Gli argomenti sul sesso che abbiano risonanza e intervento pubblico in Italia, oggi, riguardano unicamente questioni di diritti – concessi o negati – per chi ha orientamenti omosessuali. Ultima prova ne è l'organizzazione della manifestazione a Roma del Family act da parte di Ncd. Pertanto interventi di informazione capillare su questioni sessuali, provenienti dal ministero dell'Istruzione e o della Salute, nelle scuole sono pertanto sempre falliti e hanno trovato resistenze trasversali il cui sottotesto è: non è che finite col dirci che omosessuale è normale?
La cosa non è priva di ricadute. Ma che ne sanno gli insegnanti e chi opera nel settore dell'educazione – dalla prima infanzia fino all'adolescenza – delle abitudini sessuali dei minori? Hanno le competenze per non confondere un comportamento sessuale normale con un segnale di disagio, e viceversa? E cosa è sessualmente normale, e cosa patologico?
In genere, si rimette questo tipo di educazione alle famiglie che a loro volta si aspettano che siano le scuole a fare qualcosa creando un ristagno di ignoranza, omissioni, tabù e superstizioni con ricadute pesanti per la salute dei giovani. In Inghilterra, alcuni giorni fa, Sanità e ministero dell'Istruzione hanno approvato congiuntamente “le linee guida del sesso” per educatori e per chi ha a che fare con bambini o adolescenti. Nel documento – e partendo dalla fotografia della realtà esistente – si assegnano tre luci – verde, gialla e rossa- a una lista di comportamenti sessuali, suddivisi per fasce di età, giudicati “normali” (luce verde), da tenere sott'occhio (gialla) o da far seguire da specialisti (rossa).
Il punto che ha però fatto reagire molto i parlamentari inglesi più conservatori è stato quello che considera “normale” per i 13-17enni “consentire sesso orale o penetrazione a una persona di un altro o dello stesso sesso che sia della stessa fascia d'età e sviluppo sessuale”. In sostanza sostengono che quelle sono azioni da scoraggiare e non da considerare “normali”. L'argomento principale era che poiché in Inghilterra l'età del consenso sessuale è 16 anni, si stava così incoraggiando qualcosa di illegale.
Ma non avremmo bisogno anche noi di qualcosa di simile, che aiuti a leggere – senza ipocrisia – le abitudini sessuali degli adolescenti e aiuti gli educatori a orientarsi, senza pregiudizi ? Se un educatore avesse a disposizione strumenti giusti di valutazione potrebbe ad esempio anticipare una violenza sessuale su un coetaneo o capire le conseguenze di abuso, anche tenendo conto i diversi orientamenti, anzi dato per scontato che esistano.
Enrico Nonnis (neuropsichiatra infantile, primario e responsabile dell'unità operativa "Area della Tutela della Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva" di Roma) dice :
Non sono particolarmente favorevole che dall'alto si suggeriscano criteri per definire comportamenti sessuali. Quando si inizia a normare e categorizzare, automaticamente, si esclude qualcosa, quindi si delimita e si restringe il campo del sesso che deve essere invece l'area della libertà degli individui. Comunque, in Italia un documento come quello inglese sarebbe inconcepibile perché ci sarebbe subito un ‘risveglio' etico: figurarsi parlare così esplicitamente di abbracci, baci e rapporti sessuali. C'è stato un tentativo iniziale di ‘educazione sessuale' durante la grande ondata dell'HIV . Ora si fanno attività isolate, qua e là. Resta sempre però, ad esempio, la questione dell'epatite e di tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili. Oltre alla ricadute di una cattiva educazione, sulla questione delle gravidanze delle giovanissime che ha dall'altra parte regioni con il 90% di obiettori di coscienza.
Quali problemi sessuali si riscontrano oggi tra i più giovani?
R.: I più ricorrenti sono quelli relativi all'identità di genere. Comunque che c'è molta più libertà noto sono molto più “casti” rispetto agli anni'60 e '70, ma sono spesso ignoranti: in molti casi non è mai arrivata nessuna informazione. Anche se è difficilissimo generalizzare in Italia perché i comportamenti sono molto differenziati e variano a seconda delle aree del paese, delle regioni, del livello culturale, dell'influenza religiosa etc.".
Le questioni “etiche” impediscono quindi una sana vita sessuale tra giovani?
R.: Credo che l' “educazione sessuale” sia uno strumento obsoleto. Quello che mi pare funzioni invece, e che noi abbiamo usato con molto successo in due scuole romane, è la peer education. Alla lettera “educazione tra pari”. Lo abbiamo fatto per la questione del ‘bullismo', come è stato ad esempio il caso del ragazzo napoletano, che si è trattato di uno stupro vero e proprio, fatto da bulli. L'educazione tra pari eviterebbe quindi di arrivare ‘dall'alto' a dire cosa sia giusto o sbagliato, o dare informazioni importanti che rischierebbero di essere respinte perché dette in modo troppo scientifico. Invece così si formano delle persone ‘simili' per fasce e appartenenza culturale ai destinatari dell'intervento, in modo da creare delle misure ad hoc, in sintonia. E' il modo migliore per far circolare informazioni.
Ancora una volta la parola passerebbe alla politica e alla capacità di fornire le condizioni di rete necessarie anche per una “peer education”.
R.:La politica ad oggi però sembra solo terrorizzata dalla famiglia ‘omosessuale' e dal giudizio della Chiesa.