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Eredità con un unico bene e prelazione ereditaria 732 cc

La Cassazione del 3.5.2016 n. 8692 ha stabilito che se l’erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell’unico bene compreso nell’eredità, si presume che l’alienazione della quota del singolo bene rappresenta l’alienazione della quota dell’intera eredità, per cui tale vendita è soggetto alla prelazione ereditaria (732 cc) e il coerede può esercitare il retratto successorio (art. 732 cc), salvo la prova, in base ad elementi concreti ed instrinseci al contratto che, invece, la vendita aveva ad oggetto un bene a sé stante.
A cura di Paolo Giuliano
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La prelazione ereditaria ex art. 732 cc

Il legislatore, per una serie di motivi, ha riconosciuto al coerede il diritto di essere preferito se uno degli altri coeredi ha intenzione di trasferire ad un soggetto non erede la sua quota di eredità o parte della stessa. Risulta evidente che per aversi prelazione ereditaria è necessario che ci sia una successione, che tale successione  abbia dato vita ad una comunione ereditaria (cioè che ci siano più coeredi) e che uno dei contitolari dei beni (coerede) decide di trasferire ad estranei (non eredi) la propria quota dell'eredità.

Ratio della prelazione ereditaria

Le motivazioni alla base del diritto di prelazione e del diritto di retratto vanno individuate da un lato all'esigenza di assicurare la persistenza e l'eventuale concentrazione della titolarità dei beni comuni in capo ai primi successori  e, dall'altro, a quella di facilitare tendenzialmente la divisione della comunione mediante la formazione delle porzioni grazie alla concentrazione delle quote nei condividenti.

Presupposti della prelazione ereditaria

I diritti di prelazione e di riscatto previsti dall'art. 732 c.c. postulano che l'alienazione posta in essere da uno dei coeredi riguardi la quota ereditaria (o parte di essa), intesa come porzione ideale dell'universum ius defuncti, per cui i medesimi diritti di prelazione e di riscatto sono esclusi quando risulti che i contraenti non abbiano inteso sostituire il terzo all'erede nella comunione ereditarla o quando l'oggetto del contratto sia stato considerato come cosa a sé stante e non come quota del patrimonio ereditario o parametro per individuare la quota di detto patrimonio in quanto tale.

Irrilevanza delle quote dei singoli coeredi

Nessuna rilevanza ha l'estensione delle quote dei singoli eredi ai fini dell'esclusione della prelazione e del riscatto,  tutti i coeredi sono tenuti a rispettare il diritto di prelazione, indipendentemente dall'estensione della quota sull'eredità o sul singolo bene.

I successori a titolo universale del coerede e la prelazione ereditaria

L'art. 732 cc riconosce la prelazione ai primi eredi, resta da chiedersi se la medesima prelazione è riconosciuta anche agli eredi degli eredi o ai successori a titolo universale dei coeredi.

La risposta è negativa il diritto di prelazione tra coeredi, previsto dall'art. 732 c.c. per la durata della comunione ereditaria, integra un diritto personalissimo, contemplato in deroga al principio generale della libertà e dell'autonomia negoziale e della libera circolazione dei beni al solo fine di assicurare la persistenza e l'eventuale concentrazione della titolarità dei beni ereditari in capo ai primi successori, e, pertanto, non è trasmissibile, ne' attivamente ne' passivamente, a favore o nei confronti dei successori a titolo universale del coerede.

Diversa è la situazione in cui  decede colui che ha esercitato la prelazione.

Trasferimento di uno solo dei beni compreso nella comunione ereditaria

Se la prelazione ereditaria si attiva quando si trasferisce ad estranei l'intera quota ereditaria o una parte della stessa, occorre chiedersi se sussiste la prelazione ereditaria se si trasferisce un singolo bene compreso nella comunione ereditaria.

