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“Aborto e diritti delle donne, così Kamala Harris può vincere contro Donald Trump”: l’analisi dell’esperto

L’analisi di Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana sulle elezioni USA dopo il ritiro di Biden: “Con Kamala Harris i democratici hanno una strada per la vittoria contro Trump. Potrà puntare sull’elettorato femminile, a disagio con una figura come l’ex tycoon su temi come i diritti della donne e l’aborto”.
Intervista a Mattia DIletti
docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana
A cura di Ida Artiaco
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"Con Kamala Harris i democratici hanno una strada per la vittoria contro Trump, cosa che sembrava impossibile con Biden. Potrà puntare sull'elettorato femminile, a disagio con una figura come l'ex tycoon su temi come i diritti della donne e l'aborto. Ma anche l'anti-trumpismo è un fattore importante".

Così Mattia Diletti, docente della Sapienza Università di Roma ed esperto di politica americana, autore del libro "Divisi. Politica, società e conflitti nell’America del XXI secolo" in uscita il prossimo settembre, a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione sulle prossime elezioni presidenziali USA, all'indomani dell'annuncio di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca, dopo settimane di pressione da parte dei leader del partito democratico e di una parte dell'elettorato, e di indicare come possibile sostituta la sua vicepresidente, Kamala Harris. Se sarà lei a vedersela con Donald Trump il prossimo 5 novembre si scoprirà solo a fine agosto con la Convention dem di Chicago. Ma gli analisti sono già al lavoro.

Dott. Diletti, secondo lei cosa ha spinto Biden a ritirarsi? 

"Va prima di tutto preso in considerazione l'elemento politico, con una pressione costante nel suo campo, quello democratico, che andava aumentando. In quelle condizioni di mancanza di unità e di sondaggi a sfavore, un candidato è condannato a non farcela. Io credo che alla fine Biden non sia del tutto convinto della scelta che ha fatto ma realisticamente si è reso conto che non era possibile continuare la corsa con questo clima interno. Il dibattito con Trump di fine giugno è stato il momento di passaggio definitivo. Bisognerà poi scrivere con gli storici il perché di un passaggio che poteva essere fatto in modo più intelligente e prima anche politicamente".

In che senso?

"Si poteva probabilmente ragionare prima sulla capacità del presidente in carica di stare nella competizione contro Trump con qualche mese di anticipo. Poteva essere politicamente una splendida favola, con il presidente che fa da ponte tra le generazioni di democratici e salva il paese da catastrofi pesanti, perché alla fine ha attraversato il Covid e ha fatto in modo che l'economia reggesse anche se ci sono problemi reali come l'inflazione. Ci sono dei motivi politici che non hanno reso possibile questo scenario, sia di valutazione di Biden e del suo staff ma anche degli altri candidati democratici. Tuttavia, nessuno ha posto la questione perché avrebbe aperto conflitti molto seri dentro il partito e in tanti hanno preferito lo status quo".

Kamala Harris potrebbe farcela a diventare la candidata dei dem?

"Che lei diventi la candidata sembrerebbe molto probabile per una serie di fattori. Io ho l'impressione che in questo momento ci siano due tendenze nel partito democratico: da un lato quella di sostenerla subito in modo tale da mettere immediatamente in moto la macchina elettorale, con endorsement anche importanti, tra cui quella della sinistra del partito, di Ocasio Cortez, dei Clinton e delle minoranze; dall'altro ci sono figure come Nancy Pelosi e Barack Obama che in questo momento ci tengono a che il partito democratico esprima un processo virtuoso, che venga fatto rispettando anime, gruppi e sensibilità diverse all'interno dei dem, giocando da vecchi padri e madri del partito".

Eppure lei è stata molto criticata negli ultimi 4 anni da vicepresidente…

"Paradossalmente il fatto che sia stata un po' nascosta rispetto a Biden non le ha fatto male. Nel senso che in questo momento è – soprattutto al grande pubblico – una sconosciuta e questo elemento di novità può essere una carta utile per rovesciare il tavolo. Sono state dette due cose su di lei: la prima è che non ha saputo gestire il dossier dell'immigrazione – ma è una delle cose più spinose e difficili che si possa fare -, la seconda è che dal 2022 ha cominciato a parlare di diritti delle donne e di aborto dopo la sentenza della Corte Suprema. Lì ha la sua forza: il fatto che l'elettorato femminile, che è molto a disagio con una figura come Trump, può avere un sollievo nell'avere un donna candidata. Ricordiamo che sempre nel 2022 il tema dell'aborto è stato importante per le elezioni di metà mandato permettendo ai democratici di cavarsela.

Volendo fare una sintesi possiamo dire che i Repubblicani hanno più strade – dobbiamo sempre ricordare che le elezioni americane si vincono facendo la giusta sommatoria di stati – per arrivare alla vittoria ma Kamala Harris ha un percorso che le può permettere di vincere, che con Biden sembrava impraticabile. È difficile ma una strada per la vittoria c'è, poi bisognerà fare tutta la campagna, si dovrà capire anche quanto Trump riuscirà a mobilitare i democratici contro se stesso. Anche l'anti-trumpismo è un fattore importante. Lui non è un candidato popolare, è molto amato dalla sua fanbase ma non lo è in assoluto".

Si parla tanto anche di Michelle Obama e della governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, come possibili candidate. Il partito si sta organizzando intorno alle figure femminili?

"Michelle Obama è sempre tirata in ballo dai giornali italiani ma io non ci credo tanto. Lei si è sempre detta contraria ad un suo impegno diretto in politica e poi è anche finita l'epoca delle dinastie. Ci sono 3 gradi famiglie che hanno quest'aurea nobiliare, cioè i Clinton, i Bush, gli Obama e anche i Trump ma si vuole interrompere da parte democratica questa modalità di riproduzione dei gruppi dirigenti. E lei non si è mai spesa per avere un ruolo politico come ad esempio fece la Clinton. La Whitmer è un personaggio che funziona bene mediaticamente e in stati che sono decisivi per la vittoria delle elezioni. Non so se sarà la scelta come vice, potrebbe essere una scelta audace avere due donne ma credo che la decisione dipenderà molto dai sondaggi. Un altro nome che si fa è quello di Shapiro, governatore della Pennsylvania, la cui nomina a vice potrebbe essere decisiva trattandosi di uno stato in bilico che regala tanti grandi elettori. Sarà ad ogni modo una figura scelta con grande cura".

Il passo indietro di Biden potrebbe agevolare i dem e preoccupare Trump?

"Trump deve essere preoccupato. Prima di domenica sera c'era una parabola discendente che sembrava inesorabile, adesso è cambiata la narrazione. Per un mese si parlerà dei democratici che con un colpo di scena holliwoodiano hanno ripreso la scena dopo il fallito attentato all'ex tycoon. Kamala Harris va un po' meglio di Biden nei sondaggi, ma c'è ancora tanto terreno da conquistare. Si è aperto uno spazio, molti dem sono contenti e spingono verso la sua candidatura. La percezione è quella di un partito motivato".

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