A Paiporta, tra auto e case soffocate dal fango. Gli abitanti di Valencia: “L’acqua trascinava via la gente”
Sei ruote di un camion emergono dall’acqua marrone lungo il “barranco de Chiva”, è un camion capovolto, la cabina sommersa. Se c’è un autista non si vede, non si può vedere. Il “barranco de Chiva” è il nome con cui gli abitanti di Valencia chiamano il canale che, dalle montagne, sfocia nel Mediterraneo passando dall’Albufera di Valencia. Ora sentirlo nominare mette i brividi. I danni che ha provocato con la sua esondazione sono impressi negli occhi dei residenti.
Paiporta è uno dei comuni più colpiti dalla Dana, qui al momento si contano 60 vittime, ma i garage sono pieni d’acqua e fango e si teme ci siano ancora persone intrappolate all’interno.
“L’acqua trascinava via la gente, forse le ha portate qui, forse no. Non lo sappiamo” dice Jesus mentre indica l’ingresso dell’ascensore che porta al garage, nerissimo, con un’alta linea di fango che circonda le pareti. “Guarda il pavimento dell’ascensore è lì, l’acqua mi arrivava a un metro, forse due. Guarda il pavimento è lì, l’acqua qui” Jesus punta il dito sulla linea di fango, gli arriva all’altezza del mento.
Per arrivare a casa di Jesus bisogna passare il pont Nou, non ha più le ringhiere, l’acqua gliele ha strappate via. Al di sotto un campo di guerra: tra lo spesso strato di fango emergono diverse auto, alcune coperte fino alla portiera, altre dentro profonde voragini e altre ribaltate nei punti più improbabili.
Il segugio dell’unità cinofila della Protezione Civile si addentra tra quelle carcasse, si cercano altre vittime. In totale se ne contano 205, i dispersi almeno 1.900.
Nel centro di Paiporta membri della polizia militare spagnola e personale dell’UME (Unità Militare d’Emergenza) si districano tra il fango per aiutare la popolazione. Sono pochi e sparsi.
Sul pont Nou una lunga serpentina di volontari oltrepassa la sponda, vengono dai paesi attorno Valencia, protagonisti della “macchina della solidarietà” che, a detta dei cittadini, si è attivata ben prima degli aiuti ufficiali.
“L’esercito da queste parti è arrivato dopo 72 ore. Siamo devastati”: Alexandra è provata, ha gli occhi gonfi e non riesce a trattenere le lacrime quando ricorda il “barranco de Chiva”: “La parte di fiume dietro quest’argine ha inondato fino a qui, saranno stati 2 metri d’acqua” la linea di fango che indica raggiunge quasi il primo piano, “la corrente era fortissima”, si ferma un secondo e conclude descrivendo questi giorni. “Resistendo, rimanendo e desolati. La parola è desolati”.