È cominciata l’era Salvini: la Lega sfonda il 32%, il Movimento 5 Stelle galleggia al di sotto del 20%, Forza Italia sprofonda nell’irrilevanza, Fratelli d’Italia rafforza la sua funzione di “soccorso nero” (e sarà utilissima al disegno del leader del Carroccio), il Partito Democratico festeggia un risultato desolante per prospettive ed effetti collaterali (l’azzeramento della rappresentanza a sinistra, la potenziale disgregazione definitiva di +Europa). Il verdetto che ci consegnano le Elezioni Europee 2019, ancorché irrilevante dal punto di vista europeo, smentisce in maniera imbarazzante coloro che dipingevano il leader leghista come un uomo “in crisi” e incapace di dettare l’agenda politica, ridimensionando anche le velleità del Movimento 5 Stelle, che addirittura fa peggio del 2014, quando gli errori di Beppe Grillo e l’aggressività della campagna elettorale alimentarono il boom renziano.
La realtà dei fatti è che si è creata una connessione strettissima fra il leader della Lega e i cittadini italiani. In particolare, Salvini è riuscito a svuotare non solo la destra “liberale” (Forza Italia, che pure si presentava assieme ad altre forze centriste, è ormai mera rappresentanza), ma soprattutto l’elettorato “governista”, cioè quel vasto fronte di persone che aveva abbracciato il progetto Lega – M5s e che evidentemente ha scelto da chi vuole essere guidato nei prossimi mesi.
Bastava guardare, del resto, per capire cosa stesse succedendo e perché tutti i retroscena su improbabili fughe in avanti di Salvini non avessero poi così senso. Salvini in questi mesi ha avuto le mani libere per fare quello che sa fare meglio: lavorare alla costruzione della propria immagine personale, far passare per la sua figura le fortune elettorali della Lega, alimentare la propria comunità anche grazie a simboli religiosi e battaglie ideali care alla destra populista, sdoganare temi e concetti a lungo rimasti ai margini del dibattito politico, utilizzare il suo ruolo istituzionale per rafforzare quello politico. Lo ha fatto nel modo più efficace possibile, occupando tutti gli spazi disponibili, sovraesponendo la propria immagine fino a sovrapporla completamente a quella del partito e dell’intera area politica di cui si faceva portavoce. Ai 5 Stelle, travolti dal decisionismo salviniano nei primi mesi di governo, non è restato che schiacciarsi a lungo sulle posizioni del leader leghista, per risvegliarsi solo quando ormai era palesemente troppo tardi: perché a destra non si era spostato solo l’asse del governo Conte, ma “l’umore” dell’elettorato governista. Perché il voto populista aveva già abbandonato il "partito fieramente populista" che Di Maio aveva provato a istituzionalizzare.
Settimane, mesi di martellamento, di polarizzazione spinta su ogni singola questione, dalla più banale alla più seria. Settimane, mesi di agenda politica appaltata al leader leghista, ai suoi trial balloon, ai suoi messaggi provocatori volti ad abbassare lentamente l’asticella del politicamente consentito. Settimane, mesi di dibattito pubblico egemonizzato dalla sua figura. Era davvero così assurdo pensare che l’elettorato governista potesse credere che il vero “voto utile” per la propria causa fosse quello al ministro dell’Interno e “capitano” della comunità?
Per chi avesse ancora dubbi sulla portata del cambiamento in atto, basterà riascoltarsi il breve discorso tenuto dal ministro dell’Interno dopo le prime proiezioni. L’era Salvini comincia da vittimismo, autoritarismo e sindrome da accerchiamento: “Abbiamo vinto contro tutto e tutti, è stata una lotta impari e mi sono affidato alla Madonna come faccio sempre”. Concetti intorno ai quali Salvini sta scrivendo una nuova pagina dell’autobiografia della nazione, che avevamo riassunto così: spontaneismo, autenticità e schiettezza come valori assoluti, fastidio nei confronti di esperti, tecnici e professoroni, giustizialismo aggressivo e manicheo, subordinazione delle libertà individuali a concetti come sicurezza e decoro, ferocia verbale nei confronti dei migranti, retorica spicciola sulle situazioni a forte impatto emozionale, rivendicazione della purezza del popolo contro le “élite”, il prima gli italiani come pratica concreta e non solo formula vuota, la riduzione della complessità in favore di una malintesa concezione di buonsenso. Un’ideologia aggressiva e invasiva, che coesiste non si sovrappone a quella della destra estrema. E, infatti, il dato di Fratelli d’Italia è chiarissimo: c’è ancora spazio a destra, oltre Salvini. E il soccorso nero arriverà nel caso in cui Di Maio non sia più funzionale al progetto di Salvini, c’è da giurarci.