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Talebani a Kabul: le ultime news sull'Afghanistan

Afghanistan ai talebani, il generale italiano: “Li abbiamo illusi e lasciati da soli a metà strada”

Luigi Chiapperini, ex comandante della brigata Garibaldi con la quale ha operato in Afghanistan, in un’intervista a Fanpage.it parla degli errori commessi nel Paese che hanno portato oggi alla presa del potere da parte dei talebani: “I tempi per andarcene non erano ancora maturi, li abbiamo illusi e lasciati soli a metà percorso. Le donne saranno quelle che patiranno maggiormente e non si può escludere una guerra civile”.
A cura di Stefano Rizzuti
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La conquista del potere dei talebani in Afghanistan è arrivata ancor prima di completare il ritiro delle truppe occidentali nel Paese. Un addio che secondo il generale Luigi Chiapperini, ex comandante della brigata Garibaldi con la quale ha operato in Afghanistan, è arrivato troppo presto perché non era stato raggiunto l’obiettivo di “un Paese totalmente stabilizzato”: “I tempi non erano ancora maturi, li abbiamo illusi e lasciati soli a metà percorso”, dice il generale in un’intervista a Fanpage.it. Il ritiro, con la conseguente avanzata dei talebani, vanifica “quasi totalmente, nel breve termine”, ciò che è stato fatto in 20 anni: “La speranza è che il paese non torni ad essere un santuario per il terrorismo internazionale”, è l’auspicio di Chiapperini. Che teme, però, anche per il futuro degli afghani: “Le donne saranno quelle che patiranno maggiormente. Non vorrei essere nei loro panni nel caso in cui dovesse realizzarsi l’applicazione integrale della sharia”. E, inoltre, tra gli scenari possibili “non si può escludere una nuova guerra civile”.

Con il ritiro delle truppe dall’Afghanistan il Paese ora è sotto il controllo dei talebani: lei parla di una decisione politica e di motivi elettorali, perché? Cosa avrebbero dovuto fare gli Stati Uniti e i suoi alleati?

È stata una decisione politica in quanto gli ultimi tre presidenti statunitensi hanno mantenuto delle promesse essenzialmente elettorali non basate, come invece sarebbe dovuto essere, sul totale raggiungimento dell’End State desiderato che era quello di un paese totalmente stabilizzato. Bin Laden eliminato, Al Qaeda ridimensionata, tanti obiettivi in campo sociale raggiunti, ma i tempi non erano ancora maturi per lasciare al loro destino gli afgani. Li abbiamo illusi e lasciati soli a metà percorso.

Quali sono stati, invece, gli errori da un punto di vista militare?

L’ho scritto in un articolo sulla Rivista Militare al rientro in Patria dopo il mio impiego in Afghanistan nel 2012: il successo di costituire dal nulla forze di difesa e sicurezza locali poteva essere inficiato (e credo che lo sia stato visti i risultati) da alcune importanti carenze capacitive. Allora ne riportai alcune in campo logistico, nel supporto aereo, nell’intelligence e nel genio. Mi sento di aggiungerne a caldo altre: applicazione di procedimenti tecnico tattici “occidentali”, carenza di leadership nella catena di comando e controllo militare e scarsa stima nella classe dirigente civile. Ritengo però che per evitare di incorrere nei medesimi errori in futuro sia necessario individuare le vere cause sviluppando un ciclo di lezioni apprese molto più approfondito e scevro da posizioni ideologiche.

L’esercito afghano non era formato in maniera adeguata per contenere l’avanzata dei talebani: come mai? Cosa è mancato?

Quel che è certo è che nessuno si aspettava una avanzata dei talebani così rapida. Il completo ritiro degli occidentali ha fatto mancare oltre che punti di riferimento, alcuni assetti militari pregiati indispensabili, facendo così crollare il morale delle truppe.

Quanto successo negli ultimi giorni in qualche modo vanifica il lavoro e i sacrifici in costo di vite umane fatti negli ultimi 20 anni in Afghanistan?

Lo vanifica quasi totalmente nel breve termine. Anche se si sta parlando di un governo di transizione inclusivo, l’istituzione di un califfato non promette nulla di buono sia in campo sociale sia per la sicurezza dell’occidente. Vanifica  quanto fatto nel campo dei diritti dei più deboli e anche in campo economico. Forse pochi sanno che l’Afghanistan negli ultimi anni ha guadagnato ben venti posizioni nella classifica mondiale ONU dello sviluppo umano. Ritengo inoltre che i semi gettati durante la nostra permanenza in quello sfortunato paese potranno dare qualche frutto tra qualche anno. In questo i social saranno uno strumento formidabile in più per mantenere viva la speranza delle fasce più deboli della popolazione afgana. Ma è indubbio che laggiù il futuro prossimo non sarà roseo per molti.

Chi sono davvero oggi i talebani e cosa comporterà la loro ascesa al potere per la popolazione civile?

I talebani continuano ad essere un movimento integralista con tutte le conseguenze nefaste per noi che questo comporta. Hanno dimostrato di essere resilienti e di essere meno chiusi di venti anni fa. Hanno continuato a raccogliere ingenti introiti finanziari grazie alla produzione di oppio allacciando o rafforzando contestualmente relazioni con nazioni che per opportunismo geopolitico o contrapposizione agli USA possono fare il loro gioco, in primis Cina, Iran e Pakistan. Anche con altre realtà presenti nel paese (Al Qaeda, Rete Aqqani, Islamic State) ha rapporti non chiari e di circostanza che con la presa del potere saranno probabilmente rivisti da un posizione di forza. La speranza è che il paese non torni ad essere un santuario per il terrorismo internazionale.

Cosa succederà ora nel Paese concretamente? Scontri, repressioni, violenze e convivenze impossibili?

A livello locale non escludo regolamenti di conti con quanti hanno in qualche modo collaborato con il governo centrale e con le forze NATO. L’alternativa è lasciare il paese fuggendo all’estero. Le donne saranno quelle che patiranno maggiormente. Non vorrei essere nei loro panni nel caso in cui dovesse realizzarsi l’applicazione integrale della sharia. Infine, nel caso in cui i talebani non permettessero la nascita di un governo inclusivo, tra i possibili scenari non si può escludere una nuova guerra civile.

I talebani ora avranno in mano anche strutture e strumenti iper-tecnologici finora in mano all’esercito: sono in grado di utilizzarle? Che fine faranno tutte le strumentazioni fornite all’esercito?

Le strumentazioni iper tecnologiche cadute nelle loro mani sono poche. Si tratta di alcuni aerei ed elicotteri che senza un adeguato supporto logistico saranno in breve tempo inutilizzabili. Sono invece tantissimi gli automezzi e le armi, più facili da manutenzionare e che per qualche tempo daranno ai talebani la necessaria mobilità.

La guerra in Afghanistan era sbagliata sin dal suo principio? Era davvero impossibile vincerla e garantire una reale sicurezza al Paese?

La guerra è iniziata per motivi che forse molti hanno dimenticato: la presenza in Afghanistan del gruppo terroristico Al Qaeda e l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001. La caduta del regime talebano ha poi fornito l’occasione per assicurare alle frange più deboli della popolazione (minoranze etniche, donne, bambini) più diritti. L’Italia, come membro della NATO e della UE, non poteva sottrarsi all’impegno e ha partecipato con onore ad un conflitto che in un mondo globalizzato si deve considerare alle nostre porte. Fino al 2012, quando è terminata la fase combat delle forze NATO, tutti gli obiettivi sembravano a portata di mano. Ma oltre alle carenze capacitive delle forze locali e a una leadership deficitaria di cui ho fatto cenno, è mancata un’altra azione ancora più importante, anzi fondamentale: una vera spinta allo sviluppo economico del paese. Nei fatti, i progressi si sono visti nelle città ma non nelle province più remote. La comunità internazionale non è riuscita a migliorare la vita dei contadini che quindi hanno continuato a produrre oppio per i talebani e a non opporsi al loro ritorno in forze. Ecco perché non avremmo dovuto abbandonare il paese: venti anni, là dove per secoli hanno versato sangue per motivi etnici, tribali, religiosi, possono sembrare tanti. In realtà abbiamo lasciato il lavoro a metà illudendo quanti speravano in un futuro migliore. Ma i nostri caduti, ovunque essi siano, i nostri feriti, i nostri soldati e le loro famiglie devono essere fieri di quanto fatto. I soldati italiani non hanno mai perso una battaglia e il loro sacrificio prima o poi sarà ripagato con la riconoscenza di quella parte del popolo afgano, la maggioranza, che crede che una vita migliore possa essere vissuta.

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