“A Rafah centinaia di migliaia di bambini disabili, malati e malnutriti. Evacuarli è impossibile”
"Rafah è la città dei bambini. I 600mila minori che vi abitano hanno subito ripetuti sfollamenti. Sono feriti, malati, malnutriti, hanno subito traumi psicologici impressionanti, spesso hanno perso i loro genitori e vagano completamente soli. Quella che questi bambini e ragazzi stanno attraversando è una catastrofe di dimensioni epocali". A dirlo, intervistato da Fanpage.it, il portavoce di UNICEF Italia Andrea Iacomini all'indomani dell'annuncio da parte dell'esercito israeliano di un imminente attacco su larga scala a Rafah, la città palestinese dell'estremo sud della Striscia di Gaza nella quale, dopo i bombardamenti seguiti agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, hanno trovato riparo oltre 1,4 milioni di persone, circa la metà delle quali sono bambini e bambine.
Ieri l'esercito israeliano ha lanciato sulla popolazione di Rafah centinaia di migliaia di volantini chiedendone l'evacuazione: un'operazione materialmente impossibile nell'arco di pochi giorni non solo perché, come ripetutamente affermato dall'ONU, a Gaza non esistono luoghi sicuri, ma anche per le condizioni del terreno e soprattutto per quelle di uomini, donne e bambini. È Iacomini a fornire qualche dato che restituisce meglio di qualsiasi altra considerazione la drammaticità della situazione: "La premessa è che a Rafah, dove prima della guerra vivevano 250mila persone, oggi vivono 1,4milioni di persone, ovvero circa 20mila persone per chilometro quadrato, il doppio di New York".
Ottomila bambini rischiano l'imminente morte per fame
Circa la metà della popolazione ammassata a Rafah è composta da minori: "Vivono in tende e altri alloggi di fortuna. E i numeri da considerare sono spaventosi: almeno 65mila bambini avevano una disabilità pre-esistente, sono costretti su sedie a rotelle, sono ciechi, sordi o affetti da patologie mentali. Altri 78mila bambini hanno meno di due anni, e di questi 8mila rischiano l'imminente morte per fame. A Rafah, inoltre, 175mila bambini sotto i cinque anni, ovvero 9 su 10 in quella fascia d'età, hanno contratto malattie infettive dopo essere stati costretti a dissetarsi con acqua marina e acqua inquinata e ad alimentarsi mangiando radici". Come si può pensare di evacuare una tale moltitudine di minori sofferenti in pochi giorni? In questo quadro nelle ultime ore l'esercito israeliano ha occupato il valico di Rafah e sta impedendo l'ingresso alla città non solo agli osservatori delle Nazioni Unite, ma anche agli aiuti umanitari, già in precedenza largamente insufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione. "Ai problemi fisici – aggiunge Iacomini – vanno aggiunti quelli inerente la salute mentale: almeno 300mila bambini hanno visto e vissuto l'orrore".
"I leader mondiali devono fermare questa catastrofe"
Rafah è dunque un inferno sulla terra e gli 1,4 milioni di palestinesi che lì sopravvivono sono appesi alla speranza che venga raggiunto un accordo che, oltre a un cessate il fuoco, intensifichi l'ingresso dei camion contenenti cibo, acqua e medicinali. La trattativa tra Hamas e Israele è ancora in corso e una risposta definitiva potrebbe arrivare nei prossimi giorni, un tempo di cui rischiano di non disporre molti bambini: "Da padre – aggiunge il portavoce di UNICEF Italia – mi chiedo cosa penseranno i miei figli quando in futuro leggeranno sui libri di storia quello che sta accadendo". Per questo, come UNICEF, "abbiamo fatto ripetuti appelli ai leader mondiali affinché impediscano che questa catastrofe peggiori. Oggi, alla vigilia delle elezioni europee, è importante che gli elettori esprimano il loro voto a favore di leadership orientate alla pace, un valore da inseguire a ogni costo.
"Quello che si è scatenato dopo il 7 ottobre 2023 – conclude Iacomini – sta causando danni irreversibili a un'intera generazione di bambini sia israeliani che palestinesi. Questo è un dato di fatto: questi minori hanno subito traumi importanti. Hanno visto i loro genitori uccisi, hanno visto le bombe sulle proprie abitazioni, hanno assistito a mutilazioni e partecipato a continui sfollamenti. Hanno vissuto il peggio del peggio. Senza fare nessuna considerazione di parte: quello che sta accadendo a centinaia di migliaia di bambini palestinesi e israeliani dovrebbe interrogare le classi dirigenti globali. Nessuno di loro meritava di vivere dentro questo incubo".