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Guerra in Ucraina

“A Putin la guerra piace, l’Europa imparerà a sopravvivere”. Parla Pavlovsky, ex consigliere dello Zar

“Nessuno vuole trattare, Mosca cercherà l’escalation”. Ma dalla Cina “no alle atomiche”. E in Russia non ci sarà “nessuna rivolta”.
A cura di Riccardo Amati
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Allo stallo sul campo di battaglia corrisponde l’impasse diplomatica: “Nessuno cerca davvero la pace”. Ed è un bel guaio, perché al presidente russo “piace fare il generale”. Se la guerra continua, “punterà alla escalation”. Parola di uno che Putin lo conosce bene. Gleb Pavlosky è stato suo consigliere per undici anni, a partire dal primo mandato nel 2000. Dissidente nell’Unione Sovietica, “tecnologo politico” – termine da lui coniato – nella Federazione Russa, è lo spin doctor che più di altri ha creato il personaggio del nuovo Zar. Lasciò il Cremlino per disaccordi sull’opportunità di perpetuarne il regno. Da allora è critico nei confronti del regime. "Putin non è più un leader ma solo un capo”, dice. Ritiene che la Russia sia capace di portare avanti la guerra “a lungo” e che il morso delle sanzioni farà danni ma non provocherà rivolte né al vertice né tra la popolazione, date le caratteristiche del sistema. Intanto, l’inazione delle cancellerie, perse dietro ai sogni e agli interessi particolari dei governi che rappresentano, rende la situazione “molto pericolosa per tutti”. L’Europa “può solo rimetterci” e rischia di sprofondare “in una economia di sopravvivenza” . Fanpage.it ha raggiunto Pavlovsky via Skype nella sua casa di Mosca.

Putin si è infilato in una trappola, in Ucraina? 

La trappola sono le sanzioni contro la Russia e la sua economia. Che saranno revocate solo alla fine delle ostilità, non tutte e non immediatamente. È una trappola a doppio meccanismo. Ogni azione militare russa provoca la reazione europea, con sanzioni da parte dell’Ue e delle aziende private. Così è impossibile per la Russia raggiungere una vera vittoria: anche quando non viene sconfitta sul campo, la Russia perde. Ma anche l’Europa risente pesantemente delle sanzioni che ha imposto.

Come reagisce uno come Putin se è messo alle corde?

Non mi pare che sia alle corde. È vero che in Ucraina non è riuscito a realizzare lo scenario afghano con la cattura del presidente (nel dicembre 1979, dopo l’invasione dell’Afghanistan le forze speciali sovietiche assassinarono il leader democratico Hafizullah Amin per sostituirlo col filo-russo Barak Karmal, ndr). Ed è vero che la guerra è penosamente in stallo: la Russia non riesce a ottenere risultati decisivi per una svolta. A Putin però fare la guerra piace. Vuole sovrintendere lui stesso alle operazioni militari. E un politico che vuol fare il generale è sempre un pericolo. Per come è fatto Putin, cercherà una escalation. Soprattutto se si sentirà costretto all’angolo.

Questa potrebbe diventare una Terza guerra mondiale, una guerra nucleare totale? Il Cremlino sembra psicologicamente pronto. Ci sono state tante dichiarazioni in merito, solo in parte poi smentite. 

Sciocchezze. Sbandierare la propria follia per influenzare il nemico è parte itnegrante della propaganda. Ma il Cremlino non potrebbe innescare un conflitto nucleare neanche se volesse. Se non altro perché glielo impedirebbe la Cina, diventata un alleato imprescindibile per Mosca. La Cina vuole essere la maggior potenza del mondo. Non vuole distruggerlo. E certo impedirebbe che lo facesse la Russia. Se ci sarà una escalation, sarà convenzionale.

La Russia non si riaprirà alla diplomazia?

Mi pare che il maggior problema sia che oggi non ci si pensa minimamente, alla diplomazia. Né al Cremlino né altrove. I diplomatici sembrano essere in vacanza o impegnati a fomentare la guerra. Russia, Ucraina, Europa, Usa: nessuna della parti coinvolte si è seriamente dedicata alle trattative.  È l’aspetto più pericoloso della situazione attuale. Abbiamo detto di Putin, a cui piace fare il  generale. D’altra parte, Zelensky difende il suo Paese e lo sta facendo molto bene. Tanto che crede di poter vincere. Cosa ridicola, contro una potenza nucleare. E anche questo è un

pericolo. Nemmeno l’Europa sembra interessata a porre fine alla guerra. Forse spera di eliminare  la minaccia russa una volte per tutte. Come gli Usa probabilmente sognano di ridimensionare Mosca. Così i pericoli si sommano.

