Ho visto Emma Marrone piangere sul palco di Ancona, mentre raccontava gli insulti ricevuti in questi giorni da coloro che hanno fondato il proprio agire politico sull'odio reciproco.
Ho visto Emma Marrone piangere, e mi ha fatto male. Non si è abituati a vedere il sentimento senza trucco di fronte a noi.
Emma ha pianto senza mani davanti agli occhi, di fronte al suo pubblico, nuda. E ha parlato, Emma, trattando l'emozione come l'intonazione del discorso e non come il suo impedimento.
Ho ascoltato la voce di Emma Marrone spezzata nel mezzo mentre diceva "mi dispiace per mia madre e mio padre che in queste ore hanno letto quei messaggi violenti, cattivi". Poi Emma ha fatto una pausa e ha detto "però sto bene perché ho le spalle larghe con le quali mi hanno cresciuta".
Cara Emma, vorrei dirti tre cose. La prima è che i tuoi genitori sono fortunati ad avere una figlia come te, una figlia che dice loro "grazie alle spalle larghe con le quali mi avete cresciuta". Neanche il pane sulla nutella darà loro così sapore come le tue parole. Parola di babbo.
Cara Emma, la secondo cosa che vorrei dirti è che su quel palco non sei sola. Ho letto anche io di quell'insegnante indegno che in classe derideva due bambini neri chiamandoli "scimmie". Però ci sono soprattutto insegnanti, donne e uomini da sud a nord, che ogni giorno costruiscono il terreno per non lasciare posto alla gramigna di quell'insegnante. E ieri quegli insegnanti erano tutti sul palco insieme a te.
Stiamo annegando nell'odio, hai ragione. Ma ogni giorno nascono nuove piccole speranze, salvagenti dell'anima che anche tu con le tue parole sofferte fai vivere. Ed erano tutte sul palco insieme a te, e davanti a te, quelle piccole speranze, tu le vedevi meglio di noi.
Cara Emma, ogni giorno, da qualche parte, nascono sette fratelli Cervi. Ogni giorno, da qualche parte, nasce un giovane che abbraccia il suo carnefice e gli dice: "Guarda, che io sto lottando anche per te", e lo convince. Ogni giorno, da qualche parte, qualcosa cambia.
Cara Emma, la terza cosa che vorrei dirti è grazie, perché metterci il volto è da coraggiosi senza quartiere, soprattutto per chi di mestiere canta e più facilmente di altri potrebbe girarsi dall'altra parte. Tu non lo fai. Non ti conviene, ma ci sei.
Cara Emma, ti ho mentito, c'è un'altra cosa ancora che mi preme dentro e vorrei soffiarti all'orecchio. Tu su quel palco di Ancona hai detto anche "io non sono mamma", ma su questo non mi hai convinto. È mamma – ed è padre – chi è capace di trasmettere ed educare. Perciò può darsi che in futuro tu abbia anche la possibilità di scegliere il nome dei tuoi figli, ma tu sei già mamma. Una mamma meravigliosa che sa farsi ascoltare, e che noi non lasceremo sola.