A Gaza aiuti insufficienti nonostante il cessate il fuoco: “Così qui la gente continua a morire”
“Al 31 gennaio 2025, circa 7.926 camion di aiuti sono entrati nella Striscia di Gaza in 11 giorni dall'inizio del cessate il fuoco. Questi camion hanno trasportato scorte di cibo, tende e carburante, ma le quantità sono insufficienti a soddisfare le crescenti esigenze della popolazione”, racconta Rita Baroud, giornalista di Gaza, raggiunta telefonicamente da Fanpage.it. “Nei primi giorni del cessate il fuoco, la media giornaliera di camion di aiuti era compresa tra 630 e 915, ma questo numero è diminuito significativamente nei giorni successivi”, continua la collega adesso sfollata a Deir Balah.
Lei non tornerà a casa, perché la sua casa nel Nord della Striscia è stata rasa al suolo. “La ricostruzione di Gaza richiederà decenni, e abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale. Adesso Gaza non esiste più. La gente continua a morire, solo qualche giorno fa Israele ha bombardato un camion uccidendo un bambino. Dall’inizio della tregua 60 persone sono state ammazzate e più di cento ferite”.
A Gaza, nonostante il cessate il fuoco, gli aiuti che entrano non sono sufficienti, il costo dei prodotti è alle stelle e gran parte del cibo che da mesi era bloccato al di la del valico di Rafah, adesso è andato a male.
"Al nord la gente sta ancora morendo di fame", continua Baroud, "i prezzi sono altissimi ed è quasi impossibile riuscire ad avere soldi liquidi perché le banche non esistono più. Al sud è un po' meglio perché ci sono più prodotti, ma ci fanno pagare anche l’ossigeno che respiriamo. In più tanti di noi sono spaventati di tornare indietro al nord perché stanno ancora esplodendo le mine inesplose, ce ne sono tantissime".
Mentre Gaza è sommersa dalle macerie e la Cisgiordania raccoglie le vittime degli ultimi bombardamenti a Jenin, il neopresidente eletto alla Casabianca Donald Trump sospende temporaneamente tutti i programmi di assistenza estera, mettendo in discussione il ruolo degli Stati Uniti come principale donatore globale per i progetti di cooperazione internazionale.
“C’è un chiaro tentativo di minare la cooperazione internazionale non soltanto tramite la campagna diffamatoria mondiale, come quella che abbiamo già visto nei confronti dell’UNRWA, ma anche sospendendo di fatto la possibilità di portare avanti il nostro lavoro”, spiega Meri Calvelli, la capo missione di ACS (Associazione di Cooperazione e Solidarietà) in Palestina. Lei dal 7 ottobre 2023 è stata costretta a bloccare tuti i progetti che dirigeva a Gaza e in Cisgiordania.
Quindici mesi e tre settimane è il tempo trascorso dallo stop dei finanziamenti italiani ai progetti di cooperazione in Palestina. Un arco di tempo che ha coinciso con una delle crisi umanitarie più grandi del nostro tempo. La crisi di Gaza ma anche quella della Cisgiordania, a cui il Governo italiano ha risposto chiudendo i rubinetti ai progetti, sia quelli d’emergenza che quelli destinati allo sviluppo.
“Ancora oggi non ci è stato fornito nessun motivo ufficiale dietro la scelta del Ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani di bloccare ogni progetto di italiano in Palestina", dichiara ai microfoni di Fanpage.it Meri Calvelli, la capo missione di ACS (Associazione di Cooperazione e Solidarietà) in Palestina. “L’8 ottobre 2023 la cooperazione italiana ci ha avvisato che tutti i progetti che erano già stati approvati, finanziati, implementati, sarebbero stati bloccati. Da allora non ci è mai stato concesso di farli ripartire, neanche adesso che è stato raggiunto il cessate il fuoco", continua la cooperante.
Si tratterebbe di 10 progetti di emergenza approvati dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo (AICS) nel 2023 per interventi di emergenza e di sviluppo a favore della popolazione palestinese per un totale di 4.550.766,00 euro che sono stati bloccati in seguito al 7 ottobre 2023, su volontà del Ministero degli Esteri.
“Uno di questi – continua Calvelli – era lo smantellamento di una delle tante discariche abusive a Gaza, un progetto chiamato "dreaming the future" e implementato da ACS. Era già stato approvato e finanziato, avevamo già comprato anche il materiale necessario, che è ancora bloccato a Ramallah”.
Nel marzo 2024, inoltre, il Ministero degli Affari Esteri ha stanziato fondi per un totale di 2.000.000 di euro assegnati ad AICS per l’attivazione di un’ulteriore iniziativa di emergenza, ma nessun bando ad oggi è stato pubblicato ed i fondi rimangono non attribuiti.
“La situazione a Gaza ma anche nella Cisgiordania occupata è sul lastrico, oltre a noi anche i nostri partner locali sono senza stipendio da ottobre 2023, i pochi aiuti che siamo riusciti a dare sono stati mandati grazie a donazioni private, ma la situazione non può andare avanti così – denuncia la donna – si tratta di un territorio che è in perenne stato di emergenza, e non dal 7 ottobre ma da decenni. Adesso oltre i progetti sul campo sono saltate tutte le procedure di cooperazione internazionale, non esiste più nessun accordo persino tra le università palestinesi e quelle italiane, sono stati bloccati tutti i visti di lavoro degli expat, tutte le Ong che da anni erano ufficialmente registrate in Italia, Israele e a Gerusalemme per decisione delle autorità israeliane dovranno nuovamente registrarsi. Tutto il settore umanitario e per lo sviluppo è saltato, il che significa rompere relazioni internazionali che non permettono più di avere – se non a Israele – rapporti con l’estero. Questo negli ultimi 15 mesi è stato un disastro ma lo sarà ancora di più dopo, se e quando si dovesse raggiungere un cessate il fuoco permanente”.
“Il Governo italiano ha stanziato diversi milioni di euro”, denuncia AOI (associazione delle ONG italiane), “ed ha avviato una campagna di raccolta fondi per il programma ‘Food for Gaza', sulla cui operatività non sono stati diffusi dati specifici. Le organizzazioni italiane della società civile, tra le poche entità ancora operative all’interno della Striscia di Gaza, hanno più volte fornito la propria disponibilità per veicolare aiuti, sempre nel rispetto delle condizioni di sicurezza e antiterrorismo, ma ad oggi non vi è stato da parte del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale nessun riscontro in merito”.
Dalla Striscia però il grido d’aiuto va ben oltre la disponibilità economica dei paesi terzi, negli ultimi minuti di connessione con Fanpage.it Rita Baroud ci tiene a specificare: “I media internazionali si focalizzano sugli aiuti materiali, ma la gente a Gaza ha bisogno di aiuto per ricostruire la propria anima più delle proprie case, ha bisogno di aiuto per trovare i più di 40.000 dispersi sotto le macerie, per salvare i circa 100.000 feriti, ha bisogno di aiuto per far evacuare i più di 30.000 casi gravi ancora bloccati qua dentro”.