E il conflitto continua. Ma Mosca può permettersi una guerra lunga?

Può. Perché la Russia non è un vero e proprio stato, ma un sistema di potere fondato sulla passività della popolazione. Che non si sente coinvolta dalla guerra, non ne ha paura e può guardarsela in televisione come se fosse una serie tv.

Se la popolazione è passiva, potrebbe essere la élite vicina al potere a ribellarsi e sostituire Putin? 

Il sistema rende impossibile questa eventualità. Se qualcuno esautorasse Putin il regime crollerebbe travolgendo gli stessi successori. Perché Putin per la popolazione rappresenta l’identità nazionale. Questa è la sua forza. Ogni ribellione di palazzo creerebbe sconvolgimenti insostenibili per i ribelli.

Quando le sanzioni cominceranno davvero a mordere, i russi forse diventeranno meno passivi. È proprio da escludere una rivolta di popolo?

L’effetto delle sanzioni si farà certamente sentire sui consumi e quindi sulla vita della gente comune. Ritengo che avverrà entro la fine dell’anno. Ma non ci sarà alcuna rivolta. In Russia vige un rapporto molto particolare fra il governo e la popolazione. Io lo definisco un accordo commerciale. Che esiste da 30 anni. È stato raggiunto ai tempi della presidenza di Yeltsin. Oggetto dell’accordo è la sopravvivenza. Le autorità garantiscono alla popolazione la sopravvivenza, intesa come la possibilità di andare avanti senza pretendere grandi cose e curandosi dei fatti propri – come è tipico nella mentalità russa. Non si garantisce la crescita, non lo sviluppo, non la modernizzazione, ma solo la sopravvivenza. In cambio, i russi accettano di non interferire negli affari dell’establishment. È un pessimo affare, soprattutto per la popolazione. Ma funziona. La società è completamente depoliticizzata. Risultato: Putin non può mobilitare il Paese a sostegno della guerra, non può arruolare in massa i cittadini. Ma questi ultimi non escono in strada a protestare contro il conflitto e contro il governo. L’accordo agisce in entrambe le direzioni.

Quanto è cambiato il presidente dal 2011, quando lei se ne andò dal Cremlino?

Oggi Putin è una persona completamente diversa. Il processo di  cambiamento va avanti da molto tempo. Almeno da quando lasciò temporaneamente la presidenza a Medvedev per fare il premier, nel 2008.  Da quel momento iniziò a perdere qualità importanti. Prima era un uomo razionale, interessato all’opinione pubblica, empatico. Poi ha iniziato a peggiorare come leader. È diventato solo un capo. Si è ideologizzato, leggendo pessimi libri di Storia. Un tempo non era così. Per questo è arrivato a prendere la decisione di attaccare l’Ucraina. E la decisione l’ha presa da solo. Nessuno del suo entourage avrebbe mai iniziato questa guerra. Era un’ipotesi improponibile. La guerra l’ha voluta Putin.

Come andrà a finire questa crisi?

E cruciale trovare il modo di fermarsi, di smettere di sparare. Fin quando non accadrà, saranno guai per tutti. Putin conterà su una escalation. Non nucleare, ma che potrebbe coinvolgere altri Paesi oltre all’Ucraina. E la Russia sarà squassata dalle sanzioni. Kyiv, dal canto suo, continuerà a sognare un’impossibile vittoria su Mosca, e dovrà rinviare i tempi della ricostruzione. Zelensky si troverà alle corde almeno quanto Putin. E anche l’Europa ha tutto da perdere: vedrà sconvolti i parametri fondamentali della sua economia e si ritroverà ad affrontare il concetto di sopravvivenza che vale per la Russia. È una brutta situazione. Meglio trovare una soluzione diplomatica. Magari imperfetta e raffazzonata, ma rapida. E poi si potrà discutere di chi è il più cattivo.

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