“AI libici non piacciono i neri, ci hanno massacrato”, i racconti choc degli abusi sui migranti
“Se cerchi di fuggire, ti sparano. Se smetti di lavorare, ti picchiano. Eravamo come gli schiavi, alla fine della giornata, ci chiudevano a chiave”, con queste parole Aimamo, un rifugiato di 16 anni del Gambia, ha descritto la sua esperienza una volta arrivato in Libia. Il drammatico racconto di questo ragazzo non accompagnato, costretto per mesi ad un estenuante lavoro manuale per mano dei responsabili della tratta di esseri umani, è contenuto nell'ultimo rapporto diffuso da Unicef e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). "Viaggi strazianti”, l’eloquente titolo del lavoro di indagine che raccoglie le testimonianze di 22mila migranti, di cui 11mila tra bambini e ragazzi. In esso emerge che fino a tre quarti (il 77%) dei minori che sono transitati sulla rotta migratoria del Mediterraneo centrale hanno vissuto esperienze dirette di abusi, sfruttamento e sono stati oggetto di traffico. Come Lovette, 16 anni, che ha lasciato la Nigeria per attraversare tutta la Libia. Senza documenti, la ragazza ha affermato di essere stata arrestata insieme agli altri migranti del suo gruppo. Rinchiusa in una cella sovraffollata, alle donne e ragazze veniva dato il cibo sono tre giorni alla settimana: se protestavano, venivano picchiate dalle guardie. Alla prima occasione, Lovette e gli altri hanno sono scappati dal centro e si sono imbarcati per l’Italia.
Minori che viaggiano da soli, senza nessuna protezione, e perciò più vulnerabili di fronte ai trafficanti e le bande criminali. Mentre tutti i migranti e i rifugiati corrono alti rischi – segnala il dossier – i bambini e i giovani sono molto più esposti allo sfruttamento e alla tratta rispetto agli adulti dai 25 anni in su. Un altro migrante della Gambia, Sanna di 17 anni, era disposto a fare qualsiasi lavoro pur di ottenere i soldi per continuare il suo viaggio. “Ma i libici a volte si rifiutavano di pagarci e se ci lamentavamo, venivano con una pistola. Non puoi fare niente, siamo stati trattati come schiavi”, ha ammesso.
Dalle interviste raccolte emerge anche un altro dato: i minori che vengono dall'Africa sub sahariana hanno probabilità molto maggiori di subire abusi rispetto a persone che si spostano da altri Paesi del mondo. La causa di questa disparità di trattamento – continua il rapporto – molto probabilmente risiede nel razzismo degli stessi contrabbandieri di esseri umani e delle milizie libiche. Christelle, una quindicenne della Repubblica Democratica del Congo, ha raccontato che, durante un controllo della polizia, gli agenti le hanno estorto del denaro. "Ai libici non piacciono i neri – ha asserito – al contrario, siamo quelli più maltrattati”. La maggior parte dei migranti e dei rifugiati che hanno attraversato la Libia continuano ad essere fortemente colpiti da illegalità, milizie e criminalità. Alieu ha 17 anni e adesso è in Italia come richiedente asilo. La sua esperienza non è stata molto diversa degli altri. Ricorda ancora il clima di violenza in Libia. "Ognuno ha una pistola – ha riferito agli operatori dell’Oim – anche i bambini, è proprio quello che mi ha impressionato di più". Gli fa eco il suo amico Abdullah, come lui del Gambia: “Sono stato a Tripoli per tre settimane e sparavano dappertutto. E’ questa la vita in Libia”. Circa 2 su 3 degli adolescenti hanno dichiarato di essere stati trattenuti contro la loro volontà nel Paese nordafricano. “Abbiamo rischiato le nostre vite per venire qui”, ha affermato Mohammad, un diciassettenne che ha viaggiato attraverso la Libia per cercare asilo in Italia. "Abbiamo attraversato il mare. Sapevamo che non era sicuro però abbiamo rischiato. O lo facevamo, o morivamo”.
“La dura realtà è che ormai pratica consueta che i bambini migranti lungo il Mediterraneo siano vittime di abusi, traffico, percosse e discriminazioni”, ha dichiarato Afshan Khan, direttore regionale e coordinatore speciale dell'Unicef per la crisi rifugiati e migranti in Europa. Dietro alla fuga dei minori dalla loro terra d’origine ci sono conflitti, guerre o violenze. Meno della metà dei giovani l’ha fatto per motivazioni economiche. Giovanissimi che, pur di accarezzare il sogno di una vita migliore in Europa, sono disposti a pagare tra i mille e i cinquemila euro. Soldi che in molti casi dovranno restituire una volta arrivati a destinazione, con il rischio di ulteriori sfruttamenti. “I fattori che li spingono a migrare sono gravi e queste persone intraprendono viaggi pericolosi pur sapendo che potrebbero costare loro la dignità, il benessere o anche la vita”, ha sottolineato Eugenio Ambrosi, Direttore Regionale dell'Oim per l’Unione Europea, la Norvegia e la Svizzera.
Il rapporto chiede a tutte le parti interessate – Paesi di origine, di transito e destinazione, l’Unione Africana, l’Unione Europea, le organizzazioni internazionali e nazionali con il supporto della comunità dei donatori – di dare priorità ad una serie di azioni. Queste comprendono: stabilire passaggi regolari e sicuri per i bambini migranti; rafforzare i servizi di protezione dei minori trovando alternative alla loro detenzione; lottare contro la tratta e lo sfruttamento ed infine combattere la xenofobia, il razzismo e le discriminazioni contro tutti i migranti e i rifugiati. “I leader dell’Unione Europea dovrebbero attuare delle soluzioni durature che comprendano percorsi migratori sicuri e legali, stabilire corridoi di protezione e trovare alternative alla detenzione di bambini migranti”, ha ribadito Khan. “Dobbiamo ravvivare un approccio alle migrazioni basato sui diritti – ha concluso Ambrosi – migliorare i meccanismi per identificare e proteggere i più vulnerabili nel processo migratorio, a prescindere dal loro status legale".
La rotta centrale del Mediterraneo si conferma la più mortifera. Secondo i dati diffusi dall'Organizzazione internazionale delle migrazioni, nel 2017 sono affogate lungo questo tratto di mare 2364 persone.