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A 13 anni beve cioccolata al bar e muore per shock anafilattico: “Barista avvertito ma non ha capito”

La ragazzina britannica era allergica ma nel locale londinese le è stata data cioccolata con latte. “Il personale dovrebbe sempre sapere cosa c’è dentro ogni cosa. Se il barista avesse seguito la procedura, sicuramente non saremmo in questa situazione” ha dichiarato la mamma dopo la fine dell’inchiesta.
A cura di Antonio Palma
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"Resto sveglia la notte a chiedermi se avrei potuto evitare la sua morte" è la straziante confessione di Abimbola Duyile, madre di una ragazza britannica di 13 anni morta per shock anafilattico poche ore dopo aver bevuto un sorso di cioccolata al bar l'8 febbraio dell'anno scorso. L'inchiesta sul tragica morte della minore si è conclusa solo nelle scorse settimane e ha stabilito che la 13enne è morta a causa della "mancata osservanza delle procedure in atto per le allergie" e di una "mancanza di comunicazione" tra il personale della caffetteria e la madre di Hannah.

La ragazzina infatti era allergica al latte ma il locale dice che nessuno lo aveva comunicato. La mamma ha dichiarato di aver ordinato due cioccolate calde alla soia e di aver chiesto al personale di pulire le attrezzature che stavano utilizzando ma gli addetti del locale nella zona est di Londra negano di essere stati informati dell'allergia della tredicenne.

L'inchiesta ha accertato che la cioccolata calda potrebbe essere stata preparata con latte vaccino e alla signora Duyile non è stato mostrato alcun menu in cui era riportato l'elenco degli ingredienti della bevanda. L'autopsia ha accertato che la ragazzina è morta in seguito a una reazione allergica scatenata da un ingrediente presente nella sua cioccolata calda.

"Tutti devono cambiare i propri metodi. Il personale dovrebbe sempre sapere cosa c'è dentro ogni cosa. Dovrebbe essere una cosa di base comune. Ogni singola persona nei ristoranti e bar deve saperlo" ha dichiarato la madre della ragazza, chiedendo inoltre che ristoranti e bar specifichino chiaramente le allergie quando prendono le ordinazioni e che venga segnalata meglio la presenza di allergeni sui prodotti.

"Se il barista avesse seguito la procedura, sicuramente non saremmo in questa situazione. La maggior parte delle notti resto sveglio pensando che forse c'è qualcosa che avrei potuto fare diversamente… magari portando con me un EpiPen" ha detto la donna alla Bbc, chiedendo alle autorità locali di avviare corsi per insegnare a tutti come usare l'EpiPen.

In una dichiarazione, un portavoce della catena di bar ha affermato: "Abbiamo una formazione e procedure rigorose in materia di allergie per contribuire a ridurre al minimo il rischio per i clienti che soffrono di allergeni, tuttavia, concordiamo con la conclusione del medico legale secondo cui quel giorno il nostro processo per la rilevazione degli allergeni non è stato seguito presso il nostro negozio partner in franchising".

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