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Aborto, salta in Spagna la legge che l’avrebbe reso illegale

Un trionfo per le femministe, le donne e la società civile. In Spagna non passa la legge che avrebbe reso illegale l’aborto: si dimette il ministro della giustizia Alberto Ruiz-Gallardon che l’aveva proposta. Una sconfitta epocale per il governo Rajoy che oggi traballa.
A cura di Sabina Ambrogi
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Manifestazione a Roma contro la proposta di legge spagnola (Foto Getty Images).
Manifestazione a Roma contro la proposta di legge spagnola (Foto Getty Images).

I diritti delle donne non si toccano. Mai. Questa è la lezione che il governo conservatore spagnolo guidato dal premier Mariano Rajoy ha ricevuto dal mancato raggiungimento del consenso alla legge sull'aborto, presentata dal ministro della giustizia Alberto Ruiz-Gallardon. Il ministro, constatando il fallimento di quello che è stato un cardine delle riforme promesse da Rajoy, si è poi dimesso. Non solo ha rinunciato al seggio, ma ha annunciato le dimissioni da tutti gli incarichi nel PP, aprendo una crisi di governo in un momento chiave, in cui la Spagna è a un passo dalla sua più grave crisi di Stato sulla sfida indipendentista in Catalogna.

Il suo disegno di legge riportava le donne spagnole all'epoca franchista, ma era assai utile al Partido Popular, per tenere unito il consenso degli ultraconservatori e della chiesa. Non avevano fatto i conti con il dissenso all'interno della loro maggioranza: la figura più critica nei confronti della legge, all'interno del partito conservatore, è stata la vicepresidente del Congresso, Celia Villalobos che ha dato voce al malessere che covava da tempo.

La “contro riforma” Gallardon – che si opponeva radicalmente ad alcune modifiche operate da Zapatero in senso più liberale – era stata ribattezzata con un titolo pieno di insidie interpretative: “Legge dei diritti del concepito e della donna incinta”. Si consentiva l’aborto solo in casi di violenza sessuale (da denunciare entro 12 settimane) e quando fosse accertato il “pericolo grave per la salute fisica e psichica, purché serio e durevole”. Vietato in caso di malformazioni fetali, anche gravi. Si ripristinava il divieto per le minorenni di abortire senza il consenso dei genitori o dei tutori, i medici erano da processare in caso di aborto illegale. Per le donne veniva stabilita una sanzione amministrativa e eliminati tutti i vincoli temporali entro i quali era possibile interrompere la gravidanza. Un salto in un lontano passato, che calpestava anni di lotte e battaglie femministe, ma accolto con entusiasmo dalla chiesa spagnola e dalle associazioni Pro Life.  La minaccia di questa legge ha avuto il pregio di compattare opposizioni, associazioni di medici, ma soprattuto le donne. Così si è ritorto come un boomerang quello che doveva essere uno strumento per raccogliere voti e consensi “con il corpo delle donne” e a spese dei loro diritti. “Una vittoria della società civile” si dice oggi in Spagna.

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Spicca nella cronaca delle opposizioni più infuocate la storia di El Tren de la Libertad: un comitato permanente che ha tenuto vivo il dibattito tra donne e uomini di tutte le estrazioni sociali, di tutte le professioni incluse soprattuto quelle dell'audiovisivo. L'obiettivo era dare vita e forma a un documentario collettivo, “Yo decido” che le rappresenta nella giornata di manifestazione mondiale a sostegno delle spagnole. Così il sostegno collettivo del 24 gennaio scorso quando tutto il mondo manifestava contro quella legge rendendo universalmente impopolare il governo Rajoy, oggi, è un documentario presente in rete e proiettato nelle sale di tutto il mondo.

Chi ha partecipato alle manifestazioni di sostegno ha inviato filmati: da Londra, da Roma, da Buenos Aires, o da Parigi in cui si è riversato un fiume impressionante di cittadini con l'attuale sindaco Anne Hidalgo in testa, e lo slogan ripetuto come un mantra “ Yo decido”. Io decido. Il materiale video è stato poi montato da professioniste. Si riportano interviste, gente riversa in strada, cartelli, slogan, balli.

Yo decido” oltre al suo valore intrinseco, è un modello nuovissimo di auto rappresentazione attraverso l'audiovisivo, diffuso grazie ai social network, che ha avuto, alla luce di quanto accaduto, un risultato travolgente. E' difficile quantificare il peso di questa manifestazione e del progetto ma ne ha avuto senza dubbio uno. Così le partecipanti del Tren de la libertad hanno annunciato “La democracia a vuelto al pueblo” (La democrazia è tornata al popolo) e “Un final feliz y un viaje tan emocionante. Me siento afortunada de haberlo compartido y haber vivido la sensación de unidad y lucha común” (un finale felice e un viaggio emozionantissimo. Mi sento fortunata di averlo condiviso e di aver vissuto la sensazione unica di unità e lotta comune”.

Ma è anche un'altra vittoria. Questa opera collettiva e finanziata con il crowfundig si tratta della migliore obiezione allo stereotipo che rappresenta le donne che si azzuffano tra loro. “Catfigting” lo chiamano molti media, e sono in genere gli stessi pronti a mettere in questione i diritti delle donne. Diffidare sempre da chi non le racconta unite.

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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