Afghanistan, Emma Bonino a Fanpage.it: “Perché non dobbiamo credere ai talebani moderati”
Emma Bonino nella sua lunga carriera politica si è a più riprese interessata direttamente del destino dell'Afghanistan, rivestendo tra le altre cariche quella di ministro degli Esteri e di commissaria Ue per gli Aiuti Umanitari. L'attuale senatrice di +Europa nel 1997 è stata anche messa agli arresti per qualche ora dai Talebani durante una missione a Kabul.
Senatrice, dopo la riconquista dell'Afghanistan da parte dei Talebani, si parla di corridoi umanitari per i profughi, è un'opzione realistica?
Non corriamo troppo. Intanto, per fare i corridoi umanitari serve l’accordo dei Talebani, non è che arriviamo con i kalashnikov e rubiamo la gente. Inoltre, dobbiamo renderci conto che la dimensione dell’esodo potrebbe essere di centinaia di migliaia di persone. Si stima che solo gli afghani che hanno collaborato con gli italiani siano quattromila, aggiungendo le famiglie arriviamo a diecimila. Quindi, ben vengano i corridoi umanitari, ma non facciamoci l’illusione che sia facile risolvere il problema.
Vede la possibilità di un'azione a livello europeo in questo senso?
Ma per favore! Proprio ieri il Consiglio dei ministri degli Esteri, con la dichiarazione finale del commissario Borrell, ha chiarito bene che l’Unione europea è disposta a sostenere i Paesi limitrofi perché si facciano carico dei profughi. Parliamo di Pakistan, Tagikisitan, Iran, etc etc. Non una parola sull’Europa o su quello che noi potremmo fare
Ci aspettano accordi simili a quelli con la Turchia, insomma? Daremo i soldi a chi trattiene i migranti?
Non sono nemmeno sicura che si farà questo.
Quale dovrebbe essere l'atteggiamento dei governi occidentali di fronte al nuovo regime in Afghanistan?
Intanto non bisogna precipitarsi a riconoscere il governo talebano come governo legittimo. Questo è esattamente quello che i Talebani cercheranno, facendo, si fa per dire, “i moderati” per qualche tempo. Io sarei molto più prudente: ricordo che nel ’98 i Talebani volevano la stessa cosa, ma siamo riusciti a stopparli, tant’è che sono stati riconosciuti solo dagli Emirati Arabi, e bene abbiamo fatto. Quindi ora serve calma, io non mi fido delle loro promesse e nessuno di noi dovrebbe fidarsi.
C'è però chi sostiene che i Talebani abbiano imparato la lezione sulle conseguenze un atteggiamento troppo radicale che porta all'isolamento internazionale
Questo lo stiamo dicendo noi. Lo dicono i Talebani? No, ce la stiamo cantando e suonando. A loro serve solo il riconoscimento internazionale, ed è proprio quello che non dovremmo dare così a scatola chiusa. Certo in queste ore si parla di amnistia e c'è il video della giornalista donna che intervista il portavoce del gruppo. Ma d'altra parte, ci sono anche le immagini di questo signore ritenuto ladro di auto che viene legato a un pickup e fatto girare seminudo per le strade. Insomma, io sull'idea dei Talebani moderati ho molte resistenze.
C'è altro che in questo momento possiamo fare per cercare di difendere, ad esempio, i diritti delle donne?
Non lo so, non ho nemmeno i dati di informazione che avrà l’intelligence per dirlo, anche se l’intelligence americana in questa situazione non ha dato grande prova di sé. Ora sono tutti sorpresi che l’esercito si è sciolto come neve al sole, ma se lo hanno addestrato loro, non se ne erano accorti? C’è da rimanere veramente esterrefatti.
L'esito della missione in Afghanistan è la sconfitta delle idee di "guerra umanitaria" e di "esportazione della democrazia"?
Non ho mai pensato che la democrazia sia un prodotto import-export, che si esporta o si cala dall’alto. Molto diversamente, si tratta di sostenere con pazienza e con un certo grado di coerenza lo sviluppo di eventuali democrazie. Ma l’Occidente non fa nemmeno quello, pensiamo alla Tunisia che abbiamo lasciato in una situazione molto difficile e traballante.
Quando, però, il presidente Biden dice che gli Usa erano in Afghanistan per sconfiggere il terrorismo nell'interesse americano e non per costruire una nazione, sembra riscrivere la storia delle guerre post 11 settembre
L’atmosfera del dopo 11 settembre era ovviamente condizionata dall’orrore e dalla voglia di ritorsione per l’attentato alle Torri Gemelle. Venti anni dopo ci troviamo in tutt’altra situazione. Io credo che cose buone in questi vent’anni siano state fatte e non dobbiamo svenderle, però di fatto aver annunciato un anno fa che saremmo venuti via, ha dato tutto il tempo ai Talebani di organizzarsi.
La scelta unilaterale del ritiro da parte degli Usa, senza consultare la Nato che guidava la missione in Afghanistan, segna il fallimento dell'Alleanza Atlantica?
La Nato ha fallito, come tutti noi, dagli Americani agli Europei. Questa è la cronaca di un disastro annunciato in cui siamo tutti coinvolti.
C'è una lezione che possiamo trarre da questa vicenda?
Avremo tempo di pensarci, intanto evitiamo di continuare con gli errori presenti: non ci precipitiamo a riconoscere i Talebani, non facciamo finta di credere che siano diventati moderati o non so cos’altro.