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Esecuzione degli obblighi di fare e l’impugnazione dell’ordinanza 612 cpc

La Cassazione del 23.3.2017 n. 7402 ha stabilito che l’ordinanza ex art. 612 cpc (esecuzione obblighi di fare) che illegittimamente ha risolto una contesa fra le parti in ordine alla portata del titolo esecutivo, non è mai considerabile come una sentenza decisiva di un’opposizione all’esecuzione e, dunque, impugnabile come una sentenza, ma dà luogo (anche qualora in essa si siano liquidate le spese giudiziali) alla conseguenza che la parte interessata può tutelarsi introducendo il giudizio di merito ex art. 616 cpc.
A cura di Paolo Giuliano
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Esecuzione di un obbligo di fare o non fare ex art. 612 cpc

L'esecuzione forzata non è diretta solo a recuperare crediti (di denaro), ma anche a permettere la realizzazione coattiva di ogni tipo di sentenza come, ad esempio, la sentenza che condanna alla realizzazione di un muro di confine o alla riparazione di un terrazzo di copertura.

Questo tipo di condanne rientrano nell'ambito degli obblighi di fare la cui esecuzione forzata è regolata dall'art. 612 cpc secondo il quale quando si vuole ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna di un obbligo di fare (o non fare) dopo la notificazione del precetto, si deve chiedere al giudice dell'esecuzione (4) che siano determinate le modalità dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione provvede con ordinanza.

La ratio di tale disposto normativo diventa chiaro nel momento in cui si nota che la sentenza di condanna (di solito) contiene solo l'indicazione (generica) dell'obbligo da eseguire (ad esempio si condanna tizio alla riparazione del terrazzo di copertura di un appartamento), ma la sentenza non individua, le modalità tecniche con le quali eseguire l'opera, e, certo, in assenza di un adempimento spontaneo del debitore, l'esecuzione materiale dell'obbligo non può essere lasciata alla discrezionalità del creditore.

Ecco, quindi, che il creditore è costretto a rivolgersi al Giudice dell'esecuzione per l'individuazione delle modalità necessarie con le quali eseguire l'obbligo di fare e per individuare le persone che materialmente devono eseguire tale obbligo.

La natura dell'ordinanza ex art. 612 cpc e il rapporto con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 615 cpc e 616 cpc

E' possibile che l'ordinanza che chiude il procedimento ex art. 612 cpc non si limiti all'individuazione delle mere modalità tecniche con le quali eseguire la sentenza di condanna ad un obbligo di fare, ma decida altri aspetti relativi alla sentenza (come la portata del titolo esecutivo), in queste ipotesi sorgono due questioni. a) come contestare l'ordinanza, b) quale è il rapporto tra l'ordinanza ex art. 612 cpc e l'opposizione ex art. 616 cpc.

In realtà non si tratta di problemi autonomi, indipendenti e separati, ma di due facce della stessa medaglia perché l'individuazione del rimedio esperibile conto l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione provveda ai sensi dell'art. 612 c.p.c. esorbitando dai limiti propri dell'esercizio del relativo potere determina il rapporto tra 612 cpc e regime delle opposizioni ex art. 615 e 616 cpc (e viceversa).

Tesi del ricorso immediato in appello

Secondo una prima ricostruzione che interpreta in modo ampio l'art. 612 cpc questo non riguarda solo la contestazione relative alle mere modalità esecutive dell'obblighi di fare, ma comprende anche le contestazioni relative alla portata del titolo esecutivo.  

Di conseguenza, in tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, il provvedimento con cui il giudice determina le modalità dell'esecuzione, ancorché emesso in forma di ordinanza  ove dirima una controversia insorta fra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva intrapresa, ha natura sostanziale di sentenza per il suo contenuto decisorio sul diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, cioè su una opposizione all'esecuzione ex art. 615 cpc, proposta dall'esecutato o rilevata d'ufficio dal giudice, ed è pertanto impugnabile con l'appello.

L'appello sarebbe possibile a condizione, naturalmente, che l'ordinanza formalmente emessa ai sensi dell'art. 612 cpc nella sostanza assuma caratteri di decisorietà, altrimenti, l'impugnabilità come sentenza in senso sostanziale deve  negarsi e deve riconoscersi carattere soltanto ordinatorio al provvedimento 612 cpc.

Ricostruzione della fase sommaria e a cognizione piena

In tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare,  qualora si assuma che il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione ha provveduto sulla richiesta di determinazione delle modalità dell'esecuzione, ancorché emesso in forma di ordinanza  abbia in realtà risolto una controversia insorta fra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva intrapresa, così decidendo su un'opposizione all'esecuzione introdotta nell'ambito del procedimento, non è impugnabile con l'appello sull'assunto che abbia natura sostanziale di sentenza decisiva dell'opposizione, ove il provvedimento stesso non abbia chiuso il giudizio davanti al detto giudice, bensì, non avendo fissato il termine per l'iscrizione della causa a ruolo previsto dall'art. 616 c.p.c., è suscettibile di una richiesta di integrazione a questo scopo ai sensi dell'art. 289 c.p.c., oppure può essere seguito da una diretta iniziativa di iscrizione a ruolo della parte interessata.

Posto che  l'ordinanza ex art. 612 cpc non è appellabile (salva l'ipotesi di chiusura del procedimento con la statuizione sulle spese), se l'ordinanza ex art. 612 cpc nulla dice sulla continuazione del giudizio di opposizione ex art. 616 cpc è suscettibile di una richiesta di integrazione con la fissazione del termine per l'iscrizione a ruolo dell'opposizione, oppure può essere seguito dall'iniziativa della parte interessata di iscrivere a ruolo la causa.

La motivazione di tale tesi può essere individuata in una diversa ricostruzione del  rapporto tra 612 cpc e 616 cpc e sul fatto che è innegabile che le contestazioni sull'esecuzione possono riguardare anche il titolo e non solo le modalità esecutive.

Infatti, nell'esecuzione degli obblighi di fare la struttura dell'opposizione all'esecuzione si articola in una fase sommaria (612 cpc) ed una fase a cognizione piena (616 cpc) da iniziarsi nel temine concesso dal giudice dopo l'esaurimento della prima ed in difetto di concessione del termine introducibile comunque dalla parte interessata, condurre ad una soluzione nuova.

Di conseguenza, l'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 612 cpc che illegittimamente abbia assunto il carattere oggettivo di risoluzione di una contesa fra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva intrapresa e dunque abbia esorbitato dal profilo funzionale dell'istituto ex art. 612 cpc, non è mai considerabile come una sentenza decisiva di un'opposizione all'esecuzione e, dunque, impugnabile con il mezzo di impugnazione della sentenza che decida una simile opposizione, ma dà luogo — e ciò anche qualora in essa si siano liquidate le spese giudiziali — alla conseguenza che la parte interessata, assumendo il provvedimento carattere di decisione soltanto sommaria, consideri l'ordinanza come definitiva della fase sommaria di un'opposizione all'esecuzione e, pertanto, possa tutelarsi introducendo un giudizio di merito ex art. 616 c.p.c.

Cass. civ. sez. III del 23 marzo 2017 n 7402

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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