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Esami di Maturità 2024

Esame di Maturità 2019, una poesia da Ossi di seppia di Eugenio Montale nella simulazione

L’analisi di una poesia di Eugenio Montale, premio Nobel per la Letteratura nel 1975, è la seconda traccia dopo Pirandello alla simulazione dell’esame di maturità 2019. I versi fanno parte della raccolta “Ossi di seppia” pubblicata nel 1925 da Piero Gobetti e sono una delle opere più famose del grande poeta.
A cura di Redazione Cultura
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Un ritratto di Eugenio Montale
Un ritratto di Eugenio Montale
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Una poesia da "Ossi di seppia" di Eugenio Montale è una delle opzioni per gli studenti che in queste ore stanno simulando la prova d'esame di analisi e commento di un testo letterario. I versi appartengono alla poesia "L'agave sullo scoglio", della sezione "Meriggi e Ombre" all'interno della più famosa silloge poetica di Montale, "Ossi di seppia", edita nel 1925.

Ossi di seppia di Eugenio Montale

La raccolta "Ossi di seppia" fu pubblicata, nel 1925, a Torino, per le edizioni gobettiane di "Rivoluzione liberale". In questa fase della sua produzione poetica, Montale non ha ancora articolato complessi progetti letterari, la raccolta appare più come un insieme di liriche messe insieme in maniera poco strutturata, progettualità in cui Montale – premio Nobel per la Letteratura nel 1975 –  si lancerà successivamente nelle opere della maturità.

Esame di maturità 2019: una poesia di Montale da Ossi di seppia

Questa lirica di Eugenio Montale è inclusa nella quinta sezione, "Meriggi e ombre", della raccolta "Ossi di seppia". Come ci dice la traccia della simulazione d'esame, a cui è associata la possibilità di scegliere un brano tratto da "Il fu Mattia Pascal" di Luigi Pirandello, "la solarità marina del paesaggio e il mare tranquillo, al più un po’ mosso, della raccolta si agita in Meriggi e ombre fino a diventare tempestoso ne "L’agave su lo scoglio", percorso dal soffiare rabbioso dello scirocco, il vento caldo di mezzogiorno." Ecco gli straordinari versi del grande poeta italiano:

O rabido ventare di scirocco che l’arsiccio terreno gialloverde bruci; e su nel cielo pieno di smorte luci trapassa qualche biocco di nuvola, e si perde. Ore perplesse, brividi d’una vita che fugge come acqua tra le dita; inafferrati eventi, luci-ombre, commovimenti delle cose malferme della terra; oh alide ali dell’aria ora son io l’agave che s’abbarbica al crepaccio dello scoglio e sfugge al mare da le braccia d’alghe che spalanca ampie gole e abbranca rocce; e nel fermento d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci che non sanno più esplodere oggi sento la mia immobilità come un tormento.

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