La formula esecutiva e il titolo esecutivo
Il creditore per poter recuperare quanto dovuto dal debitore deve ottenere un atto giudiziario (sentenza, decreto ingiuntivo) che accerti il suo credito.
Accertata, con l'atto giudiziario, l'esistenza del credito, prima di poter materialmente iniziare l'esecuzione forzata (recupero coattivo del credito, in assenza di adempimento spontaneo) occorre che il provvedimento giudiziario diventi esecutivo (provvisoriamente o definitivamente) solo dopo che il provvedimento giudiziario è diventato esecutivo sul medesimo documento potrà essere apposta la formula esecutiva, primo passo per l'inizio dell'esecuzione forzata.
Deposito in tribunale dei documenti necessari per l'esecuzione forzata
Ad onere del creditore procedente, il titolo esecutivo, il precetto, il pignoramento in base al disposto dell'art. 518, 543, 557 cpc, devono essere depositati in tribunale per la formazione del fascicolo dell'esecuzione.
Questi sono gli oneri formali a carico del creditore che inizia la procedura esecutiva.
Intervento di altri creditori nell'esecuzione
Può capitare che un unico debitore abbia numerosi creditori e che tutti i creditori siano interessati ad iniziare un'azione esecutiva per recupera quanto dovuto, come può anche capitare che per una serie di motivi un creditore abbia notizia dell'azione esecutiva intrapresa da altri creditori e decide di intervenire nell'esecuzione già iniziata da altri creditori.
E' lo stesso legislatore che regola l'intervento dei altri creditori nell'esecuzione iniziata da uno di questi (499 cpc) il motivo che giustifica l'intervento è evidente: non ha senso iniziare molteplici esecuzione forzate quando un unico procedimento esecutivo può portare al soddisfacimento di tutti i creditori.
Però, non sempre un'unica procedura esecutiva può essere sufficiente a soddisfare tutti i creditori (procedenti ed intervenuti) ecco, quindi, che sorgono contestazioni e vengono poste eccezioni in relazione all'ammissibilità formale e sostanziale degli interventi, poiché escludere anche uno solo dei creditori dall'esecuzione significa aumentare le possibilità degli altri di essere pagati.
Si tratta di contestazioni che sorgono soprattutto in sede di distruzione del ricavato dell'esecuzione.
Oneri formali a carico dei creditori che vogliono intervenire nell'esecuzione forzata
L'art. 499 cpc non indica tra i documenti da depistare per l'ammissibilità dell'intervento il titolo esecutivo, però, per non mettere creditore procedente e creditore intervenuto in due posizioni diverse (più vantaggiosa quella dell'intervenuto) occorre elaborare un principio generale per il quale il creditore che promuova l'esecuzione forzata o vi intervenga sulla base di un titolo esecutivo (e quindi con la facoltà di darvi impulso), ha l'obbligo di depositare agli atti del processo esecutivo il titolo esecutivo (in originale) e dunque, laddove si tratti di titoli giudiziali, la copia del provvedimento regolarmente spedita in forma esecutiva ai sensi dell'art. 475 c. p.c.
Tale principio si evince anche dalla prescrizione di cui all'art. 557 c.p.c., dettata per il creditore pignorante ma certamente estensibile al creditore che, intervenendo sulla base di titolo esecutivo, acquisisce una analoga posizione processuale.
È sempre fatta salva la possibilità per il giudice dell'esecuzione di autorizzare la sostituzione del titolo esecutivo con una copia conforme, ai sensi dell'art. 488 c.p.c.: la citata disposizione però precisa che l'originale del titolo esecutivo va sempre prodotto a richiesta dallo stesso giudice.
Mancato deposito del titolo esecutivo nel termine assegnato dal giudice dell'esecuzione
Ovviamente, nulla esclude che il giudice dell'esecuzione possa assegnare al creditore intervenuto un termine per il deposito dei titoli in originale.
