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A Singapore revocato il divieto di possedere gatti nella case popolari

A partire dal mese di settembre i residenti delle case popolari di Singapore potranno richiedere una licenza per il possesso di gatti: finora era illegale e si rischiavano multe molto salate.
A cura di Davide Falcioni
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Sembrerà strano, ma esiste un luogo nel mondo in cui la presenza dei gatti negli appartamenti è illegale. Si tratta di Singapore, piccolo Paese del sud-est asiatico in cui dall'ormai lontano 1989 vige una curiosa legge secondo cui è proibito tenere felini nelle abitazioni di edilizia pubblica, dove vive l’80 per cento dei circa 5,5 milioni di abitanti.

Ebbene, dopo una consultazione con i cittadini durata diversi mesi l’agenzia governativa che gestisce i servizi veterinari ha deciso di modificare il regolamento in questione. Attualmente chi alleva un gatto in una casa popolare a Singapore rischia una multa fino all’equivalente di 2.700 euro, anche se in realtà la norma viene applicata quasi esclusivamente in caso di proteste da parte dei vicini, e i gatti sono generalmente tollerati dalle autorità. Solo il 12% delle persone interpellate nelle consultazioni si è detto totalmente contrario alla possibilità di tenere gatti nelle case: tutte le altre si sono dette favorevoli alla possibilità di averne almeno uno.

Le nuove regole prevedono che a partire dal primo settembre del 2024 i proprietari di gatti potranno chiedere una licenza per i propri animali: si potranno chiedere fino a due autorizzazioni, ma chi ha già più di due gatti ne potrà chiedere una sola per tutti i suoi animali. Per ottenere la licenza i proprietari dovranno partecipare a un corso di formazione online, e ai gatti dovrà essere impiantato un microchip identificativo.

La sterilizzazione degli animali sarà incoraggiata, ma non obbligatoria: l’agenzia dei servizi veterinari di Singapore ha fatto sapere che a seconda dei dati rilevati nei prossimi due anni potrebbe valutare se renderla necessaria. Saranno invece sterilizzati e sarà impiantato un microchip ai cosiddetti “gatti di comunità”, cioè quelli senza un unico padrone, di cui si prendono cura diverse famiglie.

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