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A Madrid suona l’adunata delle destre europee sulla scia di Trump: così vogliono conquistare il Vecchio Continente

Esaltati dalla vittoria di Trump negli Usa, a Madrid si sono trovati i leader delle destre europee per celebrare il partito Patriots. Tutti al grido della Reconquista, questa volta dell’Europa.
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La vittoria di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti è stata un tonico per l'estrema destra europea, che ora spera di replicare nel Vecchio Continente le fortune dell'ondata reazionaria che attraversa altre parti del mondo e che in Europa è già applicata nei governi di singoli Stati come l'Ungheria o l'Italia, o nelle opposizioni a governi democratici come in Spagna. Proprio nella capitale spagnola le estreme destre europee, dichiaratamente schierate con il neoeletto presidente americano, hanno celebrato ieri la loro manifestazione del partito Patriots, ospiti del leader di Vox Santiago Abascal.

L’iniziativa convocata attorno allo slogan Mega, l’anagramma europeo del Make America Great Again, ha contato sulla presenza di diversi leader dei paesi europei, dal portoghese André Ventura di Chega all’eurodeputata greca Afroditi Latinopolou, dall’olandese Geert Wilders del Partito della Libertà all’estone Martin Helme e al polacco Krzysztof Bosak; in video, la venezolana dell’opposizione María Corina Machado, Herbert Kickl futuro primo ministro dell’Austria e l’argentino Javier Milei. Quattro i protagonisti principali dell’evento, seduti l’uno a fianco dell’altro al centro della prima fila della platea: il leader della Lega e vicepresidente del governo italiano Matteo Salvini, il primo ministro ungherese Victor Orbán, l’anfitrione Abascal e la francese Marine Le Pen presidente del Rassemblement National.

Tutti al grido della Reconquista, che "tanto piace agli spagnoli – sottolinea Abascal – ricordati come il muro in Europa contro l’islamismo", si ritrovano uniti in difesa della famiglia tradizionale: "Un uomo, una donna, un padre, una madre e tanti figli", contro la "marea dilagante" rappresentata dal fenomeno migratorio, in opposizione all’Unione europea che "sembra ancorata al passato", intrisa di "fanatismo climatico, eccesso di regolazione e ingerenza nell’impresa privata e pressione ideologica sugli Stati membri", come si legge nel comunicato redatto e diffuso la sera precedente.

Salvini, in dolcevita scuro sotto la giacca, si gode il suo momento di notorietà internazionale, normalmente ad appannaggio della presidente del governo italiano Giorgia Meloni. Esordisce in spagnolo, rivendicando la vittoria giudiziaria nel processo intentato in Italia contro di lui da Open Arms per sequestro di persona: "Ha perso Pedro Sánchez e la Ong di sinistra. Bye bye Pedro, bye bye Open Arms". Quindi si scaglia contro l'Europa che "vuole decidere per noi cosa mangiare, che auto guidare. Il gender non è Europa".

Marine Le Pen, presentata come la futura presidente francese, sottolinea che l'elezione di Trump non è solo un fatto di alternanza al potere, perché "siamo in un momento di cambio mondiale". Poi parla del fiasco della politica energetica europea e del rifiuto del patto sull’immigrazione.

Orbán, che chiude gli interventi degli oratori, dedica gran parte del suo discorso ad Abascal. Forte della sua lunga presenza al governo e ancor più all’opposizione, ricorda che il cammino che porta al successo è la sofferenza, "Ma voi – dice rivolto al leader di Vox – avete sofferto abbastanza, quindi è tempo per andare al governo". Quindi parla della sua Ungheria, diventata "un laboratorio politico della conservazione", "nessun migrante illegale può entrare in Europa attraverso le nostre frontiere". "Per colpa di Bruxelles, l’economia europea sta affondando. Ma oggi noi siamo il mainstreaming, siamo il futuro".

Dopo circa un paio d’ore, le conclusioni toccano ad Abascal. Il leader di Vox, che è anche presidente di Patriots, ultimamente non ha vita facile nel suo partito, molte sono state le dimissioni di dirigenti di peso che lo accusano di una gestione personalista e accentratrice. Ciò nonostante, i sondaggi continuano a vaticinarne un'importante crescita elettorale. Nella destra spagnola la concorrenza col Partido Popular è fortissima, ma non possono fare a meno l'uno dell0altro se vogliono ambire al governo del paese.

Nel suo intervento conclusivo, Abascal disegna così le alleanze internazionali: "Sánchez sta con Maduro e Hamas; Feijóo sta con Von der Leyen e noi stiamo con voi". "Non cerchiamo un leader all’esterno, ma siamo contenti di avere Trump al nostro fianco nella battaglia per la libertà". "Il dazio più grande – sottolinea in relazione con una delle minacce del presidente americano che maggiormente preoccupa – è il patto verde dell’Europa". "Il mondo sta cambiando in meglio, l’Europa sta cambiando in meglio. La grandezza dell’Europa è la grandezza delle sue nazioni", conclude.

Il governo spagnolo denuncia che la manifestazione di ieri organizzata da Vox a Madrid prova quanto le sue politiche siano prese di mira dalle estreme destre come obiettivo da battere. A cominciare dalla memoria democratica.

La scorsa settimana, infatti, i franchisti spagnoli hanno reagito alla campagna del governo per celebrare l’inizio della democrazia e della libertà in coincidenza col cinquantenario della morte del dittatore Franco, con un manifesto denominato "Plataforma 2025". Firmato tra gli altri da Antonio Tejero, autore del tentato colpo di Stato del 23F del 1981, dal leader dell’associazione di estrema destra Manos Limpias e dal presidente della Fundación Francisco Franco, il manifesto è una difesa piena dell’operato del dittatore, "un uomo buono", che garantì "una prolungata e prospera pace".

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Elena Marisol Brandolini, giornalista, laureata in Economia, con un master in Diritti del lavoro e un dottorato in Relazioni Internazionali ha lavorato come ricercatrice economica, sindacalista della Cgil e dirigente nella pubblica amministrazione. Da corrispondente dalla Spagna e attenta ai paesi del Sudamerica, ha collaborato con l’Unità, Il Fatto Quotidiano e Radio3Mondo. Scrive su Il Messaggero, il Manifesto, Domani e la rivista East West.
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