Nel termine eventualmente fissato dal giudice dell'esecuzione per la produzione dei titoli posti a base dell'intervento (se titolato) devono essere prodotti gli originali degli stessi e dunque, trattandosi di titoli giudiziali, va depositata la relativa copia del provvedimento regolarmente spedita in forma esecutiva ai sensi dell'art. 475 c.p.c., e ciò anche nell'ipotesi in cui sia stata in precedenza autorizzata la sostituzione di esso con una copia conforme ai sensi dell'art. 488, comma 2, c.p.c., in quanto costituisce preciso onere del creditore procedente o del creditore intervenuto titolato provvedere al deposito del titolo esecutivo fatto valere in executivis, e detto titolo deve essere prodotto in originale agli atti della procedura esecutiva, per restare acquisito al fascicolo processuale, quanto meno nel momento in cui essa si conclude con il provvedimento di assegnazione delle somme dovute, salva la possibilità di restituzione (previa sostituzione con copia conforme) da parte dello stesso giudice dell'esecuzione, laddove sussistano giusti motivi, e cioè laddove il titolo stesso richieda ulteriore attività esecutiva.
In mancanza della produzione, nel termine assegnato dal giudice, degli originali dei titoli esecutivi azionati, il creditore intervenuto avrebbe dovuto quindi essere escluso dal progetto di distribuzione.
Esecuzione soddisfattiva per il creditore e sorte del titolo esecutivo
E – a meno che ricorrano particolari motivi che giustifichino il mantenimento del possesso del titolo da parte del creditore, anche dopo la definizione del processo esecutivo – la produzione del titolo in originale deve di regola essere richiesta dal giudice dell'esecuzione almeno in sede di riparto.
Costituisce infatti principio generale del processo di esecuzione forzata, sotteso a quello di cui all'art. 476 c.p.c. (secondo il quale la spedizione in forma esecutiva del titolo può avvenire una sola volta, salvo che ricorrano giusti motivi; a fortiori il principio vale poi per i titoli di credito, anche in forza degli artt. 66 legge cambiale e 58 legge assegni), che il titolo esecutivo vada depositato dal creditore che lo fa valere, resti acquisito agli atti del processo esecutivo in caso di assegnazione satisfattiva in favore dello stesso creditore e non possa essergli restituito, se non ricorrano giusti motivi (e cioè se esso non richieda ulteriore attività esecutiva, e quindi debba essere depositato agli atti di una nuova legittima procedura esecutiva).
Cass. civ. sez. III del 25 maggio 2017 n 13163
Aggiornamento: Conferma Cass., civ. sez. III, del 27 gennaio 2017, n. 2044
Nel processo esecutivo, il termine per la produzione della prova del credito e del relativo privilegio non è un'arbitraria invenzione del giudice che conferisce la delega, né tanto meno del delegato (a meno di contrarie espresse disposizioni nel provvedimento di delega), né una vessazione imposta al creditore, ma si ricava dal sistema come una doverosa attività di sua cooperazione volta ad evitare un abuso, mirando a rendere possibile ed ordinata l'attività processuale: sicché, elasso il termine di produzione dei documenti richiesti il giudice o il suo delegato redige il progetto di distribuzione senza tener conto delle ragioni non suffragate dalla documentazione necessaria.
Resta del pari salva, in applicazione di principi generali dell'ordinamento, desumibili ex art. 153 cpv. cod. proc. civ., l'ipotesi di impossibilità incolpevole di rispetto di quel termine, come pure ogni questione sull'utile esercizio del potere di revoca dei propri provvedimenti da parte del giudice dell'esecuzione.
Nell'espropriazione immobiliare, legittimamente il progetto di distribuzione prescinde dalle ragioni di credito per le quali il creditore non abbia prodotto i necessari documenti giustificativi entro il termine a tale scopo fissato – in estrinsecazione della potestà prevista dagli artt. 484, 175 e 152 cod. proc. civ. – dal giudice dell'esecuzione o – in mancanza di contrarie espresse disposizioni nel provvedimento di delega – dal professionista delegato, riferendosi l'eccezionale facoltà prevista dall'art. 566 cod. proc. civ. al solo atto originario di intervento nella procedura e non a tutte le successive attività incombenti ai creditori, che abbiano assunto la qualità di interventori o in quella originaria succedano per cessione della ragione di credito. (Cass., civ. sez. III, del 27 gennaio 2017, n. 2044)