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Eni, indagato per corruzione internazionale l’ad Claudio Descalzi

L’amministratore delegato di Eni, fresco di nomina da parte del premier Renzi, indagato per corruzione internazionale in Nigeria.
A cura di D. F.
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A pochi mesi dalle nomine degli amministratori delegati delle società pubbliche da parte del premier Matteo Renzi arriva la prima tegola. Il successore di Paolo Scaroni alla guida dell'Eni – Claudio Descalzi – è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Milano insieme al numero uno del settore "Esplorazioni" Roberto Casula per l'ipotesi di reato di "corruzione internazionale" nei confronti di politici e funzionari nigeriani. L'inchiesta si snoda tra Milano e Londra: la "Southwark Crown Court" della capitale britannica ha infatti sequestrato preventivamente depositi anglo-svizzeri di 110 e 80 milioni di dollari al nigeriano Emeka Obi. Si tratta di quasi un quinto degli 1,09 miliardi di dollari che l’Eni nel 2011 pagò al governo nigeriano per rilevare dalla società Malabu la concessione di Opl-245, sigla del campo di esplorazione petrolifera la cui concessione 16 anni or sono l’allora ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete si era autoassegnato (dietro prestanome della società Malabu) al saldo di 20 milioni. Nel 2011 Descalzi era a capo della divisione Oil di Eni, mentre Scaroni ne era amministratore delegato.

Nel mese di luglio i pubblici ministeri milanesi Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale avevano notificato all'Eni un'informazione di garanzia. Il colosso dell'energia aveva precisato che nel'operazione "l’unico interlocutore dell’operazione era stato il governo nigeriano, senza intervento di alcun intermediario". Le indagini condotte a Londra, tuttavia, hanno rivelato che ciò potrebbe non essere affatto vero: la Corte ha sequestrato 190 milioni di dollari con l'idea che possano essere serviti a corrompere politici e burocrati nigeriani.

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