Ad ottobre scorso la piccola era stata ricoverata in ospedale per un "grave episodio", per il quale i medici, insospettiti, hanno allertato le forze dell'ordine. Sono così cominciate le indagini. Gli investigatori hanno scoperto che tra agosto e ottobre, l'influencer ha dato alla bambina diversi farmaci da prescrizione e da farmacia, senza autorizzazione.

"Non ci sono parole per descrivere quanto siano ripugnanti reati di questa natura. Mentre la bambina era sottoposta a immensa sofferenza e dolore, le ha filmato e pubblicato video sulla piccola", ha detto oggi ai giornalisti l'ispettore della polizia del Queensland, Paul Dalton.

I test per i farmaci non autorizzati hanno dato un risultato positivo a gennaio, ha sottolineato. La donna aveva raccolto 60mila dollari australiani (circa 37.300 dollari) tramite donazioni su un sito di raccolta fondi che ora sta cercando di rimborsare tutti coloro che hanno contribuito, ha specificato Dalton, per il quale "gli effetti di questa presunta frode per cercare attenzione erano potenzialmente letali, con la bambina, la cui salute fisica è ora migliorata, che si è gravemente ammalata al punto che avrebbe potuto morire".

La polizia – ha concluso – aveva indagato su altre persone per i presunti abusi, ma non c'erano prove per accusare qualcun altro. Domani la 34enne dovrà comparire davanti al tribunale di Brisbane. Dalton ha avvertito che le conseguenze delle accuse, se provate in tribunale, potrebbero essere "piuttosto gravi": la condanna per tortura prevede una pena massima di 14 anni e quella per lo sfruttamento minorile di 20 anni.

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