Ogni singolo coerede non è titolare esclusivo dei singoli (e specifici) beni compresi nella comunione ereditaria, quindi, quando uno dei coeredi trasferisce un singolo bene (specifico) compreso nella comunione ereditaria, data la mancanza (nel coerede-alienante) della titolarità esclusiva del diritto di proprietà sul singolo bene compreso nella comunione ereditaria, l'alienazione (comunque effettuata) ha efficacia puramente obbligatoria (e non ha efficacia reale immediata), inoltre, resta subordinata alla condizione della assegnazione, cioè il trasferimento resta subordinato alla condizione che il bene trasferito sia poi assegnato al medesimo erede in seguito alla divisione,  quindi,  non potendo sorgere il pregiudizio (intromissione di estranei nella comunione ereditaria), che la prelazione ereditaria vuole evitare, la medesima prelazione ereditaria non si applica quando viene trasferito un singolo specifico bene compreso nella comunione ereditaria.

Eredità composta da un unico bene

Diversa dalla situazione descritta in precedenza (in cui l'eredità è composta da più beni, ma si trasferisce un bene specifico)  è l'ipotesi in cui l'eredità comprende un unico bene e viene trasferita la quota su un unico bene.

Le due vicende potrebbero sembra simili o identiche, infatti, o si trasferisce un bene specifico, per intero o si trasferisce un bene specifico, ma solo in parte (pro quota), la prelazione non dovrebbe applicarsi.

In realtà, le diverse conseguenze (e le differenze tra le due situazioni) dipendono dal numero di beni presenti nella comunione ereditaria.

Infatti, se l'erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell'unico cespite compreso nell'eredità, si presume che l'alienazione della sua quota sul bene specifico, rappresenta l'alienazione della quota ideale dell'eredità (universum ius defuncti) e perciò tale alienazione è soggetta a prelazione ex art. 732 cc e, quindi, l'altro coerede può esercitare il retratto successorio (art. 732 c.c.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed instrinseci al contratto (volontà delle parti, scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l'entità dei beni venduti) – con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo che, invece, la vendita aveva ad oggetto un bene a sé stante.

Naturalmente, occorre provare la composizione dell'asse ereditario (e, quindi, il fatto che  l'eredità è costituita – ad esempio – da un solo immobile la cui quota viene alienata).

Inoltre, occorre provare, per vincere la presunzione di trasferimento della quota ereditaria e non del singolo bene (ache se pro quota) che la volontà espressa nel negozio di cessione sia quella di trasferire il singolo bene, e non la quota ereditaria, solo tale prova sarebbe stata idonea a vincere la presunzione di alienazione della quota ereditaria (quando l'eredità è composta da un unico bene).

Inoltre, l'indagine del  giudice di merito diretta ad accertare, ai fini dell'ammissibilità del retratto successorio, se la vendita compiuta da un coerede abbia avuto per oggetto la quota ereditaria (o una sua frazione) ovvero beni determinati (anche se pro quota), costituisce un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione immune da vizi logici e giuridici.

Rapporti tra alienate ed acquirente in caso di esercizio del diritto di riscatto successorio ex art.732 cc

Il diritto di riscatto si esercita dopo la sottoscrizione del contratto di vendita. In questa situazione l'acquirente avrà l'esigenza di farsi garantire dal venditore dalle conseguenze negative derivanti da un'eventuale accoglimento della prelazione.

La domanda con la quale l'acquirente chiede all'alienante di garantirlo dalle conseguenze della pronuncia di riscatto va ricondotta nella garanzia per evizione, i cui effetti conseguono al mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato, che, facendo venire meno la ragione giustificatrice della controprestazione, altera l'equilibrio del sinallagma funzionale e fa sorgere la necessità di porvi rimedio con il ripristino della situazione economica dell'acquirente anteriore all'acquisto.  Ne  consegue  che,  ai  fini  della responsabilità dell'alienante, è irrilevante che l'acquirente abbia avuto conoscenza della possibile causa dell'evizione.

La regola è coerente col principio per cui la garanzia per evizione opera indipendentemente dalla sussistenza della colpa del venditore o dalla buona fede dell'acquirente e, quindi, non è esclusa neppure dalla conoscenza, da parte del compratore, della possibile causa di futura evizione, ove la stessa effettivamente si verifichi.

Cass., civ. sez. II, del 3 maggio 2016, n. 8692 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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