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Accetta il passaggio dal marito di un’amica per difendersi da uno stalker, lui la violenta: condannato dopo 4 anni

Nel 2019, Paula Doyle è stata aggredita sessualmente dal marito della sua migliore amica, l’uomo che avrebbe dovuto proteggerla da uno stalker che continuava a inviarle messaggi anonimi. “Solo dopo ho scoperto che quei messaggi continui erano in realtà scritti dallo stesso uomo che mi ha violentata”. Dopo 4 anni, l’aggressore è stato condannato a 7 anni di reclusione.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Paula Doyle in aula, immagini da TikTok
Paula Doyle in aula, immagini da TikTok

Perseguitata con messaggi continui e video espliciti da uno sconosciuto: Paula Doyle ha raccontato al Guardian la storia di come è sopravvissuta all'aggressione di un uomo che l'ha violentata una sera di settembre del 2019.

L'allora 46enne aveva accettato il passaggio per tornare a casa da parte del marito della sua migliore amica, la donna con la quale aveva trascorso la serata presso per una festa di famiglia. Durante il tragitto per arrivare a casa, Aidan Kestell, il compagno della migliore amica di Doyle, l'ha invece aggredita sessualmente. 

"Da qualche tempo ricevevo i messaggi di un numero sconosciuto che diceva di avermi visto in giro e di volermi conoscere – ha spiegato -. Io e il mio compagno avevamo sporto denuncia e avevo molta paura di quello che poteva succedere perché lo stalker non aveva mai smesso di scrivermi, così quella sera, dopo essere stata a casa della mia amica, avevo accettato il passaggio offerto da suo marito".

Durante il tragitto però, Kestell l'ha aggredita sessualmente. "Pensavo di essere più al sicuro con lui, invece mi ha violentata. Mi ha lasciata senza vita tra i cespugli, come spazzatura".

Da una successiva indagine, Doyle ha scoperto che gli sms che riceveva erano in realtà opera dello stesso uomo che l'aveva stuprata. Oggi Kestell sta scontando una condanna a 7 anni e mezzo per stupro. Doyle invece è diventata un punto di riferimento per il Dublin Rape Crisis Centre per il quale lavora come volontaria, lavorando sulla prevenzione e sugli errori giudiziari che mettono in pericolo le vittime.

"Sto guarendo da quello che mi è successo, ma non sono più quella di prima – ha affermato -. Non voglio uscire o socializzare, non amo essere lasciata sola e ho paura del buio. Cerco di fare piccoli passi e cerco di essere paziente con me stessa. Ho pensato anche di togliermi la vita, essere qui oggi per me è un grandissimo risultato".

La donna, mamma di 5 figli, ha cercato di riprendere in mano la sua vita anche per accompagnarli nel loro percorso di crescita. "Ero molto coinvolta nella cita sociale della nostra città e in quella dei miei figli. Anche la mia migliore amica partecipava a queste attività con me, perché i nostri figli frequentavano la stessa scuola. Con suo marito invece parlavo poco, ma non pensavo che potesse essere una minaccia".

"Non ci sono parole per descrivere cosa ho provato quando ho capito cosa stava accadendo quella sera. Non riuscivo a crederci. Sono tornata a casa alle tre del mattino e sono andata a letto, ma non ho dormito con il mio compagno, mi sentivo sporca. Credevo che questa storia avrebbe distrutto la mia famiglia".

Solo giorni dopo, Doyle ha confessato l'accaduto al compagno che aveva notato comportamenti insoliti. "Guidavo male, speravo che ci fosse un incidente. Non sapevo cosa fare e come se lo avessi deciso, mi sono ritrovata davanti casa di un'altra amica. A lei ho rivelato tutto e mi ha aiutata a parlare con la mia famiglia. Mi sentivo sollevata perché non dovevo più fingere. Parlare con il mio compagno è stata la cosa più dura che io abbia mai fatto, ma dopo non sono mai stata sola".

"Mentre raccontavo i fatti alla polizia, il mio telefono continuava a squillare. Erano di nuovo quei messaggi anonimi e insieme alle forze dell'ordine li abbiamo letti. Loro hanno rintracciato il numero e hanno scoperto che era Kestell. Sono corsa in bagno a vomitare".

Per arrivare a processo ci sono voluti più di quattro anni. In tutto questo tempo, l'uomo è rimasto a casa, a tre strade di distanza da quella di Doyle. "Chiudevo tutto a chiave, sembrava una fortezza. Abbiamo installato delle telecamere di sicurezza e le tapparelle erano sempre abbassate. Non potevo portare fuori i bidoni della spazzatura o arrivare alla macchina da sola. Non volevo uscire perché questa persona sapeva dove vivo".

"Il mio compagno piangeva con me quando avevo gli incubi e i miei figli restavano svegli con me quando non dormivo. Il loro amore mi ha tenuto in vita. Sono tutti supereroi. Anche i miei cani sono stati di grande conforto. Sapevano che non stavo bene e litigavano per starmi accanto. Sentivano i miei stati d'animo e si accucciavano accanto a me in soggiorno".

Il processo è stato rinviato due volte, l'ultima nel 2023. Doyle tentò in quell'occasione di togliersi la vita. "Ho pensato che se fossi morta la mia famiglia sarebbe stata meglio, ma la verità è che i miei figli non avrebbero più una mamma. Quando ci fu quell'episodio, qualcosa è cambiato. Avevo sprecato anni in attesa di un processo, non potevo permettere a quell'uomo di farla franca. Dovevo combattere". Nel febbraio 2024, Kestell è finalmente arrivato come imputato in tribunale. Dopo 4 giorni, l'umo è stato condannato a 7 anni di reclusione.

"Non fu formalizzata l'accusa di stalking perché all'epoca dell'invio dei messaggi, questo reato in Irlanda non c'era. Video e messaggi sono stati usati come prova dell'ossessione che quest'uomo aveva nei miei confronti. La difesa le ha provate tutte, ha perfino sostenuto che il rapporto fosse avvenuto per sbaglio dopo che Kestell era caduto su di me. Il passato non può essere cancellato, accettare di non poterlo cambiare è dura, ma bisogna andare avanti. È solo una parte della storia, ma non è tutta la storia